È in programma lunedì 14 marzo la riunione della Conferenza delle Regioni per fare il punto della situazione in caso di emergenza nucleare e attuare il piano del governo a cui i governatori hanno già dato il via libera. Non ci sono indicatori di rischio al momento, ma le valutazioni sono cominciate. Ad esempio, il ministero della Salute ha già eseguito una ricognizione delle scolte di antidoti e farmaci a base di ioduro di potassio, perché le forniture previste in caso di attacchi bioterroristici devono essere pronte per eventuali interventi. Lo prevede tra l’altro lo stesso piano nazionale che il governo intende approvare per decreto proprio per far fronte a tutte le evenienze legate alla guerra tra Russia e Ucraina.
Lo riporta il Corriere della Sera, precisando che il piano evidenzia che in tutte le regioni, tranne Molise e Umbria, c’è almeno un Comando dei Vigili del Fuoco con una Squadra Speciale di intervento Nucleare e Radiologico, il cui personale è formato e ha attrezzature e dispositivi di protezione individuale, requisiti per l’impiego in caso di emergenza che comportano il rischio di superare i limiti di dose stabiliti dalla normativa per i soccorritori ordinari.
PIANO DEL GOVERNO PER EMERGENZA NUCLEARE
Gli obiettivi del piano del governo in caso di emergenza nucleare prevede la definizione e attuazione di misure “per la tutela della salute pubblica e delle produzioni, con particolare riguardo alle misure protettive e alle strategie di protezione dei cittadini, nonché i controlli delle filiere produttive e le restrizioni alla commercializzazione di prodotti agroalimentari”. Ma come precisato dal Corriere, l’obiettivo è anche quello di “assicurare l’informazione alla popolazione sull’evoluzione dell’evento e sui comportamenti da adottare”. Inoltre, bisogna garantire “l’assistenza ai cittadini italiani che si trovino nel Paese estero interessato da un’emergenza radiologica e nucleare”. Dunque, in caso di un incidente grave ad una centrale nucleare, si può intervenire per ridurre l’esposizione alle radiazioni. L’esposizione, infatti, può avvenire in modo diretto (inalando l’aria contaminata per l’irraggiamento da suolo e nube) o indiretto (inalazione da ri-sospensione o ingestione di alimenti e bevande contaminate). Dunque, le misure vanno attuate solo se l’emergenza evolve interessando il territorio nazionale.
COME FUNZIONA LA IODOPROFILASSI
Per quanto riguarda le pillole di iodio, il piano del governo per l’emergenza nucleare precisa anche i rischi dell’esposizione a Iodio 131, la sostanza radioattiva che può essere emessa in caso di incidenza. Questa rischia di causare carcinoma tiroideo se c’è esposizione. “Più precisamente la classe di età 0-17 anni risulta quella a maggior rischio di effetti dannosi”, invece il rischio si riduce sensibilmente negli adulti tendendo ad annullarsi oltre i 40 anni di età. Ma c’è una maggiore radiosensibilità della tiroide in alcune condizioni specifiche, come allattamento e gravidanza. Per quanto riguarda la iodoprofilassi, gli esperti ritengono, come riportato dal Corriere della Sera che cita il piano del governo, come il periodo ottimale di somministrazione delle pillole di iodio sia a meno di 24 ore dall’inizio previsto dell’esposizione e fino a due ore dopo. “Risulta ancora ragionevole somministrare lo iodio stabile fino a otto ore dopo l’inizio stimato dell’esposizione”. Invece assumere le pillole di iodio un giorno dopo l’esposizione può causare più danni che benefici. Infine, la iodoprofilassi è prevista per le classi di età 0-17 anni, 18-40 anni e per le donne incinte o in stato di allattamento.