Nonostante il periodico palesarsi dei mal di pancia a 5 Stelle e l’emersione di qualche scricchiolio legalista, l’azione del governo sul fronte del Pnrr prosegue in pieno rispetto del fissato cronoprogramma, nella speranza di poter così fronteggiare l’addensarsi delle nubi che sempre più incombono sullo stato di salute della nostra economia. Al contempo, come molti attori pubblici hanno a gran voce proclamato, occorre tenere alta l’attenzione affinché quell’enorme flusso finanziario venga protetto dalle ingerenze criminali.



Con questo obiettivo è stata creata su impulso dello stesso governo una task force che vende coinvolta la Procura generale della Cassazione, la Guardia di finanza e la Banca d’Italia allo scopo di redigere speciali linee guida per prevenire le temute malversazioni. L’anniversario che cade in questo periodo delle stragi mafiose del 1992 ha spinto molti a invocare la ricerca della formula magica in grado di adattare il metodo Falcone a una mafia nuova, fluida e diversa da quella con cui fecero i conti i valorosi magistrati del pool di Palermo. Non pare infondato il timore di chi, come ad esempio l’ex procuratore generale di Palermo, Scarpinato, paventa il pericoloso ritorno di un nuovo ciclo che potrebbe portare a una riedizione rivista e corretta della vecchia politica della gestione clientelare del consenso.



L’assalto alla diligenza da parte dei grandi gruppi di potere criminale è di fatto iniziato, molto più intensamente di quanto l’opinione pubblica non percepisca, distratta, per carità comprensibilmente, dalla pandemia e dalla impennata dei prezzi al consumo. Il timore più che fondato è che, all’ombra, evidentemente inconsapevole, del prestigio europeo del premier Draghi che funge da garante per “la messa a terra” di quei fondi, si stiano ricreando le precondizioni per un ritorno alle vecchie politiche di gestione della spesa pubblica come strumento di gestione del voto clientelare.



Nella speranza che allora le evocate linee guida in via di emanazione possano fungere da solido strumento di prevenzione, si deve tuttavia registrare, non in positivo, come l’Italia sia in colpevole ritardo nel recepimento della direttiva Ue sul whistleblowing, che dovrebbe integrare la legge approvata nel 2017, soprattutto per aumentare le tutele di chi segnali illeciti nel settore privato. Non certo la panacea di tutti i mali, ma pur sempre altro strumento che potrebbe offrire il proprio contributo nella prevenzione della corruzione, se è vero, come è vero, che la Commissione Ue ha inviato al nostro Paese una lettera con la quale, ricordando il ritardo, palesa il rischio che si apra una procedura d’infrazione.

Rispetto ai lamentati ritardi, a più di qualcuno è sorto il dubbio che a mancare sia la volontà politica all’interno dell’eterogenea maggioranza del governo Draghi e questi segnali non sono mai di buon auspicio. Lo stesso presidente dell’Anac ha di recente sottolineato come il ritardo sia inspiegabile, dovendosi invece valorizzare la figura del whistleblower come potenzialmente idonea a garantire la trasparenza su tutti gli affidamenti pubblici del Pnrr.

Al contempo, allarmano non poco i dati diffusi dalla Uif, l’Unità di informazione finanziaria presso la Banca d’Italia. Negli ultimi due anni infatti, sono stati trasmessi agli organi giudiziari oltre 7.600 operazioni sospette collegate al Covid (truffe e illeciti negli appalti per mascherine e nei finanziamenti alle imprese e nei crediti di imposta, ecc.) per un totale di 13,4 miliardi di euro (8 mld nel 2020 e 5,4 mld nel 2021). Le segnalazioni sono state 2.197 nel primo anno di pandemia e 5.365 nel 2021. La maggior parte delle segnalazioni ha interessato il Lazio (27,8%), seguito dalla Lombardia (12,5%) e dalla Campania (9%). Si sono manifestate incoerenze tra spese dichiarate e attività dell’impresa coinvolta e, in generale, eccessivi importi movimentati rispetto all’ordinaria gestione d’impresa. I successivi aumenti, tra febbraio e settembre 2021, sono principalmente ascrivibili ad abusi di finanziamenti pubblici, ottenuti per effetto degli interventi di sostegno, realizzati mediante distrazione di fondi o giri su conti correnti personali rispetto a quelli beneficiari delle erogazioni. Nell’ultimo trimestre dello scorso anno, infine, sono aumentate le segnalazioni originate da illeciti utilizzi delle detrazioni fiscali riconosciute dalla legislazione di urgenza, fenomeno che risulta particolarmente rilevante anche per gli elevati importi coinvolti.

Il quadro non è certo dei più rassicuranti. Tuttavia quella del monitoraggio dei flussi finanziari resta una esperienza positiva. Allora gli obblighi della complessa normativa antiriciclaggio potrebbero essere estesi ad esempio ad altri settori, ovvero a quelli che maggiormente verranno interessati dall’impiego dei fondi del Pnrr, come quello dell’edilizia. Uno spunto per il legislatore potrebbe allora essere quello di valutare tale allargamento, mettendo a punto i necessari adattamenti. Di certo, i presidi antiriciclaggio possono rappresentare, come d’altronde quelli legati all’anticorruzione di cui alla legge 190 del 2012, un argine fondamentale per evitare deviazioni degli interventi di sostegno verso l’economia illegale.

L’auspicio non può che essere quello di massimizzare l’attenzione per evitare che alle prossime commemorazioni ci troveremo a dover prendere atto di come tutti gli sforzi prodotti da quei magistrati che hanno pagato con la vita il loro impegno siano stati del tutto obliterati dalle malversazioni collegate al più grande piano di investimenti mai registrati dalla fine della seconda guerra mondiale. Sono ben accetti tutti i suggerimenti in grado di scongiurare tale amaro scenario.

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