Il Tar della regione Puglia ha sospeso per sei mesi i lavori di ammodernamento del nodo ferroviario di Bari, accogliendo un ricorso presentato dal comune di Noicattaro e dal comitato locale” Le Vedette del Lama”, avverso alla Regione Puglia e ai ministeri della Cultura, della Transizione ecologica e delle Infrastrutture, rivolto a salvaguardare le piante di carrubi e gli olivi secolari in un parco archeologico inserito nel percorso della ferrovia. Nonostante il parere preventivo favorevole all’esecuzione delle opere rilasciato dalla Soprintendenza competente. 



La decisione di sospendere i tempi di esecuzione di un’importante opera del Pnrr del valore di 406 milioni di euro comporta il probabile rischio di dover rinunciare ai 205 milioni di euro di contributi erogati per lo scopo dall’Unione europa. La singolarità dell’intervento del Tar, oltre che per l’entità del danno procurato, è rappresentata dall’invadenza della Magistratura nella valutazione diretta di un merito, la congruità dell’impatto ambientale, che compete ad altri organismi istituzionali, e che potrebbe dimostrarsi del tutto infondata nella sede del pronunciamento definitivo. L’intervento della magistratura è particolarmente grave perché si tratta di un’opera programmata da molto tempo, approvata dal Cipe nel 2015, e praticamente vivisezionata per la valutazione dell’impatto ambientale nel territorio.



Il fatto merita un’attenzione perché rappresenta una novità di un certo rilievo, preceduta solo da interventi di natura minore dei Tar del Lazio, della Campania, dell’Abruzzo rivolti a sospendere o annullare alcune decisioni i per vizi procedurali utilizzati dalle amministrazioni, che pone seri dubbi anche sulla congruità degli interventi messi in campo dal Governo centrale per assicurare l’esecuzione delle opere strategiche di interesse nazionale nei tempi prestazioni nei tempi prestabiliti con il concorso di una serie di misure (semplificazioni procedurali, riduzione dei tempi per il rilascio dei pareri, rafforzamento del silenzio-assenso, risarcimento delle imprese escluse in alternativa al loro subentro nei casi di ricorsi ritenuti fondati dalla magistratura evitando la sospensione delle opere, l’intervento dei poteri sostitutivi in caso di inadempienze delle amministrazioni coinvolte con l’eventuale nomina di commissari straordinari). Interventi inevitabilmente esposti al rischio di incostituzionalità, per il momento tamponati dai vincoli di interesse nazionale derivanti dagli impegni assunti con le istituzioni europee.



Dall’efficacia di queste misure dipende l’esecuzione di una parte significativa del Pnrr finalizzata all’esecuzione di opere infrastrutturali per circa 82 miliardi di euro di contributi dell’Ue, con l’apertura di 70 cantieri entro il 2022, e ulteriori 37 entro l’anno prossimo. Scadenze vincolanti anche per la verifica degli stati di avanzamento delle singole missioni e per l’erogazione delle nuove rate dei contributi da parte della Commissione europea.

Il tema dei ricorsi presso la magistratura, insieme a quello della debolezza degli apparati amministrativi e delle competenze concorrenti tra amministrazioni centrali e locali, rappresenta lo storico ventre molle della capacità di impiegare le risorse da parte del Sistema Italia. Non a caso quello maggiormente attenzionato dalle Istituzioni sovranazionali e dai mercati finanziari. 

Il Governo offre assicurazioni riguardo il rispetto degli impegni assunti, accompagnati dalla nomina di 57 commissari per le singole opere incagliate. Ma finora le scadenze hanno riguardato la verifica degli aspetti preliminari della programmazione degli interventi e della distribuzione delle risorse impegnate. La fase critica subentra con la progettazione e l’assegnazione delle opere. Quella più esposta ai rischi di contenzioso, e agli interventi della magistratura sollecitati dagli attori e dalle comunità che si ritengono a torto a ragione danneggiate. Con pronunciamenti che sono in grado di vanificare qualsiasi intervento legislativo e amministrativo rivolto a rimediare le carenze emergenti (la vicenda storica dell’Ilva di Taranto è un esempio eclatante degli interventi a gamba tesa della magistratura che hanno compromesso l’attuazione delle decisioni assunte nell’ambito delle istituzioni). Questi rischi possono essere contenuti solo con una presa di coscienza collettiva da parte di tutti i soggetti coinvolti: istituzioni, forze politiche e sociali, imprese e la stessa magistratura, rivolta a condividere le priorità per orientare in modo ragionevole i compromessi da adottare per rendere compatibili le esigenze economiche e sociali con gli impatti ambientali. Tema diventato ancora più urgente alla luce delle novità intervenute in termini di approvvigionamenti energetici e dell’importanza di far decollare la componente degli investimenti pubblici per compensare il prevedibile calo di quelli privati legato alla riduzione del potere di acquisto e alle politiche monetarie restrittive. 

Quanto sta avvenendo a Piombino per l’installazione di un impianto di rigassificazione e il ritorno delle polemiche sulla installazione di nuovi termovalorizzatori, usati come clava per minacciare una crisi di governo, non depone bene rispetto l’esigenza di innescare un cambio di passo. Problemi di questa natura stanno sorgenti in molti territori anche per l’installazione degli impianti delle energie rinnovabili.

Come per gli indicatori delle carenze degli apparati amministrativi, queste difficoltà risultano particolarmente concentrate nel Mezzogiorno, e rischiano di vanificare l’ultima chance di invertire un declino che appare ineluttabile se non si rendono attrattivi questi territori per le nuove attività produttive e per la permanenza delle risorse umane.

La distanza tra gli impegni firmati assunti dal Governo e i comportamenti sostanziali dei corpi intermedi che hanno il compito di rappresentare e orientare i comportamenti della società civile è un divario che deve essere rapidamente colmato.

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