Giovedì 16 febbraio si sono giocate le ultime partite prima della sosta dell’All-Star Game NBA; si riprenderà a giocare il 23 febbraio con nove gare in programma. La maggior parte delle squadre arriva alla sosta NBA per il 72° All-Star Weekend con una o due gare mancanti per raggiungere la cifra di 60 incontri disputati: si va da un massimo di 61 gare disputate (LA Clippers, Minnesota, Cleveland) a un minimo di 57 (Phila, Memphis, Sacramento, Oklahoma). Vediamo quali sono le squadre più in forma del momento a partire dal numero di vittorie nelle ultime 10 gare disputate: davanti a tutti è Milwaukee con 10 (con una striscia di 12 vittorie consecutive), segue con 8 Cleveland, mentre con 7 troviamo Boston, Philadelphia, Denver e Phoenix. All’opposto troviamo San Antonio che ha stabilito il record negativo di franchigia (striscia ancora aperta) di 14 sconfitte consecutive (solo una vinta delle ultime 20), seguita da Houston con 7 e da Chicago con 6.
In circa 20 gare residue si deciderà la partecipazione o meno ai playoffs (certi per le prime sei classificate di ogni conference). Le squadre piazzate dal 7° al 10° posto si disputeranno in ogni conference gli ultimi quattro posti a disposizione nei play-in. Le probabilità di disputare i playoffs NBA – secondo Basketball Reference – sono pari al 100% per Boston, Mulwaukee, Philadelphia e Cleveland a Est, Denver e Memphis a Ovest. Sicuramente escluse Orlando, Charlotte, Detroit, Houston e San Antonio. Le previsioni di accesso per chi concluderà con il 50% di vittorie (41-41) vanno dal 45% al 48%, dovendo quasi certamente fronteggiare l’alea dei play-in NBA.
Le partite di questa prima metà del mese di febbraio hanno visto come episodio clou lo storico sorpasso di LeBron James su Kareem Abdul-Jabbar come primo realizzatore d’ogni epoca NBA. L’evento si è consumato lo scorso 7 febbraio a Los Angeles alla fine del terzo quarto di gioco tra i Lakers e Oklahoma con un canestro da due in step-back, seguito dalle prevedibili celebrazioni. All’inizio della partita a LeBron mancavano 36 punti per operare il sorpasso; realizzandone 38 ha chiuso la gara con 38.390 punti all’attivo contro i 38.387 di Jabbar. Si potrebbero riempire diverse pagine, di record in record, per descrivere come LBJ sia arrivato a questo punto, ma ci limitiamo a sottolineare alcuni aspetti della sua incredibile carriera mettendola a confronto con quella del precedente recordman Kareem Abdul-Jabbar:
• Qualche dato su Jabbar, il precedente detentore del record. Jabbar superò Chamberlain al primo posto della classifica marcatori d’ogni tempo il 5 aprile 1984 in una partita dei Lakers contro Utah Jazz in Las Vegas. LeBron sarebbe nato otto mesi dopo. Chamberlain si fermò a 31.419 punti, mentre Jabbar proseguì a giocare sino al 1988-89 per un totale di 38.387 punti in 20 stagioni di attività e 1560 partite con una media di 24,6 punti a gara. Come LeBron, anche Jabbar vede la sua produttività totale legata alla longevità atletica, più che ai valori assoluti come realizzatore in quanto risulta il top-scorer in termini assoluti di punti solamente in due stagioni, la sua seconda e terza, facendo inoltre registrare una media di 30 e più punti solamente in 4 stagioni. Potremmo dire inoltre che, a differenza di tante star del basket NBA odierno, Jabbar era un presenzialista: in ben 14 delle sue 20 stagioni ha giocato almeno in 79 delle 82 partite, con un minimo di 62 nel 1977-78, senza quindi mai subire lunghi periodi di assenza per infortunio.
Kareem Abdul-Jabbar (già Lew Alcindor prima della conversione all’Islam) in carriera ha tirato mediamente 18,1 volte a partita con 10,2 canestri realizzati, con una percentuale del 55,9%. Insignificante la quota dei tiri da tre punti: solo 18 (!) di cui uno solo realizzato. Non ci è dato invece sapere quanti canestri abbia realizzato con la sua classica arma del gancio-cielo, contro cui non c’erano difese. Tiro tanto difficile quanto poco imitato. In Italia i più vecchi ricordano i ganci di Ottorino Flaborea, colonna dell’Ignis Varese anni 70. Stante l’uso assolutamente prevalente del tiro da due punti Jabbar, nonostante non sia più il primo realizzatore, continua ad essere il giocatore con maggior numero di canestri realizzati con 15.837 contro 14.060 di LeBron James, che ora può mettere questo record nel mirino. Ai ritmi attuali, gli servirebbero ancora tre stagioni. Nei playoffs Jabbar ha realizzato 5762 punti in 237 partite (media 24,3) in 18 stagioni, brillando soprattutto nei Bucks con una media punti di 29,7 punti su 57 partite. Al suo attivo anche 6 titoli NBA e 19 nomine All-Star. Ultima sua partita il 13 giugno 1989, contro Detroit nei playoffs, all’età di 42 anni e 58 giorni.
