LA PREGHIERA PER LA PACE: L’APPELLO DEL PATRIARCA PIZZABALLA

«La mia preghiera sarà innanzitutto un grido: dobbiamo pregare perché il Signore tocchi il cuore e faccia convertire»: nella giornata di preghiera, digiuno e astinenza per la pace e la riconciliazione indetta dal Patriarcato di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa al quotidiano “Avvenire” entra nel merito del disastro in corso con la guerra in Medio Oriente, rivelando la centralità di un Bene che si contrappone al male pervadente dalla Terra Santa agli altri teatri di conflitti.



Ringraziando le conferenze episcopali e lo stesso Papa Francesco per aver accolto l’appello di una preghiera mondiale per la pace, il Patriarca latino di Gerusalemme considera fondamentale il segno di unità che tutte le Chiese hanno mostrato aderendo a questa giornata: «la preghiera è l’unica “arma”, se mi è con- sentito la parola in questo particolare frangente, che noi abbiamo a disposizione per una circostanza come quella che stiamo attraversando», spiega Pizzaballa unendo il pregare al necessario sostegno umanitario per i civili che in Israele e a Gaza assistono impotenti allo scontro militare. Per il neo-nominato cardinale bergamasco, i cristiani hanno il dovere di pregare, ovvero di «parlare a Dio», oltre che «ascoltarlo» affinché «il Signore tocchi il cuore degli uomini che prendono le decisioni. Ripeto è l’unico strumento che abbiamo e credo che il Papa l’abbia espresso in maniera sintetica, ma mirabile, oltre che molto efficace».



CARDINALE PIZZABALLA: “DOBBIAMO PREGARE ANCHE PER I NEMICI”

L’umanità non cresce per una “illuminazione” che viene dall’esterno, ma proprio dall’impegno di uomini e donne nel seguire l’invito costante di libertà che testimonia il Vangelo di Cristo: «Fidiamoci della parola di Gesù, non crediamo alle apparenze secondo cui sono i potenti e i violenti ad avere l’ultima parola», spiega ancora il Patriarca Pizzaballa, sottolineando come saranno invece i miti a far crescere e progredire il mondo. Nello specifico, la giornata per la preghiera organizzata in Terra Santa non vedrà grandi momenti comuni per le più che comprensibili problematiche legate alla sicurezza.



Secondo il cardinale, resta comunque il momento di oggi un grande occasione per esprimere il dolore di tutte le comunità presenti in Terra Santa: «Sarà un momento ecumenico, perché ortodossi, luterani e anglicani saranno uniti in questa preghiera, ciascuno con la propria tradizione, ma pregheremo insieme tutto il giorno digiunando per rivolgerci a Dio e ricevere quella forza di cui abbiamo bisogno per vivere questo momento così difficile». V’è una unità di fondo, conclude Pizzaballa, davanti alla quale la preghiera resta il legame unico al quale “aggrapparsi” per invocare la pace: la preghiera del Patriarca resta un grido, per sua stessa ammissione, un grido di dolore da portare al Signore da parte delle comunità «ebraica, islamica, cristiana, ciascuno in maniera molto diversa». Ma è anche un dolore personale, ammette Pierbattista Pizzaballa: «la lacerazione, che avverto come tutti nel mio intimo e la offrirò al Signore. E poi chiederò di trovare un lume, una parola, che mi aiuti, ci aiuti tutti, a leggere questa situazione e a dargli per quanto possibile un senso».