Uno studio canadese ribadisce che le miocarditi e pericarditi dopo la vaccinazione Covid sono rare, eppure i no vax tornano all’attacco utilizzandolo per dimostrare che siano pericolosi. Lo studio in questione è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica Jama. In primis, suggerisce di modificare i programmi di vaccinazione in base all’età e di allungare gli intervalli tra le dosi per ridurre il rischio di questi eventi. D’altra parte, afferma la necessità di confermare questi risultati e di approfondire l’associazione tra la vaccinazione eterologa e gli intervalli tra le dosi con il rischio di miocarditi o pericarditi.



I ricercatori hanno rilevato che su oltre 19 milioni di dosi di vaccini a mRNA somministrate, ci sono state solo 297 segnalazioni di miocarditi o pericardite, di cui 228 (76,8%) si sono verificate in individui di sesso maschile con età media 24 anni. Inoltre, 207 di questi casi si sono verificati dopo la seconda dose. “Limitandosi ai soggetti che hanno ricevuto la seconda dose a partire dal 1° giugno 2021, il tasso più elevato di miocardite o pericardite è stato osservato nei soggetti di sesso maschile di età compresa tra i 18 e i 24 anni dopo l’assunzione di mRNA-1273 (Moderna, ndr) come seconda dose”, osservano i ricercatori.



MIOCARDITI, TASSO 5 VOLTE SUPERIORE PER MODERNA

Un tasso di 299,5 casi per un milione di dosi per Moderna, di 59,2 casi per un milione di dosi per Pfizer come seconda dose. Quindi, cinque volte superiore per Moderna. Seppur raro, questo rischio è risultato sostanzialmente più elevato negli uomini più giovani con il prodotto di Moderna (Spikevax) rispetto a quello di Pfizer/BioNTech (Comirnaty), anche se una parte di questo rischio si è appunto ridotta con una maggiore distanza tra le dosi. “I tassi complessivi per entrambi i prodotti vaccinali erano significativamente più alti quando l’intervallo tra le dosi era di 30 o meno giorni”. Di conseguenza, per ridurre il rischio gli studiosi ritengono si possa allungare l’intervallo tra prima e seconda dose.



Infatti, se l’intervallo tra le due dosi passava da quattro a otto settimane, il rischio quasi si dimezzava (132,5 per milione di seconde dosi) per Moderna ed era notevolmente ridotto a 11,1 casi con Pfizer. Il gruppo ha anche sottolineato che una vaccinazione eterologa con il vaccino di Pfizer per la prima dose e quello di Moderna per la seconda era associata a un tasso più elevato di miocarditi rispetto a due dosi del solo prodotto di Moderna. “Le ragioni e il significato di questo risultato non sono chiari, ma meritano ulteriori studi e repliche in altri sistemi di dati”, hanno osservato gli autori, che anche per questo chiedono ulteriori approfondimenti.