La pillola contraccettiva, come sappiamo, agisce impedendo l’ovulazione grazie alla combinazione di ormoni, l’estrogeno (generalmente etinilestradiolo) e il progestinico. Con l’assunzione quotidiana la donna è coperta dal rischio gravidanza. Un recente studio ha rivelato che è possibile ridurre drasticamente gli ormoni contenuti nei contraccettivi pur conservando la stessa funzione, impedendo cioè l’ovulazione.



Lo studio è stato condotto dalla matematica Brenda Lyn A. Gavina dell’Università delle Filippine Diliman insieme a colleghi provenienti da Filippine, Corea, Stati Uniti e Danimarca. Questi ricercatori hanno costruito modelli matematici al computer per esplorare tempi e dosaggio ottimali dei contraccettivi ormonali per vedere se i dosaggi e, quindi, i potenziali effetti collaterali, potrebbero essere ridotti. Nonostante infatti gli effetti positivi da sempre dimostrati a seguito dell’assunzione della pillola anticoncezionale, tra cui la riduzione del rischio di tumori all’ovaio e all’endometrio, gli effetti collaterali non possono essere esclusi. Cosa succederebbe quindi se si diminuisse la quantità di ormoni? Il team di studiosi è partito proprio da questo interrogativo.



Pillola contraccettiva, meno ormoni contro gli effetti collaterali

Lo studio, reso noto sul Daily Telelegraph e pubblicato su PLOS Computational Biology, ha rivelato come la quantità di ormoni contenuta nella pillola contraccettiva possa essere diminuita anche fino al 92% bloccando comunque l’ovulazione e riducendo al contempo rischi di trombosi e infarto del miocardio spesso ricollegati a dosi ormonali elevate. “Per quanto ne sappiamo, il nostro lavoro è il primo a utilizzare la modellazione per studiare i tempi di dosaggio, riducendo così ulteriormente la dose”. Così hanno rivelato gli autori dello studio, e hanno aggiunto: “I risultati di questo studio hanno il potenziale per fornire contraccezione a più donne, in particolare perché dosi più basse riducono anche i rischi di effetti collaterali avversi”. Il modello così utilizzato però, per stessa ammissione dei ricercatori, richiede comunque ulteriori perfezionamenti, dal momento che non tiene conto della variazione della lunghezza del ciclo, la quale varia all’interno e tra le persone .

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