Chi è il nuovo nemico pubblico numero 1 per i soliti difensori dello status quo nel nome abusato e strumentalizzato dei “diritti violati”? Nessuno ci crederebbe, ma si tratta di una signora torinese che fino a poche settimane or sono trascorreva una vita tranquilla, in mezzo ai suoi studenti all’Università, in famiglia oppure scrivendo articoli in materia di previdenza per un autorevole quotidiano economico. Il suo nome è Elsa Fornero e fa parte della squadra di “tecnici” chiamati, insieme a Mario Monti, a risollevare le sorti del Bel Paese che da mesi sta ballando sul baratro del default.



Che cosa ha fatto questa signora educata, inoffensiva e sicuramente competente per meritare un attacco diretto e personale da parte di Susanna Camusso su Il Corriere della Sera di ieri? Nulla che non fosse suo dovere fare. Il neoministro, capitato per uno scherzo del destino ai vertici del dicastero del welfare, ha ritenuto di dover mettere a frutto la sua esperienza e di dare corso alle sue convinzioni, non già per una sorta di partito preso, ma per salvaguardare i diritti previdenziali delle giovani generazioni. Così, in poche settimane è riuscita a portare a compimento un riordino delle pensioni che in un solo colpo ha esteso il sistema contributivo prorata a tutti i lavoratori, ha promosso la liquidazione dei trattamenti di anzianità, in un contesto di norme volte a prolungare l’età effettiva di pensionamento.



Il progetto del neoministro più che rigoroso si è rivelato severo e ha lasciato tramortiti i sindacati ancora impegnati nei festeggiamenti in onore del governo tecnico, nella speranza di estendere su di esso il loro alto patronato come avevano potuto fare con il governo Ciampi, prima, e con l’esecutivo presieduto da Lamberto Dini, poi. Ma le sorprese non erano ancora finite. Il “gallo non aveva ancora cantato tre volte” dal momento in cui la Camera aveva licenziato la manovra per trasmetterla a un Senato che la approverà in via definitiva senza modifiche, quando Elsa Fornero – sul quotidiano di via Solferino Sera di domenica – ha lasciato intendere che, nel quadro di una più ampia revisione delle regole del mercato del lavoro, anche il “totem” dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori verrà presto messo in discussione.



L’intervista del ministro ha suscitato, come già ricordato, la reazione violenta, maleducata e arrogante di Susanna Camusso, la quale non ha esitato nella pratica scorretta di “personalizzare” le scelte politiche, allo scopo di indicare all’opinione pubblica (e non solo a essa) chi è responsabile dei sacrifici che i cittadini e i lavoratori sono chiamati a compiere. Certo che la Fornero, da quando è stata nominata ministro, non ha esitato a erigere un falò in cui ha riposto tanti luoghi comuni prima di accedere il fuoco. Nel Pd trattano quelli che hanno versato 40 anni di contributi come se avessero ricevuto le stimmate e considerano le penalizzazioni economiche introdotte dal decreto alla stregua di una bestemmia, mentre il ministro conferma che, a suo avviso, una penalizzazione anche modesta deve rimanere “perché e nella logica del contributivo”.

Mentre i vertici sindacali sono ancora in lutto per l’offesa recata al tabù delle pensioni di anzianità, la Fornero ricorda che se si lavora più a lungo interviene il premio di trattamenti più elevati. E alle donne che reclamano sempre maggiori servizi sociali per essere sollevate dal doppio lavoro, in azienda e a casa, il ministro, con delega alle Pari opportunità, fa notare che la prima e più importante battaglia deve essere vinta in casa, all’interno della coppia, con un’equa suddivisione del lavoro domestico e di cura. Si permette persino di ipotizzare – udite! udite! – che venga consentito a un giovane, magari privo del tfr, di usare, volontariamente, una parte della sua aliquota contributiva obbligatoria per destinarla al finanziamento di una forma di previdenza privata a capitalizzazione. Come se non bastasse mette in discussione il “gioiello” dei liberi professionisti: quelle Casse privatizzate di previdenza obbligatoria che non hanno davanti a sé una lusinghiera prospettiva, ma che costituiscono un formidabile centro di potere. E – cosa imperdonabile – si permette di citare, nientemeno, Luciano Lama a sostegno della validità e dell’equità dell’azione del dicastero.

Ce la farà il neoministro a reggere le reazioni dei poteri forti? Di carne al fuoco ne ha messa parecchia. Nel contempo si stanno coalizzando situazioni di interesse reale con realtà improntate soltanto a fare della peggiore demagogia. Vedremo se il governo Monti ce la farà. E la Fornero riuscirà a portare a termine il suo progetto. Da parte di chi scrive, comunque, il mio appoggio, se necessario anche in modo critico, non verrà mai meno.

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