Decine di milioni di profughi e migranti rischiano di non ricevere i vaccini anti Covid perché alcuni grandi produttori sono preoccupati dai rischi legati da eventuali effetti collaterali dannosi e quindi per eventuali richieste di risarcimento. Lo rivelano funzionari e documenti interni di GAVI Alliance, ente di cooperazione mondiale la cui missione è quella di garantire l’immunizzazione nei paesi poveri, esaminati da Reuters. A due anni dalla pandemia Covid, a quasi un anno dalla realizzazione dei vaccini contro l’infezione da coronavirus, solo il 7% circa delle persone nei paesi a basso reddito ha ricevuto una dose. Colpa dei ritardi nelle consegne dei vaccini, legati a problemi di produzione, accaparramento da parte dei paesi ricchi, restrizioni all’esportazione e burocrazia.
Molti produttori di vaccini anti Covid, secondo quanto rivelato dunque dall’agenzia di stampa britannica, hanno chiesto ai paesi che indennizzino gli individui che dovessero riportare eventi avversi. Ma ci sono dei paesi dove la situazione politica non è stabile. Pensiamo a Myanmar, Afghanistan ed Etiopia, dove le persone sono fuori dalla portata dei programmi di vaccinazione dei governi nazionali.
VACCINI A MIGRANTI, “REBUS” RISARCIMENTI
Per rifugiati, migranti e richiedenti asilo, così come per le persone afflitte da disastri naturali, il programma globale di vaccini noto come Covax garantisce loro l’accesso ai vaccini, promosso da GAVI, un’alleanza tra pubblico e privato. Questo meccanismo però non prevede indennizzi e risarcimenti. GAVI, che gestisce il programma Covax con l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha fatto sapere che le ONG non possono farsi carico di rischi legali, quindi ad occuparsi delle consegne devono essere solo i produttori di vaccini, che però non intendono accettare di assumersi le responsabilità. Le case farmaceutiche che sono disposte a farlo in queste circostanze forniscono solo una minoranza dei vaccini del programma, secondo quanto rivelato a Reuters da persone che hanno familiarità con la questione e i documenti, scritti dal personale della Gavi per una riunione del consiglio di amministrazione della fine di novembre. Moderna, AstraZeneca e Pfizer hanno rifiutato di commentare la vicenda, ma hanno ribadito l’impegno a rendere disponibili le dosi di vaccino alle nazioni più povere a prezzi relativamente bassi. Ad esempio, Pfizer ha fatto sapere che sta collaborando con i governi di Giordania e Libano per donare vaccini ai rifugiati.
“167 MILIONI DI PERSONE A RISCHIO ESCLUSIONE”
Dati alla mano, proprio per queste preoccupazioni di natura legale, meno di 2 milioni di dosi di vaccino sono stati inviati, quindi circa 167 milioni di persone rischiano di essere escluse dai programmi nazionali, secondo i numeri delle Nazioni Unite citati nei documenti. Dai documenti di GAVI emerge chiaramente che, a meno che tutte le case farmaceutiche non accettino di assumersi la responsabilità legale, “l’accesso ai vaccini per alcune popolazioni resterà una sfida“. Inoltre, si aggiunge che nuove crisi potrebbero suscitare una domanda aggiuntiva per coprire le popolazioni sfollate. Un portavoce di GAVI a Reuters ha dichiarato che la riluttanza dei produttori di vaccini ad assumersi i rischi legali legati ad eventuali eventi avversi “è un grande ostacolo” per la fornitura di vaccini ai migranti. Seth Berkley, amministratore delegato di GAVI, a settembre aveva affrontato pubblicamente la questione, twittando un appello ai produttori per rinunciare ai loro requisiti di indennità legale. Sarebbero solo tre le case farmaceutiche che hanno deciso di sostenere i rischi legali e sono tutte e tre cinesi: SinoVac, Sinopharm, e Clover Biopharmaceuticals.
VACCINI COVID, PRIMI RISARCIMENTI
Ma Johnson & Johnson dagli Stati Uniti ha fatto sapere che rinuncerebbe al requisito. La Federazione internazionale dei produttori e delle associazioni farmaceutiche (IFPMA) ha fatto sapere che “nessuna azienda ha rifiutato di prendere in considerazione” l’assunzione del rischio legale, ma nel caso del programma in questione alcune aziende hanno ritenuto di non poterlo fare senza la piena conoscenza di dove e come i vaccini sarebbero stati usati. Sarebbe difficile, ad esempio, monitorare continuamente la corretta conservazione dei vaccini nei campi profughi, e la consegna è logisticamente molto impegnativa e non adatta a tutti i tipi. Quindi, si teme che la gente possa attribuire ai vaccini problemi che magari potrebbero essere legati ad una conservazione sbagliata degli stessi o a problemi di natura logistica.
Al momento negli Stati Uniti non c’è stato alcun risarcimento, né nei paesi a basso reddito. Invece in Europa ci sono stati indennizzi (ma gli importi non sono stati rivelati), come emerso dai dati ufficiali di Danimarca, Germania, Norvegia e Svizzera. Va poi considerato il fatto che solitamente, in circostanze normali, i produttori di farmaci acquistano un’assicurazione per coprire la responsabilità per i potenziali effetti avversi dei vaccini. Ma la pandemia li ha costretti a sviluppare i farmaci così rapidamente che alcuni rari effetti collaterali – per esempio, una rara condizione di coagulazione del sangue in alcuni di coloro che hanno preso il vaccino AstraZeneca – sono emersi dopo le somministrazioni.