Dopo il caso degli esodati e quello delle ricongiunzioni onerose, dovrebbe essere avviato a soluzione un altro motivo di sofferenza ereditato dalla riforma delle pensioni del ministro Elsa Fornero. Si tratta della questione dei cosiddetti quindicenni, ovvero quei soggetti a cui la riforma Amato del 1992 aveva mantenuto il requisito dei 15 anni di versamenti per poter acquisire, al compimento dell’età pensionabile vigente, il diritto al trattamento di vecchiaia. È appena il caso di ricordare che quella legge, una ventina di anni or sono, aveva aperto in Italia – alla buon ora – il capitolo delle riforme, elevando gradualmente, tra le altre misure, a 20 anni il requisito contributivo minimo, prima fermo a 15 anni, consentendo però a quanti in quella data l’avessero già maturato alla fine del 1992, di mantenerlo fino al momento dell’andata in pensione.
Le leggi che negli anni successivi avevano riordinato la materia si erano fatte carico di riconfermare e ribadire quella deroga, mentre il problema era stato ignorato dalla riforma Fornero. Si era posto, allora, il quesito se quella norma fosse ancora in vigore o fosse anch’essa stata travolta dalla furia dell’intervento del governo dei tecnici. In verità, il dubbio non doveva sussistere dal momento che la norma del 1992 non era stata abrogata e che non sembrava possibile equiparare a un’abrogazione la mancata riconferma di una norma.
Dal canto suo l’Inps aveva – come si suol dire – tagliato la testa al toro: con una circolare interpretativa aveva stabilito che d’ora in poi sarebbero occorsi 20 anni di contribuzione minima anche per i salvaguardati del 1992. Il che aveva gettato nello sconforto alcune decine di migliaia di persone (per lo più donne che, a suo tempo, avevano smesso di lavorare) e aperto un nuovo capitolo nella schiera dei cosiddetti esodati (i “quindicenni”, appunto).
La Commissione Lavoro della Camera aveva interrogato il Ministero e l’Inps più volte, riuscendo a ottenere, dopo le resistenze iniziali, una più attenta considerazione degli argomenti portati a sostegno della sussistenza in vita della norma. Dell’argomento si era, poi, a lungo discusso a latere dei confronti con il ministro Fornero sul tema degli esodati e delle ricongiunzioni onerose.
Il Governo e l’Inps avevano preso l’impegno di rivedere la circolare e di cambiare orientamento circa la permanenza in vigore della deroga del 1992. Ma, al solito, la bozza di circolare correttiva dell’Istituto è stata a lungo esaminata dalla Ragioneria generale dello Stato che, a quanto si dice, dovrebbe averla sbloccata in questi ultimi giorni. Siamo dunque in fervida attesa, insieme alle persone che hanno un interesse diretto a veder fatta giustizia.
In assenza di questo provvedimento si sarebbe incrementato, certamente, il numero dei cosiddetti contribuenti silenti (coloro che non hanno raggiunto il requisito contributivo necessario per acquisire la pensione di vecchiaia), giacché è molto improbabile che, a venti anni di distanza, qualcuno si attrezzi per aggiungere, mediante la contribuzione volontaria, altri cinque anni alla sua posizione contributiva.