Parlando a Capri al Convegno dei Giovani Industriali, la presidente Emma Marcegaglia ha nuovamente criticato il Governo. Ovviamente la leader della più importante organizzazione imprenditoriale ha tutto il diritto di esprimere delle preoccupazioni per un quadro politico che si sta avvitando sempre più velocemente su se stesso e correndo verso elezioni anticipate, mentre il paese avrebbe ancora bisogno di una guida salda e sicura. La classe politica nel suo insieme non sta fornendo una buona prova di sé.



Chi ha assistito al crollo della Prima Repubblica si sta rendendo conto che anche la Seconda ha ormai i giorni contati. Quale sarà il profilo della Terza non è dato capire. Almeno per ora. Eppure – questo è il punto su cui le parole di Emma Marcegaglia non sono condivisibili – il Governo non è paralizzato, ma continua a svolgere, tra gli scandali veri o inventati, il suo compito con impegno e con risultati importanti. Nei giorni scorsi la Camera ha approvato in via definitiva il “collegato lavoro”, un provvedimento tanto ricco di contenuti da qualificare la politica del lavoro di un’intera legislatura (ammesso naturalmente che le eventuali elezioni anticipate non arrivino troppo presto).



Il Governo ha promesso, poi, di rifinanziare la cassa integrazione in deroga (si sarà accorta la Confindustria di aver potuto disporre, negli anni più bui della crisi, di un adeguato fabbisogno per quanto riguarda l’intervento degli ammortizzatori sociali?), di riproporre la detassazione – con parametri e requisiti più favorevoli – delle quote di retribuzione erogate in cambio di una maggiore produttività. Inoltre, il ministro Maurizio Sacconi è pronto a presentare un progetto di legge sullo Statuto dei lavori, nel quale sono stati annunciati importanti cambiamenti allo scopo di adattare le norme e le tutele alle diverse situazioni del mercato del lavoro.



Si tratta di impostazioni particolarmente innovative che proseguono nella linea iniziata con l’accordo quadro del 22 gennaio 2009 sulla riforma delle regole contrattuali: una linea sostenuta e condivisa dalla totalità delle parti sociali (con la sola autoesclusione della Cgil) che ha consentito il rinnovo – praticamente in assenza di conflittualità – di una sessantina di contratti nazionali. Certo, la presidente Marcegaglia può replicare che non esiste solo la politica del lavoro, che il Governo non ha una politica industriale e che non è sufficiente difendere la stabilità dei conti pubblici, ma occorre rafforzare la crescita con provvedimenti a favore delle imprese. Misure che, peraltro, sono annunciate non appena le compatibilità economiche lo consentiranno (la riforma fiscale e il riordino del sistema universitario sono in lista d’attesa).

Ma che ci sia un’aria diversa in viale dell’Astronomia lo si comprende anche dall’andamento del confronto tra la Confindustria e le confederazioni sindacali. Quasi volesse temperare la linea dura della Fiat, la Confindustria si è precipitata ad associare anche la Cgil al tavolo del patto sociale, dove le parti stanno compilando una lista di richieste da presentare al Governo, senza preoccuparsi minimamente di indicare come loro intendono agire nell’ambito delle materie di diretta competenza.

 

È un confronto, quello aperto, che si sta instradando sullo stesso binario morto su cui finì il Patto di Natale del 1998, quando i sindacati vollero regalare al governo D’Alema un monumento fatto di chiacchiere, peraltro apprezzato a tal punto dal premier che volle sottoporlo, in modo propagandistico, a un voto del Parlamento.