Alle trovate di marketing dovremmo ormai essere abituati. Ogni giorno infatti ci raggiunge qualche notizia di un presunto scandalo, per poi scoprire che è soltanto l’ennesima trovata per far parlare di sé. Negli ultimi giorni l’attenzione mediatica e letteraria si è concentrata sul primo libro di poesie di Giorgia Soleri, influencer, modella e, come i giornali hanno voluto sottolineare, fidanzata di Damiano, frontman dei Måneskin. Il libro La signorina nessuno (Vallardi), ha suscitato un nuovo fermento di opinioni tra le generazioni di poeti e poetesse: chi a favore della Soleri, chi tenacemente contro, sostenendo la propria trincea di parole con, da una parte, i “ben venga dare spazio alle voci giovani che svecchiano lo stile poetico” e dall’altra la tesi “questa non è poesia”.
Cosa pensare dell’operazione di marketing che, nel mondo editoriale di nicchia della poesia, sfrutta il momento di “Solerifidanzata di Damiano”? Discutendo se sia o no poesia si rischia di cadere nel tranello del giudizio connotativo, del bello o brutto, dimenticando che quella della Soleri tecnicamente lo è, per i testi in versi, per gli a capo ragionati, per la scelta precisa di parole. Se poi i versi in questione siano validi o meno, il giudizio è rimesso ai lettori.
Altri nomi, più o meno noti nell’ambiente poetico, hanno sostenuto che abbiamo bisogno di voci giovani come la Soleri per rimuovere un po’ di quella patina opaca che, agli occhi di lettori inesperti di poesia, permane come un filtro appannato da insegnamenti sbagliati, quelle lezioni sui banchi di scuola dove passa l’idea di un oggetto noioso, vetusto e triste. Una grande incomprensione che si perpetua da anni. Dunque ben vengano i giovani, come dicono; e si potrebbe essere d’accordo, se davvero la Soleri fosse la mano che pulisce quel vetro offuscato.
Da quanto però si può intuire dai suoi profili social, l’autrice incarna esattamente l’idea stereotipata del poeta, a cui la poesia arriva solo per ispirazione personale, musa passeggera, spontaneità del momento da catturare, senza il quale non è possibile scrivere. L’autrice, gelosa della sua intimità, ha fatto leggere i suoi testi prima della pubblicazione solo a pochissimi amici selezionati, quelli che potessero sentire ciò che ha sentito lei. Atteggiamento condivisibile ma appartenente al solito cliché, al punto da rivelare che di svecchiamento non c’è niente.
Altrove, fuori dal mondo impazzito e impaziente dei social, dei “famosi” e di chi prova a veleggiare con il vento di ciò che va di moda, operano autori giovani e giovanissimi di talento che stanno trovando la propria voce autentica. Giovani che davvero svecchiano un’arte che normalmente si relega nel passato, affidata ai “soliti” giganti della letteratura come Dante, Petrarca, Boccaccio, Leopardi e Montale. Ma la grande editoria, schiava dei numeri, sembra incapace di proporli.
Per evitare le sempre più frequenti trovate di marketing che invadono i cataloghi editoriali al solo scopo di aumentare le vendite, abbassandone la qualità, occorre che la poesia nasca dalla comunità, non dal mercato o dal singolo chiuso in una stanza, come spesso si immagina il poeta. Ad essa bisogna educarsi ed educare; se ne deve parlare e può fare anche scandalo, ma per forza di parola, non d’immagine. Ci si chieda: il libro di Giorgia Soleri è venduto perché è poesia o perché è stato scritto da lei? Ed è stato infine pubblicato perché è lei o perché è “la fidanzata di Damiano”?
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