L’INTERVENTO DEL PATRIARCA PIZZABALLA AL MEETING DI RIMINI 2024: LA PACE, GLI OSTACOLI E LA PREGHIERA

I cristiani in Terra Santa sono una “presenza per la pace” e lo saranno ancora di più dopo la fine della tremenda guerra in Medio Oriente purtroppo ancora lontano dal cessate il fuoco: così il Patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, nell’incontro inaugurale al Meeting Rimini 2024. Mentre i negoziati al Cairo tra Israele e Hamas riprenderanno giovedì e venerdì prossimo (dopo il sostanziale stallo degli scorsi giorni a Doha), il timore di un’escalation regionale che coinvolga l’Iran con l’attacco “giurato” contro Israele rende tutt’altro che semplice lo scenario in Medio Oriente: «Mentre soffiano i venti gelidi della guerra è imprescindibile fermarsi e chiedersi: c’è qualcosa per cui vale la pena vivere e sperare?», ha detto Papa Francesco nel suo accorato messaggio inviato al Meeting.



Il cardinale Pizzaballa riparte da qui per raccontare da vicino cosa significa vivere in tempo di guerra e quale possibilità ha la minima presenza cristiana nei luoghi di Terra Santa: «siamo a un momento decisivo, dirimente, con i dialoghi in corso» spiega ancora il Patriarca cattolico di Gerusalemme, aggiungendo che presto o tardi la guerra finirà con dei negoziati, «anche se ho i miei dubbi, è l’ultimo treno». Pizzaballa rilancia la speranza senza riporla primariamente nelle trattative ricche di ostacoli e resistenze: l’unica vera speranza è l’incontro con Cristo, quell’incontro che significa «chiedermi continuamente cosa Gesù mi dice, cioè deve diventare il criterio di lettura delle situazioni di dolore, divisione, fatica, per trasferire quest’esperienza alla mia comunità, in un contesto lacerato». La situazione è vicina alla degenerazione, continua Pizzaballa nell’incontro a Rimini con il Presidente della Fondazione Gerhard Scholz, ma questo dei negoziati in corso sono davvero l’ultimo treno: «la guerra finirà, in un modo o nell’altro, ma ricostruire la fiducia sarà una fatica immane che ci dovrà impegnare tutti».



L’attacco del 7 ottobre 2023 a Israele mosso da Hamas ha cambiato tutto, riflette il Patriarca, in quanto ha portato una enorme «esagerazione dei sentimenti che c’erano già: odio, vendetta sfiducia e incapacità di riconoscere l’esistenza dell’altro». Se non si arriva al cessate il fuoco nella Striscia di Gaza nel. Breve la situazione rischia di tramutarsi in dramma ancor più di quanto già non sia ora: per questo motivo, conclude Pizzaballa dal Meeting Rimini, «ci è rimasta solo la preghiera. E’ un momento dirimente, per questo dico che è importante pregare, ci resta solo pregare».



“C’È CHI NON VUOLE LA PACE A GAZA”: LA POSIZIONE DELLA CHIESA IN TERRA SANTA COL CARD. PIZZABALLA

Appena prima dell’incontro inaugurale al Meeting di Rimini, il cardinale Pizzaballa ha rilasciato al “Resto del Carlino” e ai media vaticani due lunghe interviste dove ha provato ad inquadrare lo stato delle cose oggi dentro e fuori la Striscia di Gaza, ringraziando sempre la vicinanza di Papa Francesco che fin dall’indomani del 7 ottobre scorso ha fatto sentire la sua presenza vicina a tutti i cristiani presenti in Terra Santa: «il male che ha prodotto questa guerra, l’odio reciproco, il rancore, il rifiuto dell’esistenza dell’altro resteranno, e si dovranno impegnare tutti». Il tema della fiducia da riconquistare dopo la guerra – tanto tra i palestinesi quanto tra gli israeliani – è cruciale ed è su quello che la presenza dei cristiani è chiamata ad una enorme responsabilità, assieme anche alle altre confessioni: «Speranza – osserva a Vatican News – non vuol dire che le cose stanno per finire, le prospettive non sono positive a breve termine. La speranza è un atteggiamento interiore che rende capace di vedere con gli occhi dello Spirito quello che gli occhi umani non vedono».

Gli ostacoli alla pace sono tanti e su diversi fronti, con gravi lacune e crisi tanto politiche quanto religiose secondo il Patriarca Pizzaballa: «La pace è una cultura, non è qualcosa che uno deve fare, è politica, è educazione, è l’impegno dei media, è lavorare a 360 gradi, in un mondo globalizzato dove nessuno è una isola. La pace è una cultura». A livello di negoziati in Medio Oriente, la visita di Blinen è già un punto di speranza ma non può valere da sola: «Da sempre la nostra posizione come Chiesa è chiara, la soluzione non può e non deve essere militare. Al posto dei raid occorre investire in un’azione politica anche per evitare che il conflitto subisca un’escalation col coinvolgimento dell’Iran e il deflagrare della situazione in Cisgiordania», spiega ancora il cardinale Pizzaballa al QN. In termini concreti, l’aiuto della Chiesa in Medio Oriente arriva con gli aiuti ricevuti dai Cavalieri di Malta e da altre associazioni cristiane: un elemento di grande stupore è che pure nel contesto di violenza, conclude il Patriarca, «la solidarietà non manca. Senza farsi illusioni, tutto ciò alimenta la speranza di una fine del conflitto».