Signora ministro, nei suoi interventi prima al Senato poi alla Camera, lei ha corretto, a proposito della questione degli esodati, dei dati che in precedenza aveva fornito con orgogliosa sicurezza. Il problema, però, non è solo questo che è assurto al vertice delle cronache; perché, se vogliamo dire la verità, nell’elaborare la riforma, lei ha trascurato una regola fondamentale, direi “l’ABC”, per chi si accinge a cambiare un sistema pensionistico. È un errore grave per un Ministro tecnico, per di più esperto della materia.
La regola fondamentale a cui mi riferisco è quella di assicurare un adeguato periodo di transizione a tutela non già dei diritti acquisiti, ma delle legittime aspettative di fatto delle persone a costruirsi dei piani di vita affidabili. Le riconosco che i Governi passati, a partire dalla riforma Dini del 1995, hanno prestato troppa attenzione alla transizione, garantendo tempi troppo lunghi per l’andata a regime delle norme riformate, ma il suo Governo questo problema non se l’è proprio posto e le conseguenze sono sotto i nostri occhi.
La prima conseguenza è, sicuramente, quella di un Paese in gravissime difficoltà, da cui stenta a sollevarsi, che ha fatto degli esodati, termine brutto e improprio, una questione di centrale importanza, anche se gli effetti saranno rimandati di qualche anno. Lei questo aspetto significativo e importante non è mai riuscita a chiarirlo fino in fondo. Immagino che se ne sarà resa conto. Tanto da farsi intrappolare, oggi, in una vicenda che si consumerà lungo un tragitto di anni.
L’Italia rischia di avere la riforma più severa d’Europa, ma di vedere il suo Governo e i Governi che verranno dopo il suo costretti a scervellarsi per anni, a studiare, a finanziare deroghe all’applicazione di norme socialmente insostenibili. Lo so anch’io, che sono come lei un cultore della materia, che doveva finire l’abitudine di appoggiare i lavoratori in esubero prima ancora del compimento dei 60 anni al sistema degli ammortizzatori sociali per farli scivolare nel pensionamento di anzianità. Ma le domando: era proprio questo il momento propizio? Era proprio questo, durante la crisi più grave del secolo?
Vede, signora Ministro, il suo predecessore Maurizio Sacconi è stato accusato di scarso impegno riformatore, ma con le misure di emergenza, compresa la cassa integrazione in deroga – potrei dire negli anni più bui della crisi, anche se questi anni non sono finiti, parlo dal 2008 al 2010 – sono stati salvati 700 mila posti di lavoro e sono state erogate prestazioni di protezione sociale a 4 milioni di lavoratori. Signora Ministro, ricordo che lei usa un’immagine un po’ trucida, quella della gamba malata di cancrena da amputare senza troppi riguardi. Io non voglio essere cattivo profeta, ma la avverto: il rischio che corre oggi il sistema da lei riformato è quello di dover riattaccare quella gamba malata a furor di popolo e di rimettere in campo un sistema Italia abituato a risolvere tutti i problemi con una pensione. Se non sarà il suo, toccherà a un Governo, che verrà dopo il suo, a doverlo fare.
Tra il problema degli esodati e la sua riforma c’è lo stesso rapporto del cadavere che corrompe il corpo vivo e sano a cui è legato. Ecco perché chiedo a lei e al Governo di trovare una soluzione ragionevole, che dia una risposta ai problemi già critici, in un arco di tempo di alcuni anni, programmando nello stesso tempo un percorso che tranquillizzi gli italiani e che eviti a questo Paese – se non sarà così, purtroppo, la conseguenza sarà questa – una campagna elettorale sugli esodati.
Tutti ricordiamo l’impegno assunto dal Presidente del Consiglio Monti nella conferenza stampa di fine anno, quando il Governo aveva ancora quella spinta propulsiva, che ora è in via di smarrimento. Disse che nessuno sarebbe rimasto senza stipendio, senza lavoro, senza pensione o senza ammortizzatori sociali. Questo dobbiamo garantirlo in un periodo, per così dire, di tempo intermedio e dobbiamo in qualche modo anche garantirlo in un periodo più lungo. Io credo – lei ne ha fatto un accenno nella relazione – che occorrerà trovare, passata l’attuale emergenza, una norma di carattere strutturale all’interno del sistema pensionistico.
Infatti, signor Ministro, gli impegni così solenni, come quelli assunti dal Presidente del Consiglio in quella magica conferenza stampa di fine anno, quando tutti stavamo con la bocca aperta a sentirlo, non possono essere dimenticati e non possono diventare parole al vento.