Non vi è alcun cambiamento di linea per i titolari di partita Iva. Nei loro confronti il “nuovo” non avanza. Con il nuovo regime fiscale introdotto dalla Legge di stabilità, si applicherà un’imposta sostitutiva del 15% (anziché del 5%). Ma la legge modifica anche:

La soglia di fatturato che definisce l’area di applicazione dei minimi, che andrà da un minimo di 15.000 euro a un massimo di 40.000 euro;



Il modo di calcolare i costi. Questi ultimi non saranno definiti sulla base delle spese effettivamente sostenute, ma in base a coefficienti presuntivi di redditività (ad esempio, un coefficiente dell’80% applicato a un fatturato di 10.000 euro indica che si presume che le spese siano state di 2.000 euro). Quanto più bassa è la percentuale di redditività, tanto minore sarà la base di applicazione dell’imposta.



Sia la soglia di fatturato, sia i coefficienti di redditività saranno diversi a seconda del settore di attività. Al limite inferiore dei 15.000 euro ci sono i freelance (le attività professionali), al limite superiore dei 40.000 commercianti, baristi e ristoratori. La percentuale di redditività presunta sarà pari al 78% per i primi e al 40% per i secondi. La lettura dei dati economici completa il quadro, dando conto di come andranno distribuiti i tanto decantati 800 milioni di minor prelievo. La parte più consistente (60%) dell’impegno statale stimato andrà a coprire una misura che elimina i minimi contributivi previdenziali per artigiani e commercianti (520 milioni su 870 milioni nel 2015). Si è intervenuto per alleggerire la posizione previdenziale di commercianti e artigiani, ma non per bloccare, come vedremo, l’aumento dei contributi per gli iscritti alla gestione separata Inps.



Un’altra voce di spesa rilevante è la riduzione dell’introito Iva (240 milioni), legata all’ampliamento dell’area di esonero dall’Iva previsto dal regime dei minimi. Un esonero che, quando riguarda attività rivolte al consumo finale, determina una riduzione delle entrate fiscali. Diverso è l’esonero Iva per attività vendute alle imprese, perché blocca il processo che scarica l’imposta a valle (l’Iva non versata dal lavoratore autonomo non va a ridurre l’Iva a debito dei committenti, e c’è quindi una compensazione).

Anche questa è quindi una voce a vantaggio dei lavoratori autonomi più tradizionali. La parte legata alle imposte sul reddito è invece residuale, e soprattutto è destinata a diventare una voce attiva, quando l’attuale regime (che sopravvive per chi c’è già, grazie a una clausola di salvaguardia) sarà superato completamente. La sostituzione del vecchio regime con il nuovo comporterà un risparmio, e poiché, come abbiamo visto, non agirà allo stesso modo per tutti, ma sarà più sfavorevole per i freelance, possiamo concludere che l’impegno dello Stato a favore di questa categoria non solo non aumenterà, ma diminuirà sensibilmente.

In sintesi, la Legge di stabilità interviene anche a sostegno del lavoro autonomo, ma solo con riferimento a quello più tradizionale (artigiani e commercianti), con misure che riducono i contributi previdenziali e ampliano la soglia di applicazione del regime dei minimi. Non si prova neppure a distinguere entro il lavoro autonomo, a individuare chi effettivamente evade e chi no, magari premiando chi è completamente rintracciabile nei pagamenti. Al contrario, con la Legge di stabilità si sceglie di premiare il lavoro autonomo tradizionale, rivolto alle persone e quindi a maggior rischio di evasione fiscale, con un ampliamento dell’applicazione di un regime fiscale, che, tra le altre cose, prevede l’esclusione dagli studi di settore.

Per quanto riguarda il versante contributivo, nella Legge di stabilità non è stato previsto come negli anni immediatamente precedenti l’aumento dei contributi pensionistici per i professionisti iscritti alla gestione separata, che quindi aumenteranno dal 27% al 30% (oltre allo 0,72% per altre prestazioni), raggiungendo una soglia nettamente superiore a quanto verseranno a regime tutti gli altri lavoratori autonomi (al massimo arriveranno, a regime, al 24%) e ampliando la distanza anche rispetto ai dipendenti (usando lo stesso sistema di calcolo i dipendenti pagano circa il 25% per la pensione). 

Distanze ancora più ampie si verificano con la previdenza delle professioni “ordinistiche” organizzata nelle casse cosiddette privatizzate. Va ricordato che l’aliquota contributiva pensionistica, per i titolari di partita Iva e per gli scritti alla gestione separata in via esclusiva, è destinato a raggiungere il 33% all’inizio del 2018.