Caro direttore,
se come italiani fossimo tutti più decisi e più seri avremmo capito da tempo che la vera sfida per il nostro Paese non è litigare sui transgender, ma cercare di rendere credibile la nostra amministrazione pubblica, i controlli e conseguentemente più spedita e trasparente la nostra macchina burocratica.
Ammetto di essere sfiduciato sui possibili risultati, perché da decenni – avendo vissuto questi problemi sia da imprenditore che come politico e amministratore pubblico – capisco come sia difficile (o impossibile) realizzare questo risultato soprattutto perché a troppe componenti del “sistema” conviene perpetuare esattamente l’esatto contrario.
Eppure questa è la vera priorità nazionale o l’Italia andrà sempre peggio, chiunque la governi.
Credo che l’unica arma che abbiamo siano le nuove possibilità informatiche, per poter meglio e più speditamente controllare gli appalti, incrociare i dati, stanare e condannare senza pietà i furbi ed i truffatori colpendo anche all’interno dell’apparato chi non fa il suo dovere, ma premiando invece chi lo merita.
La vera rivoluzione sarebbe forse quella di applicare le norme come avviene negli Stati Uniti: si dà sempre per scontato che quello che dici e autocertifichi sia vero, ma se non dici la verità o ti comporti male dal punto di vista fiscale o verso la pubblica amministrazione sei poi pesantemente colpito, senza pietà e senza sconti, e finisci veramente in carcere, dove resti fino all’ultimo giorno della condanna.
È per esempio impensabile che con le nostre regole attuali siano rispettati i termini del Pnrr, anche perché l’Europa non concede politicamente credito alla Meloni come lo concedeva a Draghi, non fosse per la diversa connessione internazionale dell’ex premier. D’altronde Draghi era “il” e “nel” sistema, la Meloni no (o non ancora) e questo è magari un bene, ma ha i suoi costi.
Come previsto per i fondi europei, tutto sta rallentando e l’alternativa è buttar via soldi. Il rapporto Svimez del 10 marzo sottolinea come i lavori legati al Pnrr siano già in grande ritardo soprattutto al Sud – dove vanno la maggior parte dei fondi europei – ma in aree dove per realizzare un’opera pubblica ci vogliono in media 3 anni contro la metà dei tempi del Nordovest. Una media calcolata su tutti i lavori pubblici – compreso un modesto marciapiede –, non solo per le “grandi” opere che, purtroppo, non finiscono mai o sono realizzate malamente, come avviene quasi ovunque. Cause molteplici, ma dove, sostanzialmente, i ritardi sono utili per auto-giustificare il sistema, dove c’è poi il solito palleggiamento di responsabilità. Nello specifico è per esempio semplicemente cretino non considerare l’intervenuta inflazione per i lavori legati al Pnrr, aspetto che di fatto blocca i cantieri.
Ma poi servono controlli e soprattutto condanne esemplari. È incredibile che il Governo, per favorire le famiglie a causa dei maggiori costi energetici, abbia per esempio stanziato fondi per 5 miliardi di euro quando nelle stesse ore la Guardia di finanza insieme a un gruppo di procure ha smascherato una banda specializzata in truffe allo Stato sul bonus 110% che avrebbero raggirato l’erario per oltre 3 miliardi di euro (cfr. “Truffa bonus casa: doppio sequestro da oltre 3 miliardi tra Napoli, Avellino e Asti. Pratiche da clochard e deceduti”, Il Sole24Ore, 22 marzo 2023). Una sola filiera di truffa finalmente scoperta (una sola!) che “vale” metà della manovra economico-energetica! Ma i presunti colpevoli – un mix di ditte albanesi, truffatori, pseudo-commercialisti corrotti e falsi imprenditori per un totale di 37 persone, coinvolgenti 68 società – sono già quasi tutte a piede libero.
Ma come si può ammettere un sistema dove un “bonus” abbia potuto generare truffe così enormi senza che lo Stato per mesi se ne accorgesse? E quante ce ne saranno state in Italia non scoperte da quando il sussidio è andato a regime?
Le norme sembrano favorire i disonesti e un altro esempio sono le norme previste dai “Click day” ovvero quando si mettono a disposizione fondi, posti, agevolazioni “al primo che arriva”. Risultato: spesso pochi secondi dopo l’apertura di un bando i fondi sono già tutti esauriti perché una ben organizzata filiera si organizza a presentare le domande nel primo nanosecondo disponibile. Non importa se “meriti”, ma se arrivi primo e quindi se la tua connessione non è veloce o se la linea è intasata, perdi tutto. L’esempio più eclatante è avvenuto la scorsa settimana con il tanto atteso “decreto flussi” che metteva in palio 82.500 posti di lavoro stagionali per immigrati regolari. Ci sono state oltre 350mila richieste solo nei primi minuti, ma tre quarti di esse non verranno accolte. Anni di attesa, disastri e ricongiungimenti famigliari, lavoratori che aspettavano da anni: vite, esperienze e speranze bruciate in pochi istanti. È vergognoso che si continui così anche perché – a pagamento, è ovvio – ci sono appunto società che si offrono per fare la domanda al posto tuo e con sistemi sofisticati riescono ad inserirsi nel sistema prima degli altri. Basta click-day e basta superbonus: è un insulto alla ragione, al merito, alla giustizia.
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