Quale sarà il futuro della montagna senza (o con poca) neve? Un quesito dolorosissimo per tutti i gestori degli impianti sciistici, ma anche per i titolari delle attività ubicate in località turistiche invernali, che sopravvivono proprio grazie agli appassionati della “dama bianca”. Eppure, va affrontato, perché la realtà che anno dopo anno si palesa agli occhi di tutti è una sola: nevica sempre meno, anche a quote dove, in passato, i fiocchi non sono mai mancati. Dieci gradi centigradi sulle piste da sci – addirittura 16 lo scorso 2 gennaio 2023 a Oberstdorf, che ha appena ospitato il Tour de Ski di sci di fondo – sono l’istantanea più adatta per immortalare l’emergenza climatica che ci troviamo ad affrontare. Addirittura, l’Abetone ha chiesto al governo lo stato di calamità.



Il “Corriere della Sera” ha riportato una previsione ancora più catastrofica: “Météo France ha previsto che, con queste condizioni, tra venti anni l’innevamento artificiale non basterà più a compensare la carenza di neve in montagna. E, secondo l’Università di Basilea, a metà del secolo non ci sarà più neve sotto i 1.800-2mila metri”.



POCA NEVE IN MONTAGNA: CANNONI HI-TECH SOLUZIONE OPPURE NO?

Per provare a porre un argine al problema della poca neve in montagna, perché non ricorrere all’utilizzo dei cannoni hi-tech, che producono neve ad alte temperature? Proprio il “CorSera” ha riferito che in Italia li sta sperimentando la località sciistica più bassa del Belpaese, Bolbeno (575 metri sul livello del mare). A rispondere è la scienze: “Per la neve servono temperature, almeno notturne, dal grado zero in giù. Non esistono veri cannoni capaci di invertire il corso del meteo e il destino del clima. Sarebbe fantascienza, non scienza”



Ciò di cui si parla per gli Appennini si chiama “fabbrica per la neve”: si tratta, sostanzialmente, di “container che producono del ghiaccio al proprio interno e che dovrebbero essere posti sulle piste a breve distanza l’uno dall’altro. Talvolta uno sopra l’altro come un piccolo condominio. […] Sebbene questo ghiaccio abbia una maggiore resistenza della neve, dieci gradi rimangono dieci gradi. Vuole dire continuare a tenere accese le macchine giorno dopo giorno per cambiare il corso della natura e il consumo di energia rimarrebbe un costo enorme per il bilancio del cambiamento climatico così come lo spreco d’acqua”. Insomma, soluzioni all’orizzonte per risolvere il problema connesso alla carenza di neve in montagna non se ne vedono: certo, c’è sempre il tema della conversione economica delle località montane, ma le incertezze non sono poche…