Pubblichiamo un ampio stralcio dell’intervento del presidente dell’Ucimu, Massimo Carboniero, all’apertura di Lamiera 2019.

Lamiera 2019 conferma il suo ruolo di manifestazione di riferimento per il comparto, che in Italia può contare su un’industria solida e competitiva.

Terzo paese al mondo tra i produttori di macchine utensili a deformazione, secondo tra gli esportatori, e quarto tra i consumatori, l’Italia recita da sempre un ruolo di primo piano nello scenario internazionale di comparto.



Ma è nell’ultimo periodo che le imprese italiane hanno dimostrato di essere ancor più competitive, incrementando il valore della produzione e dell’export più di quanto non abbia fatto buona parte dei concorrenti esteri.

In particolare, nel 2018, l’industria italiana ha prodotto macchine utensili a deformazione per 2,9 miliardi di euro, registrando un incremento del 13% rispetto al 2017.



Con questo incremento – lo dico con una punta di orgoglio essendo imprenditore di questo comparto –  il segmento della deformazione ha superato in valore assoluto quello dell’asportazione, contribuendo così per più della metà alla produzione italiana di sole macchine utensili. È la prima volta che accade e per questo tengo a sottolinearlo. Ma ancor più rilevante è il fatto che questa performance ha permesso al nostro paese di ridurre ulteriormente il gap che ci separa dalla Germania il cui incremento nella produzione 2018 si è fermato al 10%.

Ancora più soddisfacente è l’andamento dell’export che, cresciuto dell’11% rispetto al 2017, si è attestato ad un valore pari a 1,5 miliardi, di poco inferiore all’export tedesco che si è invece notevolmente ridimensionato.



È evidente che – sebbene non si tratti di un confronto diretto con i colleghi e amici tedeschi – è a loro, campioni di innovazione e precisione, che i costruttori italiani guardano, certi di poter sempre migliorare puntando su quelle caratteristiche che rendono l’offerta italiana di settore davvero unica.

D’altra parte i mercati esteri, vicini e lontani, per geografia e cultura, rappresentano la più grande opportunità di business delle nostre imprese che, destinano più della metà della produzione proprio oltre confine.

E, se in questi anni la domanda italiana ha assorbito gran parte della nostra attività, è proprio là dove le distanze si fanno maggiori che noi costruttori dobbiamo guardare, sfruttando tutte le occasioni di internazionalizzazione. A partire dalle manifestazioni fieristiche che per noi rappresentano lo strumento di marketing più efficace.

Per questo accogliamo con favore la decisione delle autorità di governo di prevedere – all’interno del Decreto Crescita – il credito di imposta per le imprese italiane che partecipano a manifestazione estere internazionali ma devono essere individuati, con l’aiuto delle stesse organizzazioni di imprenditori, gli eventi considerati di riferimento, così da evitare di polverizzare le risorse disponibili che – dobbiamo dirlo – non sono certo abbondanti.

D’altra parte chiediamo al governo di ragionare sull’introduzione di misure che favoriscano l’internazionalizzazione “indoor” delle PMI italiane, buona parte delle quali non possono concedersi la partecipazione a fiere estere a causa dei costi, e hanno dunque nelle fiere in Italia l’unica vetrina utile a presentare la propria offerta.

Ecco, per le fiere italiane, pensiamo sia utile prevedere un incremento delle risorse destinate all’invito degli operatori esteri da parte di Ministero Sviluppo Economico e Ice-Agenzia, assicurando così più contatti, anche stranieri, alle Pmi espositrici.

A completamento di questa proposta dovrebbe essere prevista una misura di detrazione fiscale per le Pmi che, nell’ambito della loro partecipazione a queste fiere, investono in attività pubblicitaria o promozionale estera o nell’invito di clienti stranieri.

A Lamiera 2019 abbiamo un centinaio di operatori esteri invitati nell’ambito della missione di incoming organizzata da Ucimu, Ministero Sviluppo Economico e Ice e sono già oltre un migliaio gli incontri fissati agli stand delle imprese espositrici, a conferma dell’importanza e del valore di questa iniziativa per le imprese italiane.

Tornando ai dati di comparto, l’Italia risulta ai primi posti anche per consumo di macchine e tecnologie per il taglio, il trattamento e la deformazione della lamiera come dimostra il quarto posto nella graduatoria internazionale e l’incremento, nel 2018, del 17% della domanda sostenuta e stimolata, certamente, dai provvedimenti di Super e iperammortamento.

Gli effetti numerici derivati dall’introduzione di queste misure sono evidenti ma, ancora più rilevanti sono gli effetti tangibili che potrete vedere anche qui nei padiglioni. Noi produttori di macchine utensili, infatti, siamo stati chiamati a rispondere ad una domanda certamente più sostenuta nei volumi ma anche molto più qualificata nel contenuto tecnologico.

Per noi costruttori è stata dunque l’occasione di un’accelerazione ulteriore in ricerca e sviluppo di nuove soluzioni che ha permesso – e permette tuttora – alla nostra offerta di essere sempre più competitiva anche sui mercati esteri.

Gli utilizzatori di macchine e tecnologie di produzione di tutti i principali settori – dall’automotive all’aerospace, dall’energia alla meccanica varia, dal medicale all’elettrodomestico – sono stati sollecitati ad investire in innovazione, aggiornando, anche in chiave digitale, un parco-macchine che, negli anni della recessione più lunga, era pericolosamente invecchiato. E noi costruttori abbiamo risposto all’appello, proponendo soluzioni innovative e quasi sempre customizzate.

Questo processo di aggiornamento, supportato dal superammortamento, abbinato a quello di trasformazione digitale, stimolato dall’iperammortamento, ha certamente dato nuovo vigore al manifatturiero ma non può dirsi avviato alla fase finale.

Anche in ragione di ciò, avevamo giudicato subito negativamente la scelta delle autorità di governo, di inserire nella Legge di Bilancio 2019 solo l’iper, accantonando il superammortamento.

L’industria manifatturiera italiana, e con essa il Paese, ha avviato, da qualche anno, un progressivo processo di rinnovamento e trasformazione volto a incrementare la competitività dell’offerta di made in Italy; interrompere questo percorso a metà del guado sarebbe rischioso, anche e soprattutto in ottica occupazionale

L’Italia ha bisogno di consolidare e incrementare il valore della sua produzione manifatturiera preservando le sue aziende, il know how e il lavoro. E per fare ciò occorrono strumenti che stimolino gli investimenti in tecnologia. Solo così, aggiungendo innovazione a innovazione, potremo consolidare la nostra leadership in quei settori, spesso di nicchia, in cui la nostra offerta risulta oggi di gran lunga preferita a quella dei concorrenti.

Per questo al viceministro Dario Galli, con cui abbiamo potuto dialogare in questi mesi in modo costante, va il nostro plauso per aver contribuito al reinserimento del Superammortamento all’interno del Decreto Crescita, assicurando così continