Il referendum a Mirafiori ha assicurato una vittoria chiara ai sì, ma il tormentone di un dibattito improntato alla disonestà e dominato dagli idola tribus dell’ideologia è lontano dall’aver trovato un’adeguata soluzione. Anziché il conteggio dei sì e dei no sta prevalendo in certi ambienti l’interpretazione del voto, secondo una logica, un po’ truffaldina, che rischia di trasformare una sconfitta in una vittoria, quanto meno a metà.



I dati di fatto sono noti: mentre nel voto degli operai il sì è prevalso di strettissima misura, determinante in quello complessivo è stato il pronunciamento degli impiegati. Inoltre, più critico è stato il voto di quelle tute blu direttamente interessate ai cambiamenti previsti nell’accordo del 23 dicembre. Tale esito sta consentendo a Landini e ai suoi di cantare vittoria e di ottenere l’applauso in sede di Comitato direttivo della Cgil, mentre è in corso un cambiamento di linea politica della confederazione.



Susanna Camusso si è guardata bene dal rinnovare alla Fiom la richiesta di una firma tecnica dell’accordo, come aveva fatto nelle settimane precedenti, forse perché si aspettava un risultato favorevole più netto (e una sconfitta più marcata della “setta” dei metalmeccanici). La nuova linea di condotta sembra essere la seguente: tenendo conto del voto, la Fiat dovrebbe riaprire la trattativa e dare ascolto alle istanze della Fiom che tanto seguito hanno avuto tra i lavoratori; nello stesso tempo occorrerebbe aprire, con la Confindustria e le altre sigle sindacali, un negoziato sulla rappresentanza per il quale la Cgil ha già avanzato delle proposte.



In sostanza, se qualcuno si aspettava un redde rationem in casa Cgil è bene che si ricreda, perché non sarà cosi: le due anime continueranno a convivere, anche perché, al dunque, sono molto più numerosi i tratti comuni che le differenze. Che cosa potrà succedere, dunque, nei prossimi mesi? Come evolverà la situazione dopo settimane di polemiche al vetriolo e di menzogne invereconde sui contenuti dell’accordo e in merito ai suoi effetti non solo sul modello di relazioni industriali ma persino sulla tenuta del tessuto costituzionale e democratico del Paese?

Premesso che non sarà irrilevante quanto accadrà nel contesto del quadro politico ed economico, la situazione attuale potrebbe essere descritta – e in parte spiegata – con la rappresentazione di due grandi corse, partite e destinate ad arrivare a destinazioni opposte, magari senza incontrarsi neppure a metà strada. Da ovest verso est marcia il convoglio di Sergio Marchionne, sul quale viaggiano un po’ riluttanti e preoccupati anche i sindacati riformisti; da est verso ovest quello su cui sono imbarcati tutti gli altri protagonisti del sistema di relazioni vigente, compresa, seppure in incognito, la Confindustria.

 

La domanda è: sarà più veloce la linea di Marchionne nell’andare a regime negli stabilimenti Fiat e nel “fare scuola” nei confronti di altre imprese che hanno gli stessi problemi oppure la coalizione avversa riuscirà a conferire allo “strappo” di Pomigliano e Mirafiori un carattere eccezionale e a riportarlo, nel tempo, all’interno dei soliti canoni?

 

L’Italia è un Paese in cui i cambiamenti sono molto difficili. È troppa la fatica necessaria a compiere anche soltanto dei piccoli passi in direzione del rinnovamento. Il manager italo-canadese, poi, agisce con un angolo di visuale limitato agli interessi della sua impresa, non ha certo né il tempo, né la vocazione del riformatore del modello di contrattazione. Risolti i suoi problemi (e non è detto che lo siano) gli altri si possono arrangiare.

 

La Confindustria ha già predisposto il percorso della normalizzazione: basta chiamare contratto nazionale del settore auto gli accordi ora limitati ai singoli stabilimenti, costituire la Federazione dell’Auto all’interno di Confindustria, ripristinare il rapporto tra Fiat e Fiom, mediante un accordo interconfederale sugli organismi di rappresentanza. All’interno di questo disegno potrebbe starci sicuramente la Cgil. E magari la stessa Fiom. Anche la follia più implacabile a volte consente dei momenti di lucidità.

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