STUDIO COVID SU PLASMA IPERIMMUNE: FUNZIONA NEI PRIMI 5 GIORNI

Svolta importante nella vasta ricerca sul Covid-19, stavolta sul tanto “famigerato” plasma iperimmune per 2 anni al centro di controversie e pareri differenti nella scienza (ma anche sonoramente bocciato dall’Oms): secondo un nuovo studio coordinato dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora e pubblicato sul New England Journal of Medicine, dimostra che il plasma iperimmune dimezzerebbe il rischio di ricovero se somministrato entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi di Sars-CoV-2.



Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, il plasma iperimmune trattasi semplicemente di plasma ottenuto da persone con una elevata quantità di anticorpi  (immunoglobuline iperimmuni) «contro uno specifico microrganismo o antigene (sostanza riconosciuta dal sistema immunitario che provoca la formazione di anticorpi)». È presente ovviamente anche in tutte le persone sottoposte a vaccinazione nei confronti dello specifico microrganismo o convalescenti dalla malattia che esso determina: ebbene, lo studio Usa ha valutato l’efficacia del plasma dei convalescenti in pazienti nelle prime fasi della malattia e senza particolari fattori che possano aumentare il rischio di un decorso grave del Covid. Fino a questo ultimo studio, le varie ricerche sul fronte plasma avevano riguardato praticamente sempre pazienti positivi al Covid-19 già ricoverati in ospedale e dunque con malattia già molto avanzata. In questo senso, il plasma iperimmune è sempre risultato in questo studi come decisamente poco efficace nel contrastare la malattia. Lo studio invece appena pubblicato ha valutato l’efficacia e la sicurezza del plasma su 592 soggetti over-18 trattati entro il nono giorno dalla comparsa dei sintomi, confrontandoli poi con il medesimo numero di pazienti in un altro gruppo di controllo.



I RISULTATI SORPRENDENTI DELLO STUDIO SUL PLASMA IPERIMMUNE

I risultati sono a dir poco stupefacenti: tra i pazienti trattati con il plasma non si è verificato nessun decesso e solo 17 (il 2,9%) hanno avuto bisogno del ricovero. Tale percentuale sale al 6.3 nel gruppo di controllo, dove i decessi sono stati invece 3: la conclusione dello studio americano è che dunque il trattamento con il plasma iperimmune ha ridotto il rischio di ricovero da Covid del 54%, e anche in chi è stato ricoverato comunque si è ridotto lo sviluppo della malattia. Come riporta Sky TG24 nel presentare i risultati dello studio della John Hopkins, «la somministrazione del plasma dei pazienti guariti nei primi giorni dalla comparsa dei sintomi riduca il rischio di ricovero in terapia intensiva, ventilazione meccanica o supporto di ossigeno». Prima dei 5 giorni i vantaggi con il plasma sono sorprendenti, dopo quella soglia invece l’uso del plasma è sostanzialmente nullo per contrastare il decorso del Covid.

RIZZO E ZAIA SULLO STUDIO COVID: “CONTESTATO DA TUTTI NEL 2020, OGGI…”

I risultati dello studio Usa non sono passati inosservati qui in Italia dove le discussioni, anche politiche, nei primi mesi del Covid-19 furono enormi sul plasma iperimmune e sul suo sviluppatore, ovvero Giuseppe De Donno, l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova. Va purtroppo innanzitutto ricordato che De Donno si sarebbe suicidato impiccandosi nella sua casa di Eremo di Curtatone lo scorso 28 luglio 2021: è ancora in corso un’inchiesta della Procura per chiarire meglio le circostanze che hanno portato alla tragica fine del professore contestato a lungo per i suoi studi sul plasma iperimmune. Il segretario del Partito Comunista Marco Rizzo nel segnalare il nuovo studio che darebbe sostanzialmente ragione agli studi di De Donno, scrive su Twitter «Pandemia, studio: plasma iperimmune efficace se usato entro 5 giorni dall’insorgere della malattia. Adesso lo dicono, ma quando il povero De Donno ed altri medici coraggiosi lo evidenziavano furono massacrati dalla gestione politica della pandemia».

Un altro politico, di segno completamente opposto come Luca Zaia (Governatore leghista del Veneto) rivendica la bontà di somministrare plasma iperimmune nei pazienti Covid pre-venuta del vaccino, alla luce delle nuove scoperte dello studio Usa: «Lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine rispetto all’efficacia dell’utilizzo del plasma iperimmune per combattere il Covid rende giustizia allo scetticismo con cui almeno una parte della comunità scientifica accolse la mia idea di realizzare in Veneto una banca del plasma. Impresa riuscita nonostante non poche difficoltà, come se sperimentare nuove cure in un momento in cui la gente riempiva gli ospedali e moriva a frotte fosse una colpa». Ancora Zaia spiega come tale studio è stato realizzato su pazienti non vaccinati e gli effetti positivi non possono ovviamente essere trasferiti sui vaccinati che in Veneto (e in Italia) oggi sono la grande maggioranza: eppure, conclude il Presidente della Lega, «possiamo dire che questo studio conferma la intuizione che noi abbiamo avuto nel 2020, quando non c’erano i vaccini ed abbiamo trattato centinaia di pazienti Covid anche gravi, alla comparsa dei sintomi. Riuscimmo così a fare un argine alla malattia prima che arrivassero i monoclonali in infusione e in pastiglie».