All’operazione Newco-Fiat arrivano, giorno dopo giorno, importanti conferme. Dalla politica innanzitutto. Settori importanti del Pd si arrampicano sugli specchi cercando di salvare i punti centrali dell’accordo per quanto riguarda gli investimenti e l’organizzazione del lavoro, ma criticano le soluzioni individuate per il riconoscimento della rappresentanza sindacale in azienda. Non si rendono conto (o forse non possono fare altrimenti) che si tratta di due facce della stessa medaglia.
Anche la Cgil, con Susanna Camusso, ha mandato dei segnali nuovi e interessanti. Purtroppo questo sindacato è condannato dai suoi geni maligni a compiere con fatica e in forte ritardo dei piccoli passi nel corso di tempi lunghissimi; e ad arrivare, nonostante gli sforzi tremendi, tardi rispetto all’urgenza delle scelte. Tuttavia, va sottolineato che la Cgil ha invitato la Fiom a sottoscrivere l’accordo se nel referendum dovessero prevalere i sì.
Anche al centrodestra e al governo Marchionne ha fatto lezione, dimostrando che a volte è giusto impegnarsi anche in battaglie difficili, ritenute impopolari. Quando si ha ragione non si devono temere più di tanto gli avversari, che, alla fine, si riveleranno delle tigri di carta. Il Lingotto attende delle nuove e più significative conferme, ma il D-Day sarà, la settimana prossima, quello in cui si svolgerà il referendum, quando il voto dei lavoratori in carne e ossa si rivelerà assai più maturo dell’orientamento dei tanti profeti di sventura. Poi si vedrà. Avrà inizio un’altra storia.
Il ciclone scatenato da Marchionne sarà riassorbito in un nuovo ordine, come sta cercando di fare la Confindustria (d’accordo con la Cgil) oppure continuerà a produrre i suoi effetti di rinnovamento senza rete? L’ad italo-canadese non si è sicuramente posto l’obiettivo di rifondare il sistema delle relazioni industriali. Il suo unico cruccio è stato quello di “mettere in sicurezza” il piano di investimenti che il gruppo Fiat-Chrysler intende fare in Italia, individuando uno strumento contrattuale adeguato e sostenibile, in grado di impostare una logica di scambio effettivo con i propri dipendenti nell’unico modo possibile: erogare le risorse disponibili direttamente in azienda in cambio di orari e organizzazione del lavoro coerenti con gli obiettivi posti, in condizione di partnership con le organizzazioni sindacali che quegli obiettivi lealmente condividono.
Ma il vero capolavoro di Marchionne è il marchingegno giuridico-istituzionale, individuato per escludere la Fiom. Tutto regolare, dalla prima all’ultima parola. Il Lingotto si avvale in primo luogo di uno dei principi su cui, nel dopoguerra, si è edificato il sistema delle relazioni industriali in mancanza della legge attuativa dell’articolo 39 Cost.: il principio del reciproco riconoscimento, in base al quale le parti sono libere di negoziare con gli interlocutori che scelgono; l’allargamento del club delle parti che abitualmente contrattano tra di loro avviene solo di comune accordo.
In base a questo principio, per esempio, le tre maggiori centrali sindacali hanno ottenuto l’esclusione dal tavolo comune delle altre confederazioni, mentre la Confindustria ha fatto lo stesso con le altre controparti datoriali. È normale, allora, che questa regola di fair play valga oggi anche nei confronti della Cgil e che l’accordo preveda una sua adesione postuma all’intesa di Mirafiori solo se tutte le organizzazioni sottoscrittrici sono d’accordo.
Lo stesso discorso vale per il riconoscimento delle Rsa. La Fiat si avvale niente di meno che di un articolo dello Statuto dei lavoratori (l’articolo 19) il quale, modificato in seguito al referendum del 1995, stabilisce che sono abilitate a costituire Rsa le organizzazioni firmatarie del contratto che si applica in azienda. È difficile immaginare come finirà questa vicenda.
La mossa di Marchionne offre delle opportunità insperate al governo. Un suo nemico implacabile come la Cgil è stato messo in un angolo e con le spalle al muro da un alleato inatteso. La Cgil non è soltanto una potente macchina da guerra contro il governo. È anche il granaio della sinistra, dove essa custodisce i propri rifornimenti. Ecco una ragione in più per auspicare che Marchionne vinca non solo una battaglia, ma la guerra.