«In nome di questa Italia dei lavoratori, degli artisti, degli scienziati». Ho così voluto aprire il 799° Anno Accademico dell’Università di Padova, con le parole del discorso di Concetto Marchesi, accademico e strenuo antifascista. Un passaggio che è ormai storia, parte fondante della nostra identità. Era il 9 novembre 1943 quando Marchesi, in una Padova occupata dalle forze nazifasciste, ebbe il coraggio di lanciare, proprio in occasione di un’inaugurazione di Anno Accademico, un grido di libertà che diede spinta ad una resistenza che ha visto l’Ateneo patavino in prima linea, tanto da diventare l’unica Università italiana insignita con la medaglia d’oro al valor militare.



Le sue parole suonano molto attuali, in un’Italia che, come il resto del pianeta, sta combattendo la sua battaglia contro un nemico che mai avremmo pensato di dover affrontare: la pandemia. Nell’emergenza il Paese ha saputo riconoscere come centrale il ruolo della scienza, e quindi, di conseguenza, dell’accademia. Una lezione che dobbiamo far nostra, e consolidare, anche nel momento in cui torneremo alla normalità, stravolta dalla pandemia, dando agli Atenei italiani più risorse, che equivalgono a più opportunità. Scommettere sulla formazione universitaria significa, senza dubbio, scommettere su un futuro migliore per il Paese.



Quando mi sono insediato nel ruolo di Rettore dell’Università di Padova, quasi sei anni fa, mi sono posto come obiettivo di coniugare i due aspetti di un’unica missione: essere luogo di scienza e cultura, posizionato autorevolmente nel contesto internazionale, e agire da istituzione pubblica, che vive nel territorio e ne promuove la crescita culturale, economica e sociale. Di fronte alla lunga emergenza sanitaria, ed al suo impatto sull’intera società, i due aspetti sono diventati improvvisamente tutt’uno, con una gravità e un’urgenza che hanno portato tutti noi a unirci in una risposta corale.



Con la ricerca scientifica abbiamo imparato a conoscere il virus e ad affrontarlo. Con lo studio su un intero paese, Vò Euganeo, che per primo in Europa ha pianto un morto per COVID-19, abbiamo capito che il virus è presente e si trasmette da pazienti pauci o asintomatici, e che il loro isolamento blocca la trasmissione del contagio. Ci siamo avvalsi dell’esperienza delle diverse branche della medicina per trovare nuove soluzioni ai gravissimi quadri clinici che rapidamente si sviluppano. È questa l’essenza del metodo scientifico: le conoscenze pregresse, un sapere che continuamente si accresce e si aggiorna, permettono di formulare un’ipotesi che deve essere verificata con i dati oggettivi riscontrati. Allo stesso tempo abbiamo saputo garantire, durante l’emergenza, la progressione della carriera degli studenti e la sicurezza sanitaria dell’intero Ateneo. Sfide ardue, ma superate.

Segnalo infine un tema caro all’Ateneo di Padova, fondatore del nodo italiano di “Scholars at Risk”. Condanniamo ogni forma di violazione della libertà e interveniamo direttamente per sostenere le troppe comunità accademiche vittime di repressione. Ecco perché abbiamo voluto parlare di diritti umani nell’inaugurare il nostro Anno Accademico, ecco perché abbiamo ricordato ancora una volta, e mai smetteremo di farlo, l’esigenza di verità sulla vicenda di Giulio Regeni e la richiesta di libertà immediata per Patrick Zaki. Nel nome di quella «Universa Universis Patavina Libertas» che ci accompagna, immutata, nel nostro nono secolo di vita.