È stato approvato Giovedì Santo il decreto legge per accelerare l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, i cui dettagli sono, quindi, sulla stampa quotidiana sin da venerdì. Oltre a una serie di misure per agevolare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Pnrr nel primo semestre dell’anno, il nuovo decreto-legge varato dal Consiglio dei ministri contiene alcuni provvedimenti per la lotta all’evasione fiscale, autentico macigno che grava sul nostro sistema tributario, con una grave distorsione dei criteri di equità sociale e di leale concorrenza tra i produttori. Basti pensare che l’evasione annuale è stimata intorno ai 110 miliardi (ma calcolando tutte le forme di gettito si arriva a 125) e che dati recentissimi dell’Agenzia delle Entrate hanno registrato 1.100 miliardi di crediti non riscossi accumulati negli ultimi 22 anni. 



Vale la pena notare che un paio di settimane prima del varo del provvedimento, un rapporto della Corte dei Conti aveva espresso perplessità sulla capacità di Governo e Pubblica amministrazione di restare nei tempi previsti dal Piano.

Quasi alle vigilia dalle vacanze pasquali, l’ufficio studi della Camera dei deputati ha prodotto un documento breve ma molto utile: essenzialmente, una tabella analitica sullo stato di attuazione degli investimenti e delle riforme previsti nel Pnrr, riforme e investimenti per i quali sono previsti “traguardi” e “obiettivi” da conseguire entro il 30 giugno 2022. Ciascun parlamentare (o forse anche ciascun cittadino) dovrebbe portarla con sé per avere pronta e piena contezza degli impegni presi con l’Unione Europea. Il documento è asettico: sintetizza la situazione, ma non contiene osservazioni di merito. Modo migliore per misurare se stiamo tenendo il passo con il cronoprogramma.



Si tenga presente che è di pochi giorni fa la notizia dell’approvazione definitiva da parte dell’Ecofin dell’erogazione della prima rata di fondi europei destinati all’Italia nell’ambito del Next Generation Eu. Un’autorizzazione arrivata a seguito delle verifiche da parte delle istituzioni europee sui risultati raggiunti dal nostro Paese nel corso del secondo semestre del 2021. Soprattutto per quanto riguarda il rispetto delle scadenze previste dal cronoprogramma del Pnrr. Adempimenti raggiunti non senza difficoltà, che sembrano ripresentarsi anche nel 2022. Entro il 31 marzo il nostro Paese avrebbe dovuto completare altre 7 scadenze. Un risultato che però, anche se per poco, non è stato raggiunto. Due di questi “traguardi”, infatti, risultano ancora in fase di completamento. Si tratta ovviamente di un passaggio non irrecuperabile, dovuto almeno in parte anche all’esplosione della guerra in Ucraina che ha assorbito in misura rilevante l’agenda del Governo. Tuttavia, si evidenziano ancora una volta le difficoltà nel rispettare l’impegnativo cronoprogramma del Pnrr. La Fondazione Open Polis sottolinea che è un piccolo ma significativo campanello d’allarme in vista di giugno, quando l’Italia dovrà inviare alle istituzioni europee una relazione sui risultati ottenuti nel primo semestre dell’anno.



Nel primo semestre 2022 sono previsti 45 interventi, di cui 15 riforme e 30 investimenti. Per la quasi totalità degli interventi (44) è previsto il conseguimento di “traguardi”(milestone in gergo Ue), ossia adozione di norme, conclusione di accordi, aggiudicazione di appalti, avvio di sistemi informativi, ecc.; l’unico obiettivo (targets) da conseguire riguarda l’assunzione di un determinato numero di addetti nell’ufficio per il processo che dovrebbe essere centrale alla riforma della giustizia.

Gli obiettivi costituiscono degli indicatori misurabili, e quindi consentono di determinare un risultato in termini di quantità raggiunta. Nella descrizione dei traguardi e degli obiettivi, il documento dell’ufficio studi della Camera si tiene conto anche delle informazioni desumibili dagli Operational arrangements (OA) tra la Commissione europea e l’Italia, firmati il 22 dicembre 2021. Si tratta degli atti formali con i quali sono stabiliti i meccanismi di verifica periodica (validi fino al 2026) relativi al conseguimento di tutti i traguardi e gli obiettivi necessari per il riconoscimento delle rate semestrali delle risorse Pnrr a favore dell’Italia. I contenuti degli Operational arrangements sono stati oggetto di negoziato con la Commissione europea e costituiscono, ai sensi della normativa europea, un passaggio preliminare per la presentazione della prima domanda di pagamento alla Commissione europea.

I 45 traguardi e obiettivi da conseguire nel primo semestre 2022 riguardano le seguenti Missioni: 

Missione 1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo: 1 obiettivo e 13 traguardi; 

Missione 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica: 14 traguardi; 

Missione 4 – Istruzione e ricerca: 8 traguardi; 

Missione 5 – Inclusione e coesione: 4 traguardi; 

Missione 6 – Salute: 6 traguardi. 

Vale la pena fare un cenno alla qualità delle “riforme” che dovrebbero essere supportate dagli investimenti del Pnrr. Mentre l’ultimo decreto fa numerosi passi avanti verso il miglioramento della Pubblica amministrazione (aumento degli organici, cambiamento radicale dei concorsi, potenziamento della Scuola Nazionale d’Amministrazione), poco si è fatto per la giustizia. La commissione Giustizia della Camera ha raggiunto una (traballante) intesa su fascicolo della performance per i magistrati, un solo passaggio in carriera fra funzione giudicante e requirente, con alcune eccezioni, addio alle nomine a pacchetti per incarichi direttivi e alle porte girevoli per le toghe in politica, sistema elettorale misto per votare i membri togati del Csm. Si dovrà vedere come domani 19 aprile le forze politiche voteranno in aula anche a ragione delle proteste corporative e le minacce di sciopero dei magistrati.

Poco da dire sull’intesa raggiunta su quella che viene pomposamente chiamata “riforma tributaria”, che è, tutto sommato, un mini (o ancor meglio bikini) ritocco dell’esistente. In materia di concorrenza si è ancora alle calende greche; a 18 anni dalla direttiva dell’Ue 2006/123/CE, conosciuta come Direttiva Bolkestein, si discetta ancora se e quando applicarla.

In materia di sanità (la cui priorità è stata mostrata a tutto tondo dalla pandemia) non si affronta il problema più serio: il rapporto dei “medici di base” e dei “medici di famiglia” con il Servizio sanitario nazionale. È difficile pensare a “case di comunità” e “ospedali di comunità” (costruiti con i fondi del Pnrr) ben funzionanti senza che il rapporto contrattuale non cambi, diventando, almeno per un certo numero di ore la settimana, un “rapporto di lavoro parasubordinato”, quindi coordinato e guidato. Si oppone soprattutto il loro ente previdenziale e mutualistico (l’Enpam) che, invece di cercare di risolvere questo nodo collaborando con il Governo e le Regioni e Province autonome, negli ultimi tempi è stato occupato dal diventare un nuovo socio del Fondo italiano di investimenti della Cassa depositi e prestiti. In ottica di medicina “di prossimità” si dovrebbe, poi, pensare a un miglior coordinamento delle 15mila farmacie, che, nella pandemia, si sono mostrate una rete utilissima per i tamponi e le vaccinazioni.

Commenti analoghi potrebbero essere fatti per altre “riforme”. Ci riserviamo di farlo man mano che il Pnrr procede.

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