In Piazza Montecitorio, col pretesto della Legge di bilancio per il 2017, avevano installato un ricco Albero della Cuccagna su cui si sono arrampicati in tanti ad appropriarsi di mortadelle, metri di salsiccia, damigiane d’olio, pani di lardo di colonnata, canestri di agrumi. I pensionandi e i pensionati sono stati i più svelti. Il Governo, che aveva caricato di leccornie l’Albero man mano che si avvicinava la fatidica data del 4 dicembre e che non voleva lasciare a bocca asciutto nessuno, aveva promesso di spostarlo davanti a Palazzo Madama per concedere ai senatori un ultimo giro di valzer con i propri elettori, dando fondo ai residui di magazzino. Poi c’erano pur sempre tanti elettori che, dopo aver ricevuto la scarpa destra, aspettavano la consegna di quella di sinistra, dopo aver infilato nelle urne il loro bravo Sì.



Poi le cose hanno preso una strada diversa e l’Albero della Cuccagna è rimasto spoglio di nuovi cadeaux. Chi ha avuto ha avuto: lo sappiamo. Anche chi ha dato. Non è un caso fortuito che la quota prevalente di voti favorevoli alla legge Boschi si sia avuta tra gli anziani (over 64 anni) e tra i pensionati. La compravendita del consenso ha funzionato, ma non è stata sufficiente. Nella settimana delle resurrezioni è toccato anche a Giuliano Poletti uscire dal sepolcro (imbiancato) in cui era stato confinato. Il che potrebbe essere un segnale di continuità almeno per quanto riguarda le politiche del lavoro. Vi sono alcuni adempimenti necessari a rendere operative alcune misure importanti.



Per quanto riguarda l’Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (Ape),l’entità minima e massima dell’Ape richiedibile deve essere determinata con successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm). È prevista l’istituzione di un Fondo di garanzia, a copertura dell’80% del finanziamento e degli interessi erogati, la cui gestione è affidata all’Inps sulla base di apposita convenzione. Gli interventi del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato. Con Dpcm (di concerto con il ministro dell’Economia delle Finanze e con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali), da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono definite le ulteriori modalità di attuazione della disciplina dell’Ape.



Il beneficio dell’indennità è riconosciuto, a domanda, entro limiti annuali di spesa (300 milioni di euro per l’anno 2017; 609 milioni di euro per l’anno 2018; 647 milioni di euro per l’anno 2019; 462 milioni di euro per l’anno 2020; 280 milioni di euro per l’anno 2021; 83 milioni di euro per l’anno 2022; 8 milioni di euro per l’anno 2023). Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto alle risorse finanziarie disponibili, la decorrenza dell’indennità è differita, con criteri di priorità (da definire con successivo Dpcm) in ragione della maturazione dei requisiti (e, a parità di requisiti, in ragione della data di presentazione della domanda), al fine di garantire un numero di accessi all’indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.

Infine, si prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (di concerto con il ministro dell’Economia delle Finanze e con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali), da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, vengano definite le modalità di attuazione della disciplina dell’Ape sociale.

Incombe poi il dossier Anpal. La super-agenzia delle politiche attive si trova spiazzata dal venir meno del nuovo quadro costituzionale che avrebbe dovuto consentire un accentramento delle funzioni in capo allo Stato. Oggi l’Anpal somiglia a Farinata degli Uberti. La si vede dalla cintola in su. Al di sotto restano le competenze delle Regioni.