Non sono un giurista, ma neppure una casalinga di Voghera, eppure – come a quasi tutti gli italiani – sfugge la differenza che concretamente intercorre tra un “avviso di garanzia”, una “iscrizione nel registro delle notizie di reato” e una “comunicazione giudiziaria”. Al di là delle sottigliezze giuridiche, in concreto per quasi tutti gli italiani la vicenda Almasri significa che ancora una volta ci sono giudici che cercano di mettere in difficoltà il governo e fare lo sgambetto alla Meloni per via giudiziaria.
D’altronde il reato è nebuloso, il contorno internazionale complicato, le necessità di tenere comunque buoni rapporti con la Libia evidenti, la Corte penale internazionale è apparsa intempestiva e quindi c’è sostanza per ogni tipo di polemica.
Uno scontro che si poteva e si doveva evitare, ma che si è voluto far partire di gran carriera in concomitanza con l’avvio del dibattito parlamentare sulla riforma della giustizia e la separazione delle carriere e proprio all’indomani di un voto sulla composizione dell’Anm che certo – visti i suoi risultati – non è stato molto gradito alla sinistra.
Tesi di parte? Possiamo allora anche metterla così: se domani mattina spedisco alla Procura di Roma un atto in cui chiedo di verificare, per esempio, se sussistano reati sull’uso improprio di un aereo di Stato, il procuratore Lo Voi spedirà seduta stante il conseguente, analogo avviso di potenziale peculato a mezzo governo? Credo di no, anche se ufficialmente lo farebbe per “tutelare” quelle persone e informarle che qualcuno le accusa, ma – di fatto – l’agire con tale fulminea tempestività sarebbe del tutto anomalo e sorprendente, soprattutto tenendo conto che quanto è avvenuto fa seguito a un esposto “politico” da parte dell’avvocato Luigi Li Gotti, ex sottosegretario già stazionante dalle parti di Prodi.
Il conseguente atto del procuratore Lo Voi di fatto diventa quindi un ulteriore gesto “politico”, e – quando anche fosse formalmente impeccabile – si presta a tutte le strumentalizzazioni del mondo, soprattutto il giorno dopo che la maggioranza relativa dell’Anm è passata alla linea più a destra perché – anche qui – quella che sarebbe formalmente una associazione di categoria di fatto è diventato un “parlamentino” di magistrati in perenne lite tra loro, di solito per occupare e spartirsi incarichi e “far politica” proprio come Palamara dimostrò, ma come ormai ammettono anche i diretti interessati.
Tutto ciò premesso, questa vicenda – ed è la cosa più grave – ha per l’ennesima volta posto la magistratura davanti alla responsabilità di dividere ulteriormente gli italiani, schierati metà sempre più a difesa della premier e l’altra metà (veramente, con qualcuno di meno…) ad applaudire i Pm, ma rodendosi le mani per l’immediato e convincente contrattacco della Meloni, che se ne è uscita con una delle sue migliori performance mediatiche. La presidente del Consiglio è stata furba a giocare d’anticipo, spiazzando così la concorrenza, mettendo sulla graticola la Procura e guidando il dibattito, pur sapendo che, con ogni probabilità, tutto finirà nel nulla, vista anche la procedura parlamentare vigente in questi casi.
Se alla fine l’avviso di garanzia, che non è stato tanto un “atto dovuto” ma un “atto voluto”, nelle logiche già accennate e con tutte le sue conseguenze, non sarà un autogol clamoroso dei “magistrati d’assalto” (come penso), ce lo dirà il tempo. Di sicuro, la conseguenza è quella di scavare un’ulteriore divisione nel solito incrocio di poteri e reciproche invasioni di campo con una vicenda che andava evitata o gestita con un po’ di buonsenso. Tutto questo nel silenzio del Colle, probabilmente disorientato anch’esso.
In ogni caso avremo una radicalizzazione della lotta parlamentare per la riforma di quella magistratura che dal canto suo continua a mandare avvisi stile “Chi tocca i fili muore”, ma che alla fine rischia di rimanere lei stessa folgorata, oltre a perdere sempre di più la propria credibilità e le sue presunte, necessarie doti di imparzialità ed indipendenza.
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