Fabio Pinelli, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha recentemente rilasciato un’intervista per il Corriere della Sera, commentando le recenti nomine delle Procure locali, ma anche parlando delle numerose critiche rivolte al suo organo e alla magistratura in generale. Partendo dalle nomine, ci tiene a sottolineare che, dal loro insediamento, “abbiamo ridotto di un terzo i tempi per l’attribuzione di incarichi direttivi e semi direttivi e smaltito l’arretrato di oltre il 20%”.
Parlando, invece, delle critiche rivolte alla magistratura, accusata di essere politicizzata o di fare il favore di qualche figura politica, Pinelli sostiene, categorico, che “pensare che le decisioni del Csm siano frutto di aspettative politiche è sbagliato e offensivo“. Questa idea, infatti, ridurrebbe l’azione della magistratura ai semplici favoritismi o agli orientamenti politici, mentre dal conto suo ritiene che “i capi delle procure svolgono le loro funzioni per organizzare l’ufficio e determinare strategie investigative, dopodiché ogni singolo magistrato si occupa del reato”. L’idea, insomma, per Pinelli è che l’unico riferimento per l’azione è “la violazione della legge“.
Pinelli: “La magistratura non è politicizzata”
Insomma, Fabio Pinelli sostiene l’idea che “la magistratura non sia irrimediabilmente politicizzata“, seppur, nel mentre, “visioni ideali e culturali diverse sul ruolo del magistrato e della funzione giudiziaria hanno piena legittimità”. Riconosce, tuttavia, che vi sia un problema quando “si scade nel puro esercizio di potere per spartire posti o distribuire favori“, fatti accaduti che secondo il togato, si possono contrastare “attraverso il ritorno alla funzione propria del Csm”.
Strada, quest’ultima, che Pinelli sostiene essere “ciò che stiamo facendo in questa consiliatura”. Considerando, però, il passato il togato sostiene che “sulla magistratura si è sovraccaricato l’onere della soluzione di molti conflitti interni alla società“, che hanno perso i loro naturali luoghi di dibattito come i partiti e i sindacati, sostenendo l’idea che ora “la politica deve riprendere la sovranità sulle regole, attraverso il Parlamento che è portatore della rappresentanza sovrana”. Infatti, Pinelli ritiene che “l’Associazione nazionale dei magistrati si sia auto attribuita un compito di rappresentanza generale che non le appartiene”, ragione per cui ora la politica dovrebbe scendere in capo e riappropriarsi dei suoi confini e delle sue funzioni.