Per capire perché il Milan di Ancelotti è stata una delle squadre più vincenti e belle del calcio mondiale potrebbe anche “bastare” guardare i 35 minuti di autentico show nella diretta Instagram di qualche giorno fa in piena quarantena tra Andrea Pirlo e Massimo Ambrosini: aneddoti? tanti e succulenti. Schiettezza? moltissima, coma da copione per i due personaggi. Simpatia? Estrema, con Pirlo che si conferma esattamente come lo raccontano gli ex compagni, un apparente tranquillo che vive con tempi, metodi e visioni tutte sue ma estremamente acute e ficcanti anche nel parlato e non solo nelle giocate in campo. Ma è soprattutto la bellezza con cui ricordano i tempi del loro Milan che scaldano il cuore dei tifosi e fanno capire perché un nucleo così solido di amici e giocatori ha permesso il ciclo di vittorie tra i più completi e duraturi della storia del calcio, dal 2002 fino al 2011.



«Eravamo al tavolo sempre per 10 anni io, Gattuso, Nesta, Inzaghi, Abbiati, Brocchi e ovviamente anche tu Massimo», parla il Maestro del centrocampo milanista e poi juventino guardando in direct l’amico di mille battaglie Ambrosini. La cosa più divertente è vedere come in quella amicizia e guasconeria costante, l’obiettivo di risate e di prese in giro bonarie è sempre uno, il loro eterno compagno in campo Ringhio Gattuso. «Ho sentito Gattuso in video-chiamata», ha spiegato Andrea «Era con la tuta del Napoli. E’ ancora convinto di andare a Barcellona a giocare la Champions».



PIRLO, AMBROSINI E I RICORDI DEL GRANDE MILAN

E sono risate su risate, con le legnate che tutti e due ricordano di aver preso da Gattuso ogni qual volta lo prendevano in giro in ritiro: «Rino aveva iniziato a portare il pesce a Milanello quando doveva arrivare a tavola, se qualcuno osava dire che non era buono, volavano delle grandi sforchettate», racconta ancora divertito Ambrosini, non prima di rimembrare il loro inedito “gioco preferito” con un ideatore che non ti aspetti. «E poi c’era Kala (Kaladze ndr) che il giorno del compleanno di Gattuso, eravamo in ritiro a Malta, si alzò e disse: ‘Vorrei brindare perché oggi è la festa di Rino’. Noi tutti a ridere, mentre Gattuso si alzava e ci picchiava», racconta ancora Ambrosini mentre Pirlo se la ride (e anche perché lui insieme all’ex n.4 rossonero era quello che tempestava di scherzi l’amico Rino).



«Tornati a Milanello, durante la prima cena, stessa scena: ‘Vorrei fare un brindisi perché oggi mancano 364 giorni al compleanno di Ringhio’. E ad ogni santo ritiro Kaladze si alzava e recitava la stessa parte». Poi ci sono i rigori del Mondiale, le finali di Champions, la semifinale con l’Inter in cui con molta fortuna sono riusciti a portare a casa la “pellaccia” fino all’ammissione fatta secca, schietta e diretta di Pirlo alla domanda di Ambro «ma quindi, secondo te – oltre a me ovviamente – qual’è il centrocampista più forte con cui hai mai giocato?». E la risposta netta «Seedorf, credo! Sapevi che non perdeva mai la palla, poi in certe giornate non dovevi dargliela. Ma era troppo forte». Vi ricordate qual era il centrocampo di quel Milan? Esatto, proprio loro 4: Ambrosini, Gattuso, Pirlo e Seedorf. Se poi ci aggiungete Kakà e Shevchenko davanti, Maldini-Nesta dietro e Cafu-Serginho sulle fasce tornate a capire perché quel Milan non solo (si) divertiva ma vinceva.