La guerra decompone, la poesia compone. Per questo contro ogni guerra ho invitato un po’ di amici alle ore 19.30 del 2 marzo per una spontanea lettura di poeti per la pace.

Non vogliamo la guerra di Putin e neanche la guerra della Nato, vorremmo un’Europa che, come diceva Papa Wojtyła, o è “dall’Atlantico agli Urali” o non è. Ma per questo occorrerà un’azione politica lunga e coraggiosa, libera dalle burocrazie e dalle lobby che hanno determinato troppo spesso gli indirizzi europei. Ma i poeti possono avere visioni e offrirle alla politica, non altro. Di certo, le visioni dei politici ci hanno portato a questo, e non è granché.



In concomitanza con l’appuntamento della giornata di digiuno e preghiera proposta da Papa Francesco, ho invitato alcuni amici poeti a recitare poesie in nome della pace di fronte alla Chiesa di Santa Maria della Vita e al Portico cosiddetto della Morte.

Nel luogo dove a Bologna si dava cura ai derelitti, i poeti partecipanti, tra cui Alberto Bertoni, Eva Laudace, Barbara Herzog e altri, leggeranno alcune poesie in nome del popolo ucraino sofferente. Contro la guerra, contro tutte le guerre. Chiunque può partecipare.



Io inizierò la serata con la lettura di un poeta russo e di uno ucraino.

La cultura non deve partecipare all’evento della guerra secondo le logiche della contrapposizione, ma secondo la bellezza dell’ascolto, della condivisione. Per questo non ho condiviso, come altri, il gesto de La Scala di escludere musicisti russi che non facessero abiura contro il loro governo. Lo chiederanno anche ai cinesi contro la dittatura di Pechino? O ai turchi? Con quale rischio per gli artisti e i loro cari? È un modo miope di intendere la cultura come “partner” della guerra invece che come prima zona di contrasto alla guerra.



La guerra decompone, l’arte e la poesia compongono. Per questo saremo in un luogo sacro e dolente di una città italiana a recitare le nostre e le altrui poesie. Come una fiaccola nella notte, e un inizio di visione, mentre tutto sembra cieco.

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