Che cosa succede alla ex Bertone? Attenti a non gettare il bambino con l’acqua sporca. Qualche novità è venuta allo scoperto e sarebbe sbagliato non accorgersene. Se il gruppo dirigente nazionale dei metalmeccanici della Cgil continua a suonare la musica di sempre, magari con qualche accorgimento tattico in più, è sicuramente positivo che i delegati di quella antica fabbrica, dove i lavoratori sono in grande maggioranza iscritti alla Fiom, abbiano deciso di assumersi la responsabilità di invitare i loro colleghi a votare sì nel referendum sull’accordo che recepisce le intese di Pomigliano e di Mirafiori.



Lo faranno, pur continuando a esprimere un giudizio negativo sui contenuti. In fondo si tratterebbe della “firma tecnica” che Susanna Camusso aveva consigliato nel caso di Mirafiori e che era stata respinta con sdegno da Maurizio Landini che aveva blindato l’ennesimo niet con una risoluzione del Comitato centrale della federazione. I lavoratori di quell’azienda, dunque, dimostrano più saggezza dei loro dirigenti.



Dalle dichiarazioni di Landini è agevole comprendere che la Fiom nazionale non solo eviterà di sottoscrivere l’accordo, ma non rinuncerà agli atti di ostilità intrapresi nei confronti della Fiat e delle altre aziende metalmeccaniche colpevoli di aver dato applicazione al contratto separato del 2009. Il segretario della Fiom confida nel ripetersi di altre sentenze favorevoli alla sua causa dopo quelle, assai discutibili (per non dire di peggio), di Torino e di Modena.

I giudici si sono arrogati il diritto di riscrivere, con le loro sentenze, le regole delle relazioni industriali, accogliendo tutte le istanze della Fiom e stabilendo che il contratto separato del 2009 non si applichi agli iscritti alla Fiom e ai non iscritti ai sindacati, per i quali resterebbe in vita, fino a tutto il 2011, il contratto del 2008. Nonostante ciò, gli aumenti contrattuali erogati a tutti i lavoratori sulla base di quanto concordato nel 2009 non dovrebbero essere restituiti, per non creare discriminazioni tra i lavoratori.



C’è poco da dire: l’Italia non è un Paese in cui le imprese multinazionali possono sperare in un trattamento equo e rispettoso dei loro problemi nel contesto della competizione internazionale. La guerra continua, dunque. Con qualche cenno di opportunismo in più. I vertici della Fiom sperano di lucrare su due tavoli: confermarsi nel ruolo di sindacalisti visionari e nello stesso tempo, grazie alla firma della istanza di base, evitare che la Fiat annulli il progetto che farebbe resuscitare una fabbrica altrimenti morta e sepolta.

Magari, è presente anche il timore che una indicazione a tutto tondo per il no nel referendum sarebbe stata sconfessata dal sì dei lavoratori, in un’azienda egemonizzata dalla Fiom. Come al solito, però, nelle sette esoteriche emerge sempre “uno più puro che ti epura”. Così i seguaci di Giorgio Cremaschi hanno elevato fiere proteste contro la Rsu e chiesto a Landini una dissociazione più netta. Questo – tutto sommato – potrebbe essere l’aspetto più interessante del capitolo ex Bertone: l’apertura di una dialettica all’interno della Fiom.

Una dialettica ben più ricca di quella che vi è stata finora, tutta concentrata nel gruppo dirigente, che non si è mai fatto mancare una “opposizione di Sua Maestà”, silenziosa e inadeguata. Una dialettica che cominci a coinvolgere i quadri delle fabbriche ormai stanchi di fare da cavia per gli esperimenti avventuristici dei “sandinisti” ovvero degli eredi di Claudio Sabattini.

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