Prima ancora del Pnrr sono stati sviluppati a livello internazionale gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals o SDGs). Si tratta di una raccolta di 17 obiettivi globali, a loro volta suddivisi in 169 sotto-obiettivi o target, da concretizzarsi entro il 2030. La loro realizzazione la troviamo in parte anche nelle missioni e nei progetti finanziabili del Piano nazionale di rilancio e resilienza e il denominatore in comune è l’obiettivo che siano garantiti i diritti fondamentali e adeguate condizioni di salute, caratterizzato altresì da economie green basate sui principi di uguaglianza e di inclusività ancorate al Programma strategico per l’IA (Intelligenza artificiale 2022-2024), che traccia politiche volte ad accelerare l’innovazione e lo sviluppo delle potenzialità dell’Intelligenza artificiale.
Stiamo parlando del 2021, quando l’economia italiana era mirabilmente rimbalzata, dopo il -8,9% del 2020 (occorre andare indietro alla Seconda guerra mondiale per trovare un dato del Pil tanto negativo), e da record: nel 2021 il Pil è cresciuto del 6,6% rispetto all’anno precedente. Il miglioramento si prevedeva continuasse prima della guerra in Ucraina e dell’inflazione che galoppa: oggi si prevede che la crescita dei prezzi dei beni energetici contribuisca a un deciso aumento del deflatore della spesa delle famiglie residenti nell’anno corrente (+5,8%), i cui effetti dovrebbero attenuarsi nel 2023 (+2,6%).
Le prospettive per i prossimi mesi sono caratterizzate da elevati rischi al ribasso quali ulteriori incrementi nel sistema dei prezzi, una flessione del commercio internazionale e l’aumento dei tassi di interesse. Anche le aspettative di famiglie e imprese potrebbero subire un significativo peggioramento, lo sviluppo e l’utilizzo di intelligenze artificiali, così come accade in relazione ad altre tecnologie innovative, è spesso associato non solo all’idea di progresso, ma anche a un possibile impatto negativo sulle persone e sul pianeta.
Il valore aggiunto dell’utilizzo dell’IA in campo economico è sicuramente rilevante per l’ottimizzazione delle risorse materiali e di quelle umane. Se nel primo caso l’IA è in grado di supportare le aziende nel ridurre al minimo gli sprechi e nel riciclare persino le rimanenze della produzione – sistema che se applicato in larga scala potrebbe avere un importante impatto sulle emissioni di carbonio e sulla produzione di microplastiche -, nel secondo può consentire di supplire a carenze di personale (ad esempio, in campo medico per diagnosi e monitoraggio del paziente) o di sostituire il personale nelle attività ripetitive a basso valore aggiunto o ad alto livello di pericolosità intrinseca, conducendo potenzialmente a una riduzione drastica degli incidenti sul lavoro.
Ma il livello molto alto di consumo energetico indispensabile per il corretto funzionamento delle risorse che servono per sviluppare gli strumenti necessari, e soprattutto il rischio di accessibilità limitata dell’IA proprio nei territori in cui sarebbe più utile, per ragioni legate al costo degli strumenti e delle risorse necessarie per avvalersene, può creare appunto il cosiddetto digital divide. Quindi, ora nella predisposizione dei progetti del Pnrr per quanto attiene l’Intelligenza artificiale particolare attenzione deve essere data al programma di attuazione delle politiche attive per il lavoro, dove è ancora assente un approccio tecnologico adeguato al XXI secolo, in grado di superare la ventennale riproposizione dei classici sistemi informativi per il lavoro.
L’obiettivo principale delle politiche per il lavoro, degli strumenti di orientamento e formazione previsti nel Pnrr è quello di accrescere l’occupabilità. Con lo scambio effettivo delle banche dati e con poca spesa avremo molta resa perché l’Intelligenza artificiale deve essere utilizzata per svolgere in modo efficace e veloce attività altrimenti delegate agli operatori dei CPI e agli orientatori: nelle azioni di analisi delle competenze e di misurazione dell’occupabilità, nel supporto nella scelta del percorso formativo, consentendo di rendere davvero operativi gli strumenti finora rimasti sulla carta, come il libretto formativo e il fascicolo elettronico del lavoratore, e di rafforzare l’efficacia della gestione dell’apprendistato, facendolo divenire finalmente lo strumento principale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
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