Le plusvalenze fittizie sono il doping finanziario della Serie A degli ultimi anni, con effetti potenzialmente gravi per i bilanci dei club italiani. A dipingere il quadro preoccupante sono le indagini delle procure che si moltiplicano sulla scia o in collegamento con l’inchiesta Prisma sulla Juventus, ora al vaglio del giudice dell’udienza preliminare. Di solito, le verifiche sull’eventuale alterazione dolosa dei bilanci tramite l’ipervalutazione dei cartellini si bloccano per l’inesistenza di metodi oggettivi per fissare il valore giusto in questo tipo di transazioni. Infatti, a fine luglio 2022 la procura di Milano ha disposto l’archiviazione per l’Inter dopo l’inchiesta per false comunicazioni sociali in relazione a plusvalenze da operazioni “incrociate”, in quanto «il valore di ogni atleta non può che essere affidato alla concreta dinamica del mercato in assenza di parametri oggettivi e predeterminati».
Invece, l’inchiesta Prisma ha trovato materiale considerato probante, attraverso intercettazioni e perquisizioni, per questo i pm hanno formulato la richiesta di rinvio a giudizio anche su questo fronte. Proprio il lavoro svolto a Torino ha indotto le altre procure ad attivarsi. Il filone bianconero coinvolge club come Bologna, Cagliari, Sassuolo, Sampdoria, Atalanta e Udinese. Come evidenziato dal Sole 24 Ore, sono stati aperti fascicoli e disposti accertamenti a Cagliari, Bologna, Genova e Udine.
PLUSVALENZE FITTIZIE, INDAGINI E IMPATTO SU BILANCI
Nel frattempo, mercoledì scorso c’è stato il blitz della Guardia di Finanza, disposto dalle procure di Roma e Tivoli, sui presunti casi di plusvalenze fittizie di Roma, Lazio e Salernitana, negli anni in cui queste due ultime società erano oggetto della comproprietà di Claudio Lotito. Queste vicende non sono collegate all’inchiesta Prisma, ma promosse autonomamente dagli inquirenti. Invece, a Napoli la procura si occupa dell’affare Osimhen, per il quale è stata chiesta una proroga di sei mesi. Il ricorso alle plusvalenze fittizie è sintomo di una malattia cronica nel calcio italiano che produce defict e indebitamento. Si tratta di una scorciatoia che può causare più danni che benefici. Se la differenza tra costo del tesserato e prezzo di cessione è positiva, si ha un ricavo immediato, soprattutto nelle plusvalenze da scambio, ma d’altra parte ci sono gli ammortamenti dei diritti delle prestazioni pluriennali che zavorrano i bilanci degli anni successivi, al punto tale che non si sbaglia nell’affermare che in realtà questo sistema non determina alcun beneficio economico. Lo sottolinea Marco Bellinazzo sulle colonne del Sole 24 Ore, riportando che nell’ultimo decennio i club di Serie A hanno accumulato 5,3 miliardi di plusvalenze e hanno dovuto sostenere oltre 6 miliardi di ammortamenti. Il governo a febbraio ha varato una stretta fiscale sulle plusvalenze, ma serve una norma condivisa a livello europeo e disposta in ambito Uefa per disincentivare il ricorso a questo strumento.