La produzione dell’olio extravergine in Europa – Italia e Spagna tra le principali protagoniste – sta crollando vertiginosamente, arrivando ad essere circa di 300,000 tonnellate. Un problema non indifferente, se si pensa che il mercato di olio d’oliva è uno dei più redditizi e che proprio noi italiani ne siamo i primi consumatori al mondo e secondi in classifica per esportazione.
Il crollo della produzione di olive è da ricercare in molti fattori: tra i principali, il cambiamento climatico e la frammentazione produttiva. Al tutto, dobbiamo aggiungere anche il costo per la produzione, dovuto anche all’aumento del prezzo dell’energia elettrica, che negli ultimi anni è diventato un elemento chiave per molti imprenditori.
Olio extravergine: aumenta il prezzo medio
Come ci ha abituato a ragionare una vecchia legge del mercato e della finanza, quando la materia prima scarseggia, il prezzo medio aumenta. L’olio di oliva non farà eccezione: si stima che l’extravergine di origine europea non arriverà mai a costare meno di 6 euro al chilo fino ad arrivare ai 13-14 euro.
Il momento peggiore, si calcola, arriverà tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2024, come ricorda Libero: “Quando le partite di olio nuovo transiteranno con una velocità mai vista dai magazzini agli impianti dei grandi imbottigliatori e le catene della grande distribuzione riceveranno dall’industria olearia richieste di revisione al rialzo dei listini con cadenza settimanale”.
Non è la prima crisi del settore olio extravergine…
Già all’inizio di quest’anno, Norisma (una società che realizza ricerche di mercato e consulenze per le aziende, ndr) aveva presentato uno studio che sosteneva quanto fosse importante investire e modernizzare tutto il settore, in modo tale da incrementare accordi con le imprese industriali e commerciali e riuscendo così a garantire una maggiore vendita del prodotto.
In quel frangente, lo studio aveva anche sottolineato quanto fosse importante includere l’olio extravergine d’oliva tra i prodotti-cibo, in modo tale da dare valore all’intera filiera e diminuire così il carico della dipendenza dalle scelte dei consumatori al solo prezzo di listino. Ad oggi, comunque, non si sa ancora quali saranno le conseguenze sull’intero settore, ma non è un caso se alcuni paesi come il Marocco si stanno già iniziando a muovere in tal senso. È di inizio ottobre, infatti, la scelta da parte dei marocchini di non esportare più olive ed olio, in modo tale da tenere sotto controllo prezzi e consumi.