• La performance di LeBron James: prima di tutto LBJ ha smentito tutti coloro che nel 1984 ritenevano impossibile venisse superato il record di Jabbar. Per arrivare a tanto c’è voluto il prodotto unico di una generazione (non a caso viene soprannominato “the chosen one”, il prescelto); oggi si ripropone la stessa domanda: qualcuno potrà superarlo? Ritorneremo su questo argomento. Dopo la partita del record LeBron ha rimesso il piede in campo solo nell’ultima partita prima della sosta per l’All-Star Game NBA per un problema alla caviglia, prendendosi anche un poco di meritato riposo, ma garantendo così di esserci per il grande evento di Salt Lake City del 19 febbraio in cui capitanerà una squadra come giocatore più votato all’Ovest, a differenza di altri giocatori selezionati che sono dati in forse per problemi fisici più o meno gravi, in primis il capitano della squadra avversaria Antetokounmpo, infortunatosi al polso il 16 febbraio, uscendo anzitempo dal campo di gioco.
Ricapitolando per Lebron (dati al giorno del record): 38.390 punti (oggi 38.411) in 1410 partite di regular season (oggi 1411), tutte nello starting five tranne una, con una media punti di 27,2 a partita. Clamorosamente, crescendo in età, la media punti di LBJ per 36 minuti giocati in NBA è aumentata, passando da 25,1 con Cleveland, 25,5 con Miami, agli attuali 28,0 (in cinque stagioni) con i Lakers. Mediamente per lui in carriera sono 10,0 tiri realizzati a partita su 19,7 tentati (50,5%), con un numero inferiore di partite (1411 contro 1560) rispetto a Jabbar. Il ricorso al tiro da tre punti (1,6 realizzati su 4,6 tentati; 34,4%) gli ha consentito di accrescere il proprio bottino di circa 2.237 punti rispetto al tiro da due. Al netto dei tiri da tre la percentuale di realizzazione su azione di LBJ sale al 55,4% (11823 su 21344), molto vicina a quella di Jabbar. LeBron ha superato il record di Jabbar all’età di 38 anni e 39 giorni, quindi quattro anni più giovane di Jabbar.
Anche LeBron ha avuto la capacità di mantenersi integro fisicamente in questi 20 anni di attività: per lui sono 12 le stagioni con almeno 75 presenze, mentre si assiste a un calo negli ultimi 5 anni, con un massimo di 67 presenze nel 2019/20. Peraltro nel 2021-22 è tornato sopra i 30 punti di media stagionali, cosa che non accadeva dalla stagione 2007-08, ripetendosi sinora a tale livello anche nella stagione in corso con 30,0 punti di media in 45 partite disputate. LBJ ha esordito il 29 ottobre 2003. Nei playoffs James ha all’attivo 266 gare con 7.631 punti in 15 stagioni con una media di 28,7 punti a gara. In cinque serie dei playoffs ha superato i 30 punti di media. Al suo attivo 4 titoli NBA e 19 nomination tra gli All-Star.
I più vicini a LBJ tra i giocatori in attività per punti realizzati sono Carmelo Anthony (ancora free agent disoccupato in questa stagione), esordiente in NBA insieme a LBJ, con 28.289 punti in 19 stagioni (attualmente al nono posto assoluto) e Kevin Durant con 26.684 punti, in quattordicesima posizione.
Ora qualche altra pillola dal mondo NBA.
• Cam Thomas: a seguito del trasferimento di Irving a Dallas e prima del rientro di Dinwiddie, i Nets si sono affidati per qualche partita come point guard al giovane Thomas, al secondo anno di attività, preferendolo al veterano Patty Mills, venendone ripagati con tre prestazioni consecutive oltre i 40 punti (141 in totale) delle quali la prima partendo dalla panchina. La serie 44-47-43, chiusa il 7/2 u.s., lo ha fatto diventare il più giovane giocatore NBA di sempre a realizzare tre partite consecutive di 40 e più punti, all’età di 21 anni e 117 giorni, precedendo Allen Iverson, che conseguì il risultato nell’anno di esordio a 21 anni e 308 giorni (44-40-44). Peraltro, Iverson in quella occasione proseguì la serie arrivando a 5 partite consecutive di 40+ punti aggiungendone un’altra di 50 e una di 40, tutte in partite perse e con plus-minus personale sempre negativo. A questo punto Thomas aveva buone possibilità di dare l’assalto al record di Jeremy Lin di 136 punti segnati nelle prime cinque partite consecutive da starter: alla sua terza ha realizzato 20 punti, ma in quella successiva non è stato più inserito in quintetto iniziale per far posto ai nuovi acquisti Dinwiddie e Bridges, interrompendo la serie a tre starting-five consecutivi. Thomas non era nuovo a questi exploit, avendo anche realizzato un massimo personale di 30 punti nella precedente stagione da rookie nel febbraio 2022 all’interno di una striscia di nove partite consecutive in doppia cifra con una media di 20,0 punti.
• Tatum e Brown: a tutto il primo febbraio le due stelle di Boston avevano realizzato almeno 25 punti a testa in 27 delle 52 partite disputate; Brown è reduce da un recente infortunio di gara per uno scontro fortuito proprio con Tatum, che potrebbe mettere in forse la sua partecipazione all’All-Star Game NBA.
• Damian Lillard: periodo decisamente on fire per la point-guard di Portland che a inizio febbraio raggiunge 15 partite con 40+ punti e 10+ assists in carriera, superando Jerry West (14 partite), e issandosi al terzo posto assoluto alle spalle di Westbrook (17) e Harden (31) e davanti a Doncic con 13 partite. Nel mese di gennaio Lillard ha segnato 40+ punti in 5 partite, con una media di 39,1 punti nelle ultime 11 partite. Nel solo 2023 Lillard ha sinora all’attivo 8 partite con 40+ punti (delle quali una da 50 e una da 60) e altrettante con 30+ punti: su un totale di 23 partite, ha realizzato 806 punti, con una media di 35,0 a gara (di cui 34,4 in gennaio e 36,1 in febbraio).
• Lakers: con una forte attività di scambio sul mercato nei primi giorni di febbraio la squadra di LBJ ha dimostrato la volontà di raggiungere i playoffs NBA dopo un inizio di stagione stentato, quanto meno con l’obiettivo di agguantare la decima posizione che dà diritto a disputare i play-in. La strada, però, è molto in salita per LBJ e compagni e richiede innanzitutto che quest’ultimo e Anthony Davis siano sempre presenti e in forma fisica fino all’ultima partita: il sito Basketball Reference in data 10/2 assegna ai Lakers solo il 5,8% (era del 3,1% la settimana precedente) di possibilità di farcela con una previsione finale di 38 partite vinte e 44 perse, quindi al di sotto del 50% di vittorie, che è il valore di sicurezza per i play-in. Partendo da una base aggiornata di 27-32 la previsione è di 11 vinte e 12 perse da qui a fine stagione; per arrivare invece a 41-41 servirebbe una performance vinte/perse di 14-9. Ceduti Westbrook, Beverley e Schroder, riusciranno i nuovi arrivi Hachimura, Russell, Beasley, Vanderbilt e Mo Bamba a supportare adeguatamente il duo LBJ + AD? Quantomeno, si è abbassata l’età media della squadra.
• Jalen Duren: il rookie dei Detroit Pistons è il più giovane esordiente NBA dopo LBJ a realizzare in una gara almeno 30 punti e 15 rimbalzi, per la precisione 30 e 17 con l’aggiunta di 4 stoppate e 13/20 al tiro, il tutto giocando contro i derelitti Spurs il 10 febbraio scorso.
• Danny Green: il veterano dei Grizzlies, alla sua 14ma stagione, rientra dopo un lungo infortunio (ultima partita disputata il 12 maggio 2022) giocando il primo febbraio 10 minuti contro Portland e realizzando 3 punti. Dopo la terza partita è stato ceduto a Houston per accasarsi subito dopo a Cleveland. Green è stato campione NBA con San Antonio (2014), Toronto (2019) e Lakers (2020). Insieme a LeBron James, John Salley e Robert Horry è l’unico giocatore che può vantare tre titoli NBA con tre squadre diverse.
• Nikola Jokic: il 15/2 realizza la sua 21a tripla doppia della stagione NBA, portando a 97 il suo totale in carriera, dietro a LeBron James con 106. In testa, per ora inarrivabile, Russell Westbrook con 198.
• Buddy Hield: la guardia di Indiana si issa al primo posto per triple realizzate in una stagione NBA nella propria franchigia, portandosi a quota 230, superando il precedente record di 229, detenuto da Reggie Miller. Hield è uno specialista del tiro da tre, tirando sinora in media 7,8 volte dall’arco su 13,5 tiri su azione tentati a partita, con una percentuale del 40%.
• Stelle cadenti (per una notte): causa infortuni in corso saranno assenti alla partita delle stelle NBA di domenica 19 febbraio Stephen Curry (Golden State), Kevin Durant (Phoenix, anche se non ha ancora giocato per la nuova squadra dopo aver lasciato Brooklyn), Zion Williamson (New Orleans); saranno sostituiti da Edwards (Minnesota), Fox (Sacramento) e Siakam (Toronto). Sotto osservazione per infortunio anche Antetokounmpo (Milwaukee) e Brown (Boston).
• I leaders prima dell’All-Star Game NBA (valori medi a partita):
– Media punti: Doncic, 33.3
– Media rimbalzi: Sabonis, 12.3
– Assists: Harden, 10.8
– Palle rubate: Anunoby, 2.1
– Stoppate: Claxton, 2.6
– Minuti giocati: Siakam, 37.7