Cesare Damiano ha il fiuto del cane da tartufo quando si tratta di scoprire quella che lui considera una manomissione della sacralità della previdenza. E, dall’alto dello scranno più importante della commissione Lavoro della Camera, bastona, come Cristo nel tempio, i “mercanti” disposti a svendere i sacrosanti diritti previdenziali dei lavoratori italiani. È stato lui, settimane or sono, a denunciare il complotto che si stava consumando, nel disegno di legge delega per la lotta alla povertà, ai danni dei trattamenti di reversibilità. Infatti, alla lettera b) dell’articolo 1 era prevista ”la razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi, compresi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all’estero, fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario”. Ma che cosa avrebbe comportato questa “razionalizzazione”? Per comprenderlo era sufficiente dare un’occhiata alla lettera a), laddove si affermava che la valutazione della cosiddetta prova dei mezzi sarebbe stata affidata alla documentazione richiesta per l’Isee. Apriti cielo! Al grido di allarme di Damiano, gli italiani sono usciti “dagli atri muscosi e dai fori cadenti” pronti a scendere in battaglia in difesa delle vedove e degli orfani, dal momento che – per qualche incomprensibile motivo – dalla famigerata norma hanno vista minacciato soltanto il trattamento ai superstiti, non anche l’assegno al nucleo familiare e l’integrazione al minimo (che pure sono “prestazioni di carattere previdenziale sottoposte alla prova dei mezzi”). Nessuna pietà, poi, è stata riservata ai “beneficiari residenti all’estero”, come se andarsene da questo Paese fosse una colpa.



Così, per almeno un paio di settimane tutti i talk show e i quotidiani hanno dedicato “blocchi” di puntate e corposi commenti al furto ai danni dei superstiti, costringendo fior di ministri e persino il premier a solenni e ripetute smentite: la reversibilità non si tocca! Poi, una volta presentato il Def, Damiano si è accorto che anche in quel testo – che anticipa le scelte di politica economica e finanziaria per il prossimo anno – veniva ripetuta la frase incriminata e che le pensioni delle vedove e degli orfani erano di nuovo in pericolo. Ripartirà allora, fin dalle prossime ore, la consueta commedia degli equivoci, con gli yesman (e le yesgirls) di Matteo Renzi che si affretteranno di nuovo a smentire.



Nessuno, però, è stato finora in grado di spiegare perché le nuove pensioni indirette e di reversibilità, come del resto le nuove prestazioni integrate al minimo e gli assegni al nucleo familiare – già sottoposte alla cosiddetta prova dei mezzi (ovvero alla verifica della sussistenza dei requisiti di reddito previsti per l’erogazione di tali trattamenti) – dovrebbero essere sottratte a un sistema di misurazione, come l’Isee, ritenuto più efficace e più corrispondente alla realtà.

Vedremo che cosa accadrà nei prossimi giorni. Intanto sarebbe il caso di fornire qualche numero. Le pensioni in vigore all’inizio del 2016 sono circa 3,7 milioni (3,2 milioni sono donne, meno di 500mila gli uomini) per un importo medio di 7,8mila euro. Posto uguale a 100 l’indice del 2004, nel 2016 è pari a 98,6. Poco meno di 740mila sono superstiti di un assicurato (pensioni indirette), più di 3 milioni di un pensionato (pensioni di reversibilità). Nel 2015, le nuove pensioni ai superstiti sono state 206mila (22mila indirette; 184mila di reversibilità), con un’età media alla decorrenza di 73,3 anni e con una percentuale del 37,7% sul totale delle pensioni previdenziali.