LA LECTIO MAGISTRALIS DEL PATRIARCA PIZZABALLA ALLA LATERANENSE

Dopo aver preso possesso della Parrocchia affidatagli da Papa Francesco con l’ultimo Concistoro (dove era stato nominato cardinale), il Patriarca latino di Gerusalemme, Card. Pierbattista Pizzaballa, ha tenuto una “lectio magistralis” organizzata dalla Pontificia Università Lateranense sul tema “Caratteri e criteri per una pastorale della pace”. Lo scorso 1 maggio il cardinale ha presieduto la cerimonia per la presa di possesso della parrocchia di Sant’Onofrio a Roma, spiegando al termine nel colloquio con i cronisti della grave emergenza umanitaria e sociale presente in Terra Santa in questi mesi di guerra continua. «Sono momenti difficili ma anche di speranza perché nel negoziato in corso forse qualcosa si muove, speriamo, non bisogna mai demordere. Comunque la situazione resta in ogni caso molto drammatica, pesante, difficile», spiega il Patriarca Pizzaballa, aggiungendo come al di là delle mere questioni militari che esistono e sono comunque gravi, ancora peggio è la «questione umanitaria a Gaza».



Al termine della cerimonia, il Patriarca dei latini di Gerusalemme si è diretto all’Università Lateranense per la lezione frutto della collaborazione tra lo Studio Teologico del Patriarcato Latino di Gerusalemme e la Facoltà di Teologia della PUL (a dimostrazione di quanto sia utile, anche in tempi di guerra, il dialogo tra realtà lontane. Ogni riferimento ai fatti in altre università internazionali è voluto, ndr): un lungo intervento sul significato profondo della pace, sul valore del legame tra Dio e l’uomo nella costruzione della pacificazione e l’aggiornamento sulle condizioni attuali di ebrei, arabi e cristiani in una Terra Santa forse mai come oggi a rischio disgregazione. A margine della “lectio” il cardinale Pizzaballa ha spiegato ai giornalisti come una vera pace in Medio Oriente «richiederà tempi lunghi per essere duratura»: serve lavorare per un cessate il fuoco immediato, ma non può bastare per una pace effettiva e lunga. Sarebbe comunque un «primo passo verso altre prospettive di carattere politiche che però sono tutte da costruire» e, ammette ancora il Patriarca, al momento ancora «campate in aria». Resta molto difficile individuare percorsi di pace finché la guerra è in corso e proprio per questo motivo l’invito che giunge dal Patriarcato di Gerusalemme è quello, tanto per Hamas quanto per Israele, di venirsi incontro per liberare ostaggi e interrompere l’offensiva via terra.



COSA È LA VERA PACE (NON SOLO IN TERRA SANTA): PARLA IL CARDINALE PIZZABALLA

È una «tragedia senza precedenti» quanto sta avvenendo in Terra Santa, descritta come «sanguinante» per la pace che continua a non arrivare: così il Patriarca Pizzaballa nella sua “lectio magistralis” alla Lateranense parte dallo scenario terribile in Medio Oriente e in realtà compie un lungo e interessante approfondimento su cosa si intenda realmente per la “pace” in senso pienamente cristiano. «Il termine pace sembra essere oggi una parola lontana, utopica e vuota di contenuto, se non oggetto di strumentalizzazione senza fine»: in Terra Santa, ad esempio, il solco che sta portando questa guerra è ben più ampio della mera, terribile, distruzione di città e popoli. «I pochi ma importanti contesti di convivenza interreligiosa e civile si stanno poco alla volta disgregando, con un atteggiamento di sfiducia che invece cresce ogni giorno di più. Un panorama desolante», racconta il Patriarca di Gerusalemme.



Serve dunque ripartire da qualcosa di ben più alto e ampio del (necessario) cessate il fuoco o dell’altrettanto necessaria liberazione degli ostaggi in mano ad Hamas: la vera pace, chiarisce Pizzaballa, «Non è quindi solo una costruzione umana o un traguardo dell’umana convivenza, quanto piuttosto una realtà che viene da Dio e dalla relazione con lui». Per volere la pace serve “chiedere” la pace, serve essere consci della propria debolezza e fragilità per andare di fronte al nemico con un’altra disposizione: se il volto dell’altro diventa solo un qualcosa da eliminare in quanto nemico, la possibilità di una vera pace svanisce all’istante. Se insomma il volto dell’altro arriva a dissolversi è lì che «svanisce anche il volto di Dio e quindi la vera pace». Dunque cosa fare, si interroga ulteriormente il Patriarca latino già Custode della Terra Santa: innanzitutto per chiedere e volere la pace serve rischiare, un rischio non “calcolato” ma dove si è disposti anche a perdere l’onore (e qui ritorna il richiamo per una necessaria negoziazione già rilanciato da Papa Francesco), in cui si è disposti «a morire come Gesù». Il percorso della pace, lungo, impervio e faticoso, può condurre a far dialogare perdono, verità e giustizia, ma serve tempo e tutto è ancora da costruire per bene in Medio Oriente: i cristiani, conclude il Patriarca Pizzaballa, sono impegnati nel creare premesse e contesti di “facilitazione”, «La pace ha bisogno della testimonianza di gesti chiari e forti da parte di tutti i credenti, ma ha anche bisogno di essere annunciata e difesa da parole altrettante chiare». La lacerazione esistente e il senso di ingiustizia che provano i palestinesi da un lato e gli israeliani dall’altro non si possono risolvere in breve: «come Chiesa esortiamo una pastorale ecclesiale che sappia porre questi tre elementi in continuo, difficile, doloroso, complesso, lacerante, faticoso dialogo tra loro».