Nel 2012 il 22,6% delle imprese associate a Confindustria (che occupavano il 60,6% dell’intera forza lavoro alle dipendenze) ha applicato un contratto aziendale con contenuti economici. È quanto emerge da un’indagine sul mercato del lavoro del Centro studi Confindustria (Csc). Il fatto che la percentuale della forza lavoro coperta da contratti aziendali superi la quota che li applica è dovuto alla loro maggiore diffusione nelle imprese più grandi. Nell’industria in senso stretto, in particolare, la quota di imprese con contratto aziendale passa dal 12,4% tra le aziende fino a 15 addetti al 37,8% tra quelle medie, raggiungendo il 79,0% tra quelle con più di 100 addetti. Vengono segnalate ampie differenze settoriali. Nei servizi è circa un’impresa su sei ad applicare un accordo aziendale, mentre nell’industria in senso stretto è quasi una su tre.
La diffusione della contrattazione aziendale nel 2012 (22,6%) è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2011 (22,2%), ma al di sotto del 27,8% raggiunto nel 2010, l’anno della ripresa. I premi variabili, collettivi o individuali (di risultato, di partecipazione, ecc.), hanno interessato il 50,9% degli operai, il 56,2% degli impiegati e il 63,4% dei quadri. Nelle imprese che erogano premi variabili, questi hanno rappresentato il 4,6% della retribuzione annua per gli operai, il 4,8% per gli impiegati e il 5,9% per i quadri. Quando ai premi variabili si aggiungono altri premi o mensilità, l’incidenza complessiva di tali importi sale rispettivamente, per ciascuna qualifica, al 9,5%, al 9,8% e all’11,6%. Per i dirigenti, i premi variabili hanno costituito il 14,1% della retribuzione annua lorda e gli altri premi o mensilità un ulteriore 4,4%.
Disaggregando i dati per settore e dimensione aziendale, si rileva che l’incidenza dei premi variabili è mediamente simile nelle imprese industriali e dei servizi, ma per le prime cresce più marcatamente in quelle più grandi. Nell’industria i premi variabili rappresentano il 3,2% della retribuzione annua nelle imprese sotto i 15 dipendenti e il 5,2% in quelle oltre i 100 dipendenti; nei servizi l’incidenza passa dal 4,8% al 5,1%. L’indagine prosegue, poi, affrontando le diverse problematiche riguardanti l’orario di lavoro.
Emerge che nel corso del 2012 le ore lavorabili pro-capite al netto delle ore di Cassa integrazione guadagni sono risultate pari a 1.623, -1,5% rispetto alle 1.647 nel 2011. Il calo si spiega con il maggior utilizzo della Cig, tornata a 70 ore pro-capite, da 52 dell’anno prima (78 nel 2010 e 104 nel 2009). Delle ore lavorabili, 113 non sono state lavorate a causa delle assenze dal lavoro, -6,6% dalle 121 nel 2011. Il tasso di gravità delle assenze (calcolato come il rapporto tra le ore di assenza e le ore lavorabili) si è attestato al 7,0%, dal 7,3%. L’incidenza delle assenze si è confermata più bassa nell’industria (6,7%) che nei servizi (7,4%).
Pur essendo diminuito di più nelle imprese medie e grandi, come negli anni precedenti il tasso di gravità delle assenze cresce all’aumentare della dimensione aziendale: 7,8% in quelle con più di 100 addetti, 4,9% in quelle fino ai 15. La malattia non professionale – denuncia il Csc nell’indagine – si è confermata la causale più frequente di assenza (3,2% delle ore lavorabili), seguita dai congedi parentali e matrimoniali (1,5%) e dagli altri permessi retribuiti, che includono i permessi sindacali e quelli per visite mediche o accompagnamento parentale (un altro 1,2%). L’incidenza delle assenze è risultata pari al 5,7% tra gli uomini e al 10,3% tra le donne (in calo dall’11,1% del 2011). I congedi parentali spiegano l’86% della differenza, essendo pari al 4,4% delle ore lavorabili tra le donne e allo 0,4% tra gli uomini; d’altra parte, soprattutto al genere femminile è lasciato l’onere del lavoro di cura.
Nel 2012 il 41,7% delle imprese industriali associate a Confindustria ha avuto almeno un lavoratore in Cassa integrazione, in rialzo dal 33,4% nel 2011 e di nuovo sui livelli del 2010 (43,2%). Nell’industria le ore di Cig sono state 86 per addetto (+25,9% dalle 68 nel 2011), pari a un’incidenza sulle ore lavorabili del 5,3% (rispettivamente 4,2% e 6,5% nei due anni precedenti). L’incidenza delle ore di Cig è rimasta più elevata per gli operai (7,9%, dal 6,0% nel 2011). Nei servizi, l’utilizzo della Cig, seppur strutturalmente limitato rispetto all’industria, rimane eccezionalmente elevato: nel 2012, grazie agli ampi interventi in deroga, risultava ancora interessare oltre un’impresa su dieci e l’incidenza media delle ore di Cig sulle ore lavorabili è balzata al 2,5% dall’1,3% nel 2011.