L’8 ottobre, in occasione di un’audizione presso la Commissione Lavoro della Camera, il ministro Enrico Giovannini ha esposto le misure che intende adottare per dare soluzione ad alcuni dei più importanti problemi aperti in materia di pensioni, relativamente a: 1) la situazione dei cosiddetti “esodati”; 2) la questione della possibile flessibilizzazione del meccanismo di accesso alla pensione (un tema fortemente sostenuto dai principali partiti della maggioranza); 3) alcune considerazioni sul futuro del sistema pensionistico.



1) Esodati – Per quanto concerne il tema degli esodati, prima di elencare gli interventi realizzati ed esprimere le intenzioni per ulteriori misure, il ministro ha voluto chiarire che cosa si intenda con la definizione di “esodati”, ovvero le persone espulse dal mercato del lavoro prima del 31 dicembre 2011 che, per effetto del brusco innalzamento dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico, non hanno poi maturato e non matureranno entro breve termine tale diritto. Il chiarimento si è reso nuovamente opportuno proprio perché è importante definire le “platee” degli aventi diritto, nella consapevolezza che la “guerra dei numeri” che ci ha accompagnati per tutto il 2012 non aveva superato tutti gli equivoci presenti nel dibattito in ordine alle “categorie” che, in base alle norme, sono oggetto di tutela. Ovviamente, ha fatto notare Giovannini, diverso è il caso dei lavoratori interessati da accordi stipulati prima della fine del 2011, per i quali è previsto un percorso di ammortizzatori sociali, in esito al quale si arriverà al pensionamento. Così come diverso è il caso di coloro i quali hanno perso il lavoro successivamente al 31 dicembre 2011 o di chi ha perso il lavoro prima di tale data, ma è ancora ben lontano dall’età di pensionamento. Per quanto difficile, la situazione di questi lavoratori non deve essere confusa – il chiarimento è opportuno – con quella degli esodati. È per questo che il Governo ha messo in campo azioni volte al reinserimento lavorativo non solo dei giovani, ma di persone di tutte le età, oltre che un forte rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.



Per ciò che riguarda, in particolare, la questione degli esodati, in questi mesi il Governo ha, in primo luogo, proseguito nel dare attuazione alle tre salvaguardie definite dal Governo precedente per complessivi 130 mila lavoratori; ha avviato una quarta salvaguardia per le persone oggetto di licenziamenti individuali, stimate al momento in circa 6.500 unità, le quali costituivano, all’interno della categoria degli esodati, quelle condizioni di maggiore fragilità, in quanto non rientranti nei processi di mobilità condivisi con le parti sociali. Inoltre, il Governo ha trovato le risorse riferite al 2013 – circa 65 milioni – per emettere il decreto relativo all’articolo 5-bis dell’articolo 12 della legge n. 122 del 2013, che riguarda circa 10 mila persone, esodati ante litteram, se volete. Per queste persone, che non sono coperte in modo stabile, è necessario ogni anno trovare le risorse per assicurare loro il trattamento. Ebbene, il Governo le ha trovate e il decreto, già firmato da Giovannini, è attualmente alla firma del ministro dell’Economia e delle finanze. Infine – elemento non trascurabile – il Governo ha destinato a possibili ulteriori salvaguardie i risparmi – circa 500 milioni – derivanti dall’armonizzazione dei requisiti pensionistici di alcune categorie particolari di lavoratori.



A tal proposito il ministro ha voluto sottolineare che è la prima volta, dal 1992 (intervento di Amato sulle pensioni), che i risparmi su riforme pensionistiche restano nell’ambito pensionistico e non sono stati utilizzati per “fare cassa”. Il fatto, cioè, di aver armonizzato questi trattamenti e di aver deciso di ri-orientarli proprio alla questione di ulteriori allargamenti delle salvaguardie è un segnale ulteriore di attenzione da parte del Governo per questa categoria.

In conclusione, proprio a testimonianza dell’attenzione posta a questa tematica, il Governo in pochi mesi ha stanziato risorse significative per queste categorie di persone, destinando a ulteriori interventi risorse aggiuntive disponibili per i prossimi anni. Complessivamente con la quarta salvaguardia si è arrivati a un importo complessivo di circa 10 miliardi 400 milioni per il tema degli esodati. Questo ulteriore intervento sui 6.500 salvaguardati ha comportato circa 600 milioni.

Peraltro, dai dati forniti dall’Inps emerge – l’informazione fornita dal ministro è interessante – come non tutte le posizioni teoricamente disponibili nelle prime due salvaguardie siano state immediatamente utilizzate. Infatti, le imprese – in particolare per la seconda salvaguardia – hanno comunicato un numero nettamente inferiore a quello preventivato di persone oggetto di accordi di mobilità in uscita entro quest’anno. Questo vuol dire, in altri termini, che già nelle prime due salvaguardie c’è un residuo che non verrà utilizzato immediatamente. Ciò non vuol dire che non potrà essere utilizzato successivamente, cioè non sono veri risparmi, in quanto proprio la non comunicazione da parte delle imprese delle persone in mobilità che andranno via nel 2013 non significa che queste persone non andranno via nel 2014 o negli anni successivi.

Quanto alla questione della possibile ulteriore estensione della platea dei salvaguardati, il Governo valuta positivamente l’emendamento proposto dal presidente Cesare Damiano e altri al decreto n. 102 del 2013 a favore dei lavoratori che hanno usufruito entro il 31 dicembre 2011 di congedi per assistere familiari con disabilità grave e che maturino il requisito per l’accesso al pensionamento entro il 6 gennaio 2015. Il costo di un tale intervento è stato quantificato in circa 67 milioni di euro, la cui copertura può essere assicurata anche a valere sui risparmi derivati dalla citata armonizzazione. In questo senso il Governo è pronto a farsi carico, in qualche modo, di questa proposta e a preparare le necessarie coperture per far sì che questo intervento venga realizzato.

Il Governo sta valutando attentamente anche possibili interventi in via amministrativa riguardanti particolari categorie: interventi intesi a risolvere questioni emerse in fase di applicazione di disposizioni normative. Naturalmente, alcuni di questi interventi richiedono coperture adeguate, quindi riflessi di tali interventi sulla finanza pubblica sono in fase di quantificazione. Da ultimo, il Governo sta valutando anche il riconoscimento della contribuzione figurativa a tutti gli effetti maturata per le assenze connesse alla donazione di sangue e a casi analoghi.

2) Il cosiddetto pensionamento flessibile – Con riguardo alla cosiddetta “flessibilizzazione con penalizzazione” dei requisiti per l’accesso ai trattamenti pensionistici, tema sul quale sono state presentate diverse proposte in Parlamento, il Governo ha attentamente valutato anche sul piano finanziario tali proposte, che avrebbero il prevedibile effetto di aumentare in modo consistente il numero di nuove pensioni a partire dal 2014, determinando un onere sulla finanza pubblica quantificabile in diversi miliardi di euro all’anno. Infatti, in tali ipotesi, il meccanismo di riduzione dell’importo pro capite, cioè la penalizzazione, non sarebbe in grado di compensare il forte aumento del numero di prestazioni presumibilmente dovuto a tali interventi. Tale onere, nella forma stimata sulla base delle proposte, appare al momento incompatibile non solo con il percorso di graduale contenimento della spesa pensionistica realizzato con la riforma del 2011, ma anche con l’indirizzo del Governo, chiaramente esposto dal Presidente del Consiglio nel suo recente discorso alla Camera, di voler ridurre il costo del lavoro in via prioritaria per aumentare la competitività del sistema economico e promuovere l’accelerazione della ripresa congiunturale al fine di ridurre la disoccupazione. Approfondimenti tecnici su proposte di origine parlamentare sono ancora in corso e verranno completati nei prossimi giorni, anche in vista della preparazione della legge di stabilità.

Da notare, a questo riguardo, che una soluzione finanziariamente sostenibile a questo problema potrebbe anche consentire non solo ad alcune categorie di possibili esodati, ma anche a chi avesse perso il lavoro successivamente alla data del 31 dicembre 2011 e fosse vicino all’età del pensionamento, di trovare una soluzione a regime. In ogni caso – ha tenuto a precisare il ministro – questi interventi, che possono aiutare a risolvere due problemi in uno, nell’ambito delle compatibilità finanziarie, non devono far immaginare che il Governo intenda fare una controriforma delle pensioni rispetto a quella che il Parlamento ha approvato un paio di anni fa.

3) Le condizioni generali del sistema pensionistico – La prima considerazione svolta in proposito dal ministro ha riguardato l’intenzione del Governo di confermare il meccanismo di rivalutazione delle pensioni in base all’inflazione previsto dalla normativa vigente per l’anno 2014. Tale meccanismo – come è noto – prevede una piena indicizzazione per gli importi pensionistici fino a tre volte il minimo, un’indicizzazione al 90% per gli importi compresi tra tre e cinque volte il minimo, una del 75% per gli importi tra cinque e sei volte il minimo, e una sterilizzazione dell’adeguamento per gli importi superiori a sei volte il minimo. Quando si parla di importi, naturalmente, essi non si riferiscono al valore della singola pensione, ma ai relativi scaglioni. Il Governo è intenzionato a mantenere questo meccanismo per il 2014 e ciò rappresenta un significativo miglioramento rispetto alle condizioni vigenti per l’anno 2013, il quale prevede solo un’indicizzazione per gli importi fino a tre volte il minimo.

Per il 2015 e gli anni successivi, per i quali è prevista un’indicizzazione al 75% anche per gli importi superiori a sei volte il minimo, il Governo sta valutando l’opportunità di un intervento volto a ridisegnare il meccanismo di indicizzazione per tali categorie, cioè quelli oltre sei volte il minimo, così da ridurre l’indicizzazione in particolare delle pensioni più elevate. Il risparmio così generabile, comunque limitato visto il numero relativamente basso di pensioni superiori a sei volte il minimo, potrebbe essere riutilizzato all’interno del sistema pensionistico in un’ottica di solidarietà.

Una seconda tematica di cui bisogna tener conto ha a che fare con le prospettive a lungo termine dei trattamenti pensionistici di persone caratterizzate da entrate ritardate nel mercato del lavoro e/o da carriere lavorative fortemente discontinue. Questo è il problema per chi entra tardi nel lavoro, per chi ha lavori frammentati. È un problema da porsi per il futuro, altrimenti il rischio è che tra trent’anni si determini una condizione insostenibile per i pensionati di domani. Benché il problema, come ho detto, non sia destinato a manifestarsi nel breve termine, è importante pensare a introdurre nel sistema meccanismi che favoriscano l’accumulo di contributi, nel corso dell’intera vita lavorativa, nel modo più flessibile possibile. Il Governo sta riflettendo su possibili interventi in questa direzione, anche alla luce di esperienze di altri paesi e di proposte che sono state formulate. L’obiettivo è quello di consentire alle persone di aumentare il proprio montante pensionistico, nel corso della vita, con maggiore flessibilità rispetto a quella che oggi è consentita, al fine di totalizzare l’ammontare massimo possibile di contributi.

Infine, nell’ottica del cosiddetto “invecchiamento attivo”, il Governo sta per costituire un gruppo di riflessione che formuli proposte volte a stimolare l’inclusione sociale di chi già gode di un trattamento pensionistico, anche in un’ottica di integrazione del reddito di fonte pensionistica. Va già in questa direzione la misura contenuta nel Decreto Lavoro che rende più agevole per le amministrazioni pubbliche erogare voucher a favore di anziani e altre categorie per lo svolgimento di progetti di natura sociale. Le proposte degli esperti, che verranno coinvolti naturalmente a titolo gratuito nel gruppo di riflessione, potranno essere portate all’attenzione del Parlamento.

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