Tornano ad aumentare i decessi in Lombardia, la regione da cui è cominciato tutto. Dopo i casi di Brescia e Bergamo, adesso è Milano la provincia più colpita: una crescita nelle ultime 24 ore di 299 casi positivi contro i 169 del giorno precedente, mentre i contagi sono aumentati di 522 casi in tutta la Regione. Sempre nell’ultima giornata sono morte 115 persone, quasi il doppio rispetto alla media degli ultimi giorni. Non si placa l’epidemia in Lombardia? Non finirà mai l’incubo, proprio adesso che siamo alle porte di una riapertura pressoché totale? Secondo il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, “sono invece dati che vanno visti in senso positivo: si registra addirittura un calo reale”. Questo perché, spiega in questa intervista, “si è finalmente cominciato a lavorare in modo serio sui tamponi, andando sul territorio e nelle Rsa”, così duramente colpite dove mancavano i test. In effetti i numeri gli danno ragione: il totale dei tamponi in Lombardia ha superato quota mezzo milione. “Abbiamo finalmente dei numeri reali – aggiunge Pregliasco -, nei mesi scorsi probabilmente i casi erano dieci volte maggiori di quelli che sono stati resi noti ed è per questo che parlo di calo”. E calano anche i ricoveri in ospedale e in terapia intensiva.



Professore, la Lombardia continua a preoccupare: numeri in crescita, soprattutto decessi, con Milano città più colpita. Che cosa sta succedendo?

Io vedo quello che sta succedendo in senso positivo. Si tratta di molti casi registrati e riscontrati, ma relativamente “vecchi”, che arrivano a essere conosciuti grazie a un grosso lavoro che ora si riesce a fare di test con i tamponi. Quindi casi che prima non erano conteggiati. Si è fatto e si sta facendo un grande lavoro nelle Rsa, sul territorio, quindi vedrei la parte positiva di quanto sta succedendo.



In che senso?

Adesso abbiamo dei dati molto realistici, perché in passato probabilmente i casi erano dieci volte maggiori quelli di oggi e che sono stati resi noti allora. Avendo una fotografia più precisa di quanto sta accadendo, possiamo dire che sono numeri in calo, un calo reale, all’interno di una situazione, seppur con tutte le cautela del caso assolutamente da mantenere, che ci può far vedere l’opportunità di una apertura ampliata dei servizi, delle aziende, dei locali.

Questi dati più precisi che cosa ci dicono di quello che è successo in Lombardia?

La Lombardia è stata investita da uno tsunami di dimensioni tali che ha pochi paragoni nel resto del mondo.



Siamo in una fase di riapertura: la gente cosa deve aspettarsi?

Credo sarà importante continuare a fare quello che abbiamo imparato a fare in questo periodo, quindi attenzione al distanziamento, alle misure igieniche, alla responsabilità dei singoli e al rispetto sistematico delle varie indicazioni che arrivano dall’Inail e dalle grandi aziende, adattandole ovviamente alle singole realtà.

Quale prospettiva ci può dare?

Aspettiamo ancora una settimana per avere un dato sull’effetto uscita dal lockdown. La media dell’incubazione è cinque giorni e in quindici giorni si hanno due o tre cicli ripetitivi dell’osservazione.

A proposito di alcune dichiarazioni del governatore Zaia sulla perdita di forza del virus, lei ha fatto un commento preciso. Lo ritiene ancora valido?

Assolutamente sì. Non ci sono differenze significative nel virus. Piccole differenze sono normali nei virus a Rna. Si può dire, ma è da verificare, che in questo momento ci sono condizioni meteorologiche che ci dicono che la diffusione è minore.

Quindi la Lombardia non è soggetta alla tanto temuta seconda ondata?

La seconda ondata è lo scenario peggiore a cui fare riferimento. La prima volta il virus ci ha fregato, adesso siamo più preparati. Cerchiamo di immaginare lo scenario peggiore sapendo che adesso questo virus ci sorprenderà di meno se saremo capaci di tracciare tutti i casi e di isolare i soggetti malati. Questa seconda ondata non ci sarà, ma bisogna restare sul pezzo.

Molte persone, nonostante le riaperture, non si fidano, preferiscono ancora restare isolate in casa o non frequentare i locali. Paura eccessiva?

Diciamo che è una precauzione che ci può stare, in un’ottica di uscita dall’emergenza con i piedi di piombo, cominciando con prudenza a sperimentare e a rendersi conto della nuova normalità.

Ci assicura che i tamponi aumenteranno?

Sì, lo posso assicurare.

(Paolo Vites)

Leggi anche

VACCINI COVID/ Dalla Corte alle Corti: la neutralità che manca e le partite aperteINCHIESTA COVID/ E piano pandemico: come evitare l’errore di Speranza & co.INCHIESTA COVID BERGAMO/ Quella strana "giustizia" che ha bisogno degli untori