Dalla Germania sono in arrivo importanti novità in materia di pensioni. C’è da presumere che – quando ce ne accorgeremo – queste novità apriranno un dibattito anche in Italia, magari al servizio di quel movimento bipartisan che punta a cambiare i capisaldi della riforma Fornero. Nei prossimi giorni, il governo Cdu-Spd di Angela Merkel varerà un disegno di legge in cui saranno contenute due modifiche significative del sistema per quanto riguarda il parametro fondamentale dell’età pensionabile. Sarà introdotto, in pratica, una forma di pensionamento di vecchiaia anticipato, senza penalizzazioni economiche, purché il soggetto interessato sia in grado di far valere 63 anni di età e 45 di anzianità contributiva. Un ulteriore beneficio verrà applicato alle lavoratrici in rapporto ai figli avuti prima del 1992: anche loro potranno accedere a un pensionamento anticipato.



Come si può notare, la prima di tali misure si muove nella medesima logica del pensionamento anticipato previsto, da noi, nel 2011 nel decreto salva-Italia. E lo fa con criteri più severi: da noi sono sufficienti circa 42 anni di contributi effettivi e figurativi e 62 anni di età. A un’età inferiore opera, nel nostro sistema, una penalizzazione economica pari a un punto percentuale all’anno per i primi due anni e a due punti per quelli successivi. Poi, il requisito contributivo si sposta in avanti adeguandosi all’attesa di vita. Ricordiamo altresì che, per un periodo transitorio fino al 2018, chi potrà fare valere un’anzianità contributiva effettiva, pari a quella richiesta (comprendendovi pure taluni periodi di natura figurativa), potrà accedere al trattamento senza penalizzazioni prima dei 62 anni.



In sostanza, anche quando “addolciscono” i requisiti pensionistici i tedeschi si fanno sempre riconoscere. Accumulare 45 anni di anzianità contributiva non è certo facile (ovviamente – immaginiamo – considerando pure la contribuzione figurativa). A 63 anni significa aver iniziato a lavorare a 18 e aver continuato senza interruzioni. È interessante e innovativo, invece, il riconoscimento di un bonus anagrafico/contributivo per le maternità ante 1992. In sostanza, però, si tratta di provvedimenti che tutelano i lavoratori e le lavoratrici anziani. Alla base del disegno di legge sta, dunque, una precisa scelta politica a favore dei “pensionandi”, in ragione del loro peso elettorale crescente. Sia la Spd che la Cdu-Csu si sono intestati il provvedimento: il primo partito ha la paternità del pensionamento anticipato, mentre il secondo ha insistito per lo sconto a favore delle madri.



In Germania, la riforma ha sollevato un dibattito che in Italia potrebbe sembrare anomalo. Da noi, delle norme che addolciscono i requisiti pensionistici sarebbero salutate come un ritorno all’equità (chissà poi perché?) o con altri peana di lodi. In quel Paese invece si susseguono i commenti preoccupati perché la riforma non produrrà risparmi ma costi, calcolati cumulativamente in 60 miliardi nel 2020 e in 130 miliardi dieci anni dopo. Praticamente, in quegli stessi anni in Italia risparmieremo – grazie agli ultimi interventi in materia di pensioni – importi superiori a quelli che, invece, i tedeschi spenderanno in più. Che cosa succederà nel nostro Bel Paese, innamorato delle pensioni, quando scopriremo, con raccapriccio, di essere più virtuosi – anche se solo apparentemente – dei perfidi tedeschi?