Enrico Giovannini è un ministro competente. Il suo principale merito, però, è la cautela. Ovvero il pessimismo dell’intelligenza. Si trova a far parte di un governo e di una maggioranza che non si fanno mancare nulla quando si parla di pensioni (la problematica rimandata a settembre). E deve, ogni giorno che l’Onnipotente manda sulla terra, fare i conti con un comunicato chilometrico di Cesare Damiano (il presidente della Commissione Lavoro della Camera) dove si ripete con incorreggibile monotonia il pacchetto delle rivendicazioni del Pd – imitate dal Pdl – incuranti dei conti pubblici.



L’elenco è lungo: apre la sfilata la soluzione definitiva per gli esodati, segue la proposta del pensionamento flessibile, mentre in retroguardia restano gli aspetti non risolti delle cosiddette ricongiunzioni onerose. E le risorse? È semplice: occorre trovarle. La sola indicazione che proviene da questa coorte di “anime belle” è un giro di vite sulle cosiddette pensioni d’oro, come se da questa operazione fosse possibile ricavare risorse adeguate e sufficienti a smontare la riforma Fornero. A questo proposito Giovannini ha dato una prova di onestà intellettuale, quando ha affermato, al Meeting di Rimini (ve ne siete accorti? Questa iniziativa ha preso il posto nel dibattito politico una volta occupato dalla Festa dell’Unità), che quanti immaginano di poter ricavare dei miliardi nella persecuzione delle pensioni più elevate hanno dei problemi con la matematica, perché risultati economici importanti sarebbero possibili intervenendo non solo su quelle d’oro, ma anche sulle pensioni d’argento, scendendo, poi, fino a coinvolgere metalli più vili. Comunque, il ministro ha confermato che sono in corso, in materia, elaborazioni e progetti, da affrontare nell’ambito della legge di stabilità.



Sempre in quella sede il governo vorrebbe definire misure per la tutela di altri 30mila esodati da aggiungere – per chiudere la questione – ai 130mila già salvaguardati con l’applicazione delle regole previgenti. Anche questo è un segno di onesto realismo, se consideriamo i numeri stravaganti e sensazionalistici che sono emersi in un dibattito sciagurato che, nella passata legislatura, ha fatto assurgere a grande questione nazionale un problema difficile ma risolvibile e in parte già risolto. Insomma, se dovessimo ipotizzare le scelte che il governo si appresta a fare in autunno (ammesso che ci arrivi) in materia di lavoro e di welfare ci sentiremmo di indicare alcuni temi che finiranno per divenire prioritari, non perché lo siano di per sé, ma perché sono meno difficili da affrontare, soprattutto perché i relativi costi non sembrano proibitivi.



In testa alla lista metteremmo il tema delle cosiddette pensioni d’oro, dal momento che in poco più di 100 giorni di governo Letta ha dimostrato una grande sensibilità nei confronti dei temi “politicamente corretti” e graditi a un’opinione pubblica che desidera, spesso inutilmente, per sé di andare in quiescenza il prima possibile e con il trattamento il più elevato tra quelli consentiti e che, pertanto, è implacabile con chi quel miracolo lo ha realizzato. Poi verrebbe il turno degli esodati, una problematica che è andata troppo in auge – a torto o a ragione – sul piano mediatico da poter rimanere inevasa.

Per quanto riguarda il lavoro, Giovannini – che riunirà lo staff il 3 settembre – ha dimostrato il proprio interesse, sempre parlando al Meeting, per il confronto affidato alle Parti sociali sulle regole del lavoro in vista dell’Expo e delle esigenze di ulteriore flessibilità che la gestione dell’evento richiederebbe. Poi navigano in Parlamento taluni progetti ambiziosi. Abbiamo già parlato del pensionamento flessibile, ma sono forti anche le tentazioni di misurarsi con il vespaio della rappresentanza sindacale. Giovannini, sornione, sta a guardare.