Nel Parlamento della XVII Legislatura hanno ancora cittadinanza i concetti di “compatibilità”, “sostenibilità”, “coerenza” e, soprattutto, di “rigore”? Si direbbe di no. Si ha sempre di più l’impressione che la parola d’ordine sia “liberi tutti”. Come nel gioco a nascondino che tanto ci appassionava da ragazzini. Allora, eravamo in tanti: era bello aver degli amici e delle amiche. Le nostre famiglie stentavano davvero ad arrivare all’ultima settimana del mese; e noi non potevano permetterci armadi pieni di giocattoli e di costosissimi oggetti elettronici tuttofacenti, rigorosamente di ultimo modello. Ci divertivamo a giocare a rimpiattino, confidando sempre che l’ultimo facesse “tana per tutti”. In Italia, la politica è tornata a esercitarsi in quel gioco da ragazzini, solo che l’ultimo a “fare tana” è stato Beppe Grillo.
Da noi capita che, quando si presenta all’orizzonte della politica un forza outsider, quelle che stanno all’interno del club da tempo (insiders) non attendono che l’estraneo si omologhi a loro; si precipitano a fare proprie le sue istanze, se ritengono che esse possano portare nuovo consenso. È stato così con la Lega Nord: dopo la sua (modesta) affermazione tutti sono diventati federalisti al punto di approvare un riforma indecorosa del titolo V della Costituzione nell’ormai lontano 2001 e di cimentarsi nell’ultima legislatura con un impianto di federalismo fiscale molto rischioso per i conti pubblici e l’unità del Paese. Dopo il successo del M5S tutti si sono messi a cavalcare la protesta e a dichiararsi indisponibili a qualsiasi forma di dialogo con altre forze. Ma quel che è peggio, tutti stanno concorrendo a trasformare il Parlamento in una Convenzione. Nient’altro significa la pretesa grillina di voler istituire le Commissioni permanenti e di “farle lavorare” in assenza di un governo nella pienezza dei suoi poteri.
Ma ciò che è più discutibile è la supina accettazione dell’andazzo da “rompete le righe” che è predominante in Parlamento nelle Commissioni speciali. La risoluzione votata all’unanimità sugli esodati è pura demagogia. Che ormai non ci siano più freni lo si avverte anche dalle critiche e dai “distinguo” con cui è stato accolto il decreto legge sui debiti delle pubbliche amministrazioni, un provvedimento importante che si aggiunge ad altri assunti dall’attuale esecutivo a favore delle imprese (l’Iva per cassa, il pagamento corrente per il nuovo debito verso le aziende, le start up, ecc.). I gruppi più responsabili non esitano a unire la loro voce e il loro voto a quelli dei demagoghi, che danno l’impressione di ritenere che tutto sia ormai diventato possibile: tagliare le tasse, aumentare la spesa, rivedere le leggi di riforma, stampare moneta in proprio e quant’altro farneticando. Ma la realtà non la si esorcizza con le chiacchiere. Mentre il Paese è in apnea, nella vita quotidiana emergono problemi per affrontare i quali mancano indirizzi certi.
È di questi giorni il ripetersi – si veda la scheda allegata – di dati allarmanti (sia pure con qualche esagerazione di troppo) sull’occupazione; dati che chiamano in causa – è difficile negarlo – anche gli effetti della legge Fornero. Ma vi sono progetti realistici per apportarvi delle modifiche oppure dobbiamo aspettarci risposte e soluzioni ancor più demagogiche e vincolanti per le imprese? Poi vi sono aspetti minori ugualmente importanti. È di queste ultime ore la notizia di una lettera circolare dell’Inps ai medici con la quale essi vengono invitati a una maggiore severità nel contrasto dell’assenteismo con l’obiettivo di ridurre del 3% la spesa per la relativa indennità (del valore complessivo di circa 2 miliardi l’anno). Naturalmente, i medici di famiglia invocano il giuramento di Ippocrate e quant’altro, per sottrarsi a tale impegno. E in tanti criticano questa presa di posizione come lesiva dei diritti.
Ecco perché, riflettendo sui guai di questo povero Paese, vien di pensare agli 85 mila giovani che, negli ultimi mesi, se ne sarebbero andati all’estero. Si parla di loro come se subissero un danno. Invece sono coraggiosi e fortunati. E indicano la via da seguire. Dall’Italia bisogna scappare. E in fretta. Come ha detto Francois Holland, siamo diventati il laboratorio del populismo.
Scheda allegata
Pubblicati i dati sull’andamento del mercato del lavoro dipendente e parasubordinato del IV trimestre del 2012, tratti dal Sistema delle comunicazioni obbligatorie, il sistema che gestisce tutti i flussi dei rapporti di lavoro.
2.269.764 nuovi rapporti di lavoro e 3.205.793 rapporti di lavoro in meno, segno che anche in un momento di crisi il mercato del lavoro italiano si muove.
Dal confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente diminuiscono (- 5,8%) le nuove assunzioni ma diminuiscono anche le cessazioni (-0,2%).
Interessante la dinamica delle cessazioni: aumentano i licenziamenti del 15% (pari a 402.406 rapporti di lavoro in meno), ma diminuiscono le dimissioni del 17% (pari a 373.687 rapporti di lavoro in meno) e i due terzi dei rapporti di lavoro conclusi nel trimestre riguarda la naturale conclusione dei rapporti di lavoro a tempo determinato.
L’analisi completa dei dati sul mercato del lavoro nel 2012, con informazioni anche sui lavoratori, nel Rapporto annuale che sarà pubblicato alla fine di maggio.