«Si scopron le tombe, si levano i morti». Il governo Monti ha compiuto un’operazione all’altezza delle attese. Era da 1992 (dai tempi del primo Governo Amato) che il Paese non assisteva, attonito, a una svolta tanto netta e radicale. Come sempre, occorrerà leggere con attenzione i testi definitivi prima di formulare dei giudizi compiuti. Devo quindi trattenere il mio entusiasmo, perché nelle misure sulle pensioni ritrovo il senso di una battaglia in cui sono impegnato da un quarto di secolo. Con l’entrata in vigore del decreto e con la sua conversione in legge scompare persino il nome delle pensioni di anzianità. D’ora in avanti vi sarà la pensione di vecchiaia ordinaria e la pensione anticipata, collegate tra di loro da un criterio di flessibilità.



Dal 2012 si incrementerà l’età di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti e autonome partendo da un minimo di 62 anni e qualche mese. Spariscono le finestre mobili e il sistema delle quote, veri e propri marchingegni farisaici rivolti ad aumentare surrettiziamente l’età pensionabile. A regime, uomini e donne arriveranno a mettere in conto, per la vecchiaia, un requisito di 67 anni – secondo gli impegni assunti dal Governo precedente con l’Ue – nel 2022 anziché nel 2026. Sempre dal 2012 sarà possibile conseguire la pensione anticipata facendo valere un’anzianità contributiva di 42 anni (41 per le donne). In questo caso, per ciascun anno prima dei 63 di età anagrafica, opererà una penalizzazione economica pari al 3%. Rimangono confermati gli adeguamenti automatici all’attesa di vita, disposti dal precedente Governo.



La novità più importante è data dall’estensione del calcolo contributivo con il criterio del pro-rata dal 2012 in poi. Se si continuerà a lavorare in modo volontario oltre i limiti di volta in volta vigenti, vi sarà, fino a 70 anni, un tornaconto di carattere economico, in quanto saranno disposti i relativi coefficienti di trasformazione, dal 2013, fino a quel limite di età. Sono contemplate, poi, delle modalità di salvaguardia delle situazioni precedenti nei seguenti casi: per i lavoratori che abbiano maturato entro l’anno in corso il diritto al pensionamento sulla base delle regole vigenti e che si facciano certificare tale diritto; nei limiti di 50mila beneficiari per i lavoratori collocati in mobilità e in mobilità lunga in seguito ad accordi stipulati entro il 31 ottobre 2011, per i lavoratori titolari di prestazioni straordinarie a carico di fondi di solidarietà, per i lavoratori alla medesima data autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione.



Vengono adeguate alle nuove decorrenze le norme sulla tutela dei lavori usuranti. Viene superato il limite dei tre anni per le totalizzazioni. In nome del principio della convergenza viene stabilito un contributo di solidarietà a carico dei fondi speciali. Sono aumentati gradualmente di due punti (dal 20% al 22%) i contributi dei lavoratori autonomi, le cui gestioni hanno complessivamente disavanzi d’esercizio pari a 10 miliardi. Per la necessità di realizzare risparmi fin dal 2012, si è intervenuti, nuovamente e in via temporanea, sulla rivalutazione automatica delle pensioni al costo della vita che rimane al 100% fino a due volte il minimo. 

È previsto un giro di vite sugli enti privatizzati dei liberi professionisti, che saranno tenuti ad assicurare un equilibrio di bilancio nell’arco temporale di 50 anni. Decorso il termine del 31 marzo 2012 senza l’adozione dei relativi provvedimenti si applicheranno, sempre dal 2012, il calcolo contributivo pro-rata e un contributo di solidarietà. Nasce il superInps con l’incorporazione dell’Inpdap e dell’Enpals. Per concludere, si tratta di un complesso di norme di grande significato e rilievo, che richiederanno ulteriori approfondimenti. 

Fin da ora, comunque, c’è da notare la caduta dei miti di un’epoca lunga circa quarant’anni, come il pensionamento di anzianità, il trattamento tipico del lavoro manifatturiero, maschile, settentrionale. Nell’insieme, non vi è solo rigore, ma anche equità. Monti nella conferenza stampa di presentazione è stato veramente grande, al pari dei suoi ministri. Soprattutto, ha avuto il coraggio e l’onestà intellettuale di non addossare la responsabilità di una manovra tanto pesante all’Europa. E ha aggiunto che non si comporterà mai così, assumendosi, invece, la paternità politica dell’intera operazione. Uno stile impeccabile.

Si respira veramente un’aria nuova che dà a noi tutti la certezza che questo povero Paese ha tante riserve inutilizzate che possono davvero salvarlo. E si dimostra che il Governo dei tecnici creerà molti più problemi al Pd che non al Pdl, il cui gruppo dirigente e i cui ministri, possono solo recitare il mea culpa, al cospetto di una prova di rigore, di serietà e di lucida serenità, come quella dimostrata in queste ore, che loro, in tanti anni, non sono mai riusciti a proporre. Almeno a questo livello.