Che il suo ruolo fosse uno dei più delicati all’interno dell’esecutivo Meloni era cosa ampiamente nota e riconosciuta. E per questo motivo che la Premier per la fondamentale delega al Pnnr ha scelto uno dei suoi uomini più fidati e quello con un rapporto consolidato con le istituzioni europee.

Raffaele Fitto, classe 1969, di Maglie, in provincia di Lecce, politico di lungo corso, con militanza prima nella Dc come il suo compianto papà e poi in Forza Italia, prima di entrare nel Governo era eurodeputato dell’Ecr, di cui è anche copresidente. Il suo lavoro a Bruxelles è stato apprezzato da tutte le principali istituzioni europee e il suo ruolo è stato fondamentale per arrivare alla nomina di Presidente del gruppo dei conservatori europei della stessa leader Meloni, nel 2020.



Era quasi inevitabile che per occuparsi della difficile trattativa con Bruxelles sul Pnrr e sulla messa a terra dei tanti progetti fosse messo uno come lui che da subito ha messo la sua grande esperienza e le sue abilissimi arti diplomatiche al servizio della causa. La questione, infatti, sembra assai intricata, dal momento che il Governo vorrebbe chiedere una parziale revisione del Piano, considerando come obiettivi e condizioni geopolitiche siano completamente cambiate rispetto a due anni fa.



Qualche piccolo passo avanti c’è stato nella trattativa tra Italia e Ue sulle modifiche, dal momento che Raffaele Fitto ha recentemente visto a Palazzo Berlaymont i tre commissari europei – Elisa Ferreira, Thierry Breton e Margrethe Vestager – e ha svolto anche incontri tecnici sul Pnrr. Il nodo resta quello del completamento degli obiettivi entro il 2026, in un contesto inflattivo ostile: all’Italia servirebbe più tempo. Finora sono stati due i Paesi che ufficialmente hanno chiesto e ottenuto revisioni ai loro piani: Lussemburgo e Germania. Il sì dell’Ue a Berlino è arrivato proprio mentre Fitto era a Bruxelles e rappresenta di certo una sponda per l’Italia, anche se la partita del Governo è diversa e più ampia.



La Germania è il secondo Paese dopo Lussemburgo a ottenere il via libera della commissione alla modifica. Il Consiglio avrà ora quattro settimane per il via libera definitivo e adottare il piano rivisto. Il Piano tedesco rivisto ha anche superato il doppio esame sulle circostanze oggettive che devono giustificare le modifiche e sul rispetto degli undici criteri relativi a pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza del Piano, che beneficia di fondi per 28 miliardi.

A dicembre grazie al lavoro di cesello del ministro erano stati raggiunti tutti i 55 obiettivi previsti dal Pnrr per il 2022 (sui 528 totali). Per riuscirci è stato cruciale ridare centralità alla Cabina di Regia, luogo di coordinamento e impulso, come voluto dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ringrazio” aveva detto Fitto il 28 dicembre, annunciando questo importante risultato. Ma ora il Piano entra nella fase cruciale che è quella della messa in cantiere delle opere che sono considerate strategiche e fondamentali per il Paese. Fitto nei giorni scorsi, si è occupato di raccogliere tutta la mole di dati dagli altri ministeri (qualcuno ha anche lamentato un’eccessiva ristrettezza dei tempi, ma Fitto è stato chiaramente inflessibile), per avere un quadro il più fedele possibile dello stato dell’arte e per dare un’accelerata sul Piano, dopo l’incontro svoltosi tra la Premier Meloni e la presidente Von der Leyen a Roma il 9 gennaio scorso.

In discussione, tra le altre cose, con l’Ue ci sarebbe già sul tavolo l’ipotesi di spostare alcuni progetti dal Pnrr ai Fondi di coesione, per dare così più tempo alle opere che non riuscirebbero a rispettare le rigide scadenze del Piano. Qualcuno aveva fatto trapelare anche l’indiscrezione che potrebbe essere allo studio la creazione di un ministero ad hoc, ma considerando come il lavoro del ministro sia già in questa fase incentrato proprio sul Piano, non si capisce quale sarebbe la finalità e l’utilità di una simile decisione.

I problemi e le criticità sono tanti, come emerso anche da un recente studio della Corte dei conti, che evidenziava come nell’aumento dei prezzi delle materie prime e nella difficoltà a far “atterrare” i progetti sul territorio (circa il 38% dei progetti saranno gestiti da comuni, regioni e città metropolitane o altre amministrazioni locali, circa 67 miliardi di euro) come i due fattori maggiormente critici per la realizzazione del piano, cosi come è stato concepito. Le maggiori difficoltà in tal senso si riscontrano al Sud, dove è previsto che dovrebbe transitare circa il 40% dell’intero pacchetto da 191,5 miliardi di euro di aiuti. Si tratta di circa 80 miliardi di euro, che però rischiano, almeno in parte, di non essere spesi, a causa dei noti problemi burocratici riscontrati anche con i Fondi di coesione europei negli anni passati, spesso tornati indietro per l’incapacità delle amministrazioni locali ad approvare e mettere in opera i progetti preposti.

Giuseppe Massafra, Segretario nazionale della Cgil con delega sul Sud, nei giorni scorsi ha voluto mettere le cose in chiaro: “La preoccupazione è molta. Soprattutto per la quota di risorse destinate direttamente ai territori, in particolare dai Comuni. A quel livello si registrano le difficoltà maggiori a presentare progetti. E poi a darvi attuazione. Così come, proprio a quel livello, si registrano problemi nella gestione della governance dei processi legati all’attuazione del Pnrr. Occorre introdurre correttivi e farlo presto”. Già proprio quei correttivi che adesso la cabina di regia di Fitto faticosamente sta cercando di trovare, anche grazie ad un delicatissimo lavoro di cesello e di dialogo costante con le istituzioni europee. Un rapporto della Svimez ha sottolineato come la situazione al Sud per quanto riguarda il Pnrr è quella che mostra le maggiori preoccupazioni. “Tra le maggiori criticità riguarda questo fatto: per quasi un terzo dell’intera cifra, 28,2 miliardi, non ci sono vincoli reali nella destinazione delle risorse ma solo stime sulle potenziali domande. Insomma, le risorse già sicuramente destinate e vincolate sono quelle del ministero delle Infrastrutture che sono andate in parte a finanziare opere già programmate con altri fondi”.

Ma per molti Comuni la capacità di presentare progetti è fortemente minata dall’assoluta mancanza di personale e di figure specialistiche. Una parte consistente delle risorse, soprattutto quelle per le infrastrutture sociali – dai nidi alle palestre passando per l’economia circolare – saranno assegnate proprio attraverso bandi a cui si partecipa presentando progetti messi in competizione tra loro e senza il vincolo della quota Sud. Basti ricordare che fu proprio il Sindaco di Milano Sala qualche settimana fa che chiese pubblicamente che le risorse non assegnate al Sud per mancanza di progetti venissero riassegnate al Nord “più virtuoso”.

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