Il mercato dell’idrogeno (verde) in Europa, ma anche altrove dove operano facilitazioni per la transizione ecologica, mostra un’anomalia: il finanziamento (pubblico) dell’offerta è molto maggiore degli incentivi alla formazione di una domanda. Il caso italiano è emblematico: sono stati al momento stralciati gli investimenti del Pnrr sulla mobilità a idrogeno – a parte l’autorizzazione per 36 distributori di questo gas sul territorio nazionale – perché al momento il settore ha scala troppo piccola. Ma è stato erogato circa un miliardo per creare produzioni di idrogeno verde in aree industriali dismesse (Hydrogen valleys) a favore di rifornimenti energetici per le aziende del circondario e/o per quelle energivore.



I soldi sono stati erogati a enti locali prima che esistesse un piano per il loro impiego specifico. Chi scrive ne ha prova indiretta dopo aver interpellato un paio di aziende tra le poche in Italia che hanno sviluppato un vero know-how sulle tecnologie a idrogeno: ricevono richieste urgenti di consulenza per capire cosa fare dei soldi.



Chi scrive non ha intenzione di criticare questa “pompa” disordinata sul lato dell’offerta perché sarà generativa, pur con dissipazioni, di risultati costruttivi, ma ritiene che sia il momento di mettere ordine con precisazioni nello scenario dell’idrogeno verde. Anzi, più che una critica va fatto un avvertimento: c’è la sensazione, da verificare, che nei bandi di gara Pnrr vengano privilegiate le aziende più grandi a scapito delle più piccole, anche se queste hanno tecnologie più innovative, perché le prime appaiono al banditore meglio capaci di rendicontare i soldi spesi, evitando così problemi con l’Ue. Sarebbe il caso di dare un’occhiata, in generale e particolare – ci sono tracce di sensibilità al problema in alcuni lavori parlamentari – a questo tema perché compromette l’effetto sistemico più utile degli investimenti pubblici: facilitare la crescita dimensionale e tecnologica delle piccole e medie imprese italiane.



Ma torniamo al tema principale. I dati correnti indicano che gli operatori dei sistemi energetici e dintorni condividono la profezia che il mercato dell’idrogeno andrà in boom dopo il 2024-25. Infatti, sono iniziati i posizionamenti verso questo settore. Una casa automobilistica sudcoreana, al momento posizionata in Svizzera, è pronta a offrire grandi camion con idrogeno che alimenta via “fuel cell” motori elettrici: pensare che i grandi mezzi possano andare a batteria è al momento un azzardo. Parecchi cantieri italiani stanno studiando l’alimentazione a idrogeno verde per yacht di lusso ed alcuni anche per i vaporetti. Ferrovie Nord (Lombardia) ha ordinato treni a idrogeno in sostituzione delle motrici diesel su linee non elettrificate, seguendo analoga mossa delle ferrovie tedesche, e ha annunciato investimenti per la produzione di idrogeno verde. Ecc. Pertanto i dati mostrano che sta crescendo in prospettiva una domanda di idrogeno verde che giustificherebbe ora e non domani investimenti pubblici che accelerino sia la facilitazione per la domanda stessa sia l’aumento della produzione di idrogeno verde medesimo.

Come si produce l’idrogeno verde? Via elettrolizzatori, che scompongono idrogeno e ossigeno nell’acqua, alimentabili da elettricità pulita (solare, eolica, ecc.), da fonti intermittenti oppure da fonti continue basate su biogas, ottenuto da materiali organici fermentabili, poi trasformabile in idrogeno verde. Comunque venga prodotto, l’idrogeno verde può essere immagazzinato per poi produrre elettricità o energia termica pulite nei momenti “bassi” di altre fonti. Eventualmente può essere trasformato in fertilizzante. Ed è una componente del processo di creazione di carburanti sintetici, per esempio gli e-fuel.

Servirebbe una grande matrice dove in ogni casella c’è il contributo e la metrica di efficienza di ciascuna fonte energetica allo scopo di organizzare un piano sistemico per la copertura con energia pulita del fabbisogno nazionale. Chi scrive ha rilevato una doppia efficienza nel produrre idrogeno verde da biogas derivato da rifiuti fermentabili sia agricoli, sia urbani: il rifiuto si trasformerebbe da costo in risorsa energetica, massima prestazione dell’economia circolare. Si invita il Governo a prendere una posizione stimolativa in materia.

www.carlopelanda.com

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