Mutuo da altri tempi e circostanze una espressione che si applica all’attuale contrapposizione “allarmisti vs negazionisti della pandemia”: opposti estremismi sul covid.

In quanto opposti si contrappongono, in quanto estremismi si assomigliano. Il proliferare delle precauzioni, ad esempio, porta gli allarmisti a sentirsi al sicuro (“la sicurezza prima di tutto”) e i secondi a sfidarle spavaldamente (“tutte limitazioni della mia libertà”). Comportamenti opposti accomunati da una medesima assunzione: “rischio zero”.



A me sembra che innanzitutto occorra prendere atto che il “rischio zero” non esiste. C’è un certo modo di insistere sulle regole, così come di eluderle, che equivale a illudersi che sia così.

Se il rischio zero non esiste, allora il problema è assumersi – e non evitare –  il rischio e il rischio lo si assume a fronte di un beneficio.



Vado a fare una scalata e faccio la valutazione (la faccio davvero, magari inconsapevolmente, ma realmente) che:

– il rischio (la probabilità di cadere – che stimo bassissima –, combinata con la previsione del danno, una frattura ad esempio) sia minore del

– beneficio (la probabilità – quasi la certezza – di avere un vantaggio che prevedo significativo: sarà bellissimo).

Ci assumiamo il rischio quando il beneficio è più grande: ne vale la pena. Dipende dunque dalla valutazione che facciamo.

La valutazione, però, può essere fortemente distorta: noi siamo propensi ad assumerci il rischio quando il beneficio è un beneficio personale, diretto e pressoché esclusivo (quando è, in sostanza, un tornaconto personale).



Vado a cena con tanti amici e non prendo precauzioni. Oppure, non vado in pizzeria neppure con mia moglie, per precauzione. In entrambi i casi, faccio una stima dei costi e dei benefici senza troppi problemi. Stime diverse portano a scelte opposte, ma il beneficio – e anche l’eventuale danno – in ogni caso ricade essenzialmente su chi le fa (o almeno così si pensa).

La cosa si complica molto quando il beneficio è collettivo e non così diretto e personale: riguarda il bene comune e non il mio tornaconto. Avrei interesse in realtà (perché il bene comune è anche il mio bene), ma non ho l’evidenza di un mio tornaconto.

Il senso di appartenenza qui è decisivo perché la valutazione del beneficio dipende da questo: se la quota di beneficio, che avverto ricadere su di me, è piccola o addirittura nulla, allora non mi assumo nessun costo. I no vax sono esattamente così: poiché vaccinarmi mi costa e non ho nessun beneficio (perché il virus è debellato dalla vaccinazione degli altri), non mi vaccino. Interesse – e appartenenza – zero, tornaconto massimo.

È il senso di appartenenza – e non la mancanza di libertà – che ha reso possibile l’uso di Immuni, lo scaglionamento degli orari delle scuole e degli uffici e restrizioni molto severe in Paesi come Cina, Sud Corea, Giappone o Singapore.

Tutto ciò se ci fermiamo ad una valutazione fatta implicitamente o “di pancia”.

Per questo è importante una valutazione dei rischi esplicita (non secretata): essa permette l’assunzione cosciente e razionale delle responsabilità e delle scelte. Ciò vale certamente a livello dei governi, ma si applica anche ai singoli individui, a ciascuno di noi.

Lo avevano capito bene gli antichi greci. Tucidide, nel IV secolo a.C., riporta il discorso di Pericle:

“Noi Ateniesi, solo noi, prendiamo le nostre decisioni e le sottomettiamo a discussioni appropriate … La cosa peggiore è passare all’azione prima che le conseguenze non siano state adeguatamente valutate … Noi siamo capaci ad un tempo di assumerci i rischi e di stimarli in anticipo. Per gli altri, l’ignoranza porta all’azzardo ed il calcolo ragionato all’indecisione; e quando smettono di pensare, cominciano a provare paura”.

Già, la paura: l’opposto estremismo dell’incoscienza. Sta radicandosi nei comportamenti e, come per il virus, scende l’età media dei contagiati.

La paura la si contrasta con il “Noi Ateniesi”, cioè con il senso e l’evidenza di fare “parte di” (di un Paese, di una città, di una azienda, di una famiglia, di una associazione: di un “noi”). Ognuno può contribuire a questo compito semplice – e difficile – di rafforzamento del “noi”. È una delle opportunità di questo tempo.

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