Cresce la richiesta di Plasmaderivati, soprattutto in Europa. I costi della materia prima sono superiori rispetto ai farmaci tradizionali e sembrerebbero poter crescere ancora, ma allo stesso tempo questi aumentano anche l’accesso alle terapie. Proprio per questo, infatti, la domanda è aumentata in modo importante, anche se la capacità produttiva sembra non essersi ancora riadattata alle nuove esigenze. A spiegare la situazione è stato Alessandro Lattuada, Director Business Unite Rare Takeda Italia, casa farmaceutica.
Nel corso del 15esimo appuntamento “Camerae Sanitatis” sull’“L’impatto delle terapie con plasmaderivati in Europa: soluzioni per l’Italia”, il direttore ha dichiarato: “All’interno del mondo dei plasmaderivati il costo della materia prima rappresenta circa il 57% contro un 14% dei farmaci tradizionali. Il rischio che un fornitore non possa essere in grado di soddisfare la domanda aggiuntiva di plasma a fronte di un eventuale aumento dei costi della materia prima è concreto. Per quattro motivi: innanzitutto, cresce la domanda di plasmaderivati perché aumenta l’accesso alle terapie; a fronte di un aumento della domanda, però, la capacità produttiva non è così veloce da potersi riadattare alle nuove esigenze; terzo motivo la scarsità di plasma e, ultimo, la competizione tra Paesi europei per acquistare la materia prima”.
Plasmaderivati, Italia dipendente dagli Usa
L’evento sulle terapie con Plasmaderivati è stato promosso da Intergruppo parlamentare Scienza&Salute, Sics, Quotidiano Sanità e Popular Science. Lo scopo, spiega Adnkronos, è stato quello di comprendere la necessità di rivisitare gli schemi di donazione per l’approvvigionamento di plasma in Italia. Lattuada ha proseguito spiegando come: “Il 30% di plasma per le immunoglobuline italiane è importato dall’estero, soprattutto dagli Usa. Siamo dipendenti dagli Stati Uniti con tutto quello che ne consegue, perché nei momenti di crisi e di carenza tendono ovviamente a tenersi il prodotto. In aggiunta, oltre a non esistere una regia europea degli acquisti di plasma derivati, le varie nazioni sono in competizione sull’acquisto. E purtroppo in Italia abbiamo una forte limitazione che è data dal pagamento del payback per il plasma importato che, oltre ad essere un costo aggiuntivo a quel 57% per la materia prima, rappresenta un elemento di instabilità. Impossibile definire il quantitativo di costo del payback nel momento dell’acquisto, che viene definito l’anno successivo sulla base dello sforamento del budget farmaceutico dell’anno precedente”.
Alessandro Lattuada auspica un intervento legislativo da parte dell’Italia in tempi brevi: “Come aziende farmaceutiche l’auspicio è che così come è stato fatto nel Ddl Concorrenza, ci auguriamo che ci sia un intervento legislativo rapido che possa dare una risposta in tempi brevi a questa distorsione che esiste all’interno dei Paesi europei. Il plasma italiano, fortunatamente, non paga payback e questo sarebbe in accordo con le raccomandazioni dell’Oms secondo cui i farmaci che sono considerati essenziali vengano detassati in modo da poter salvaguardare un’equità nell’accesso in tutti i Paesi nel mondo”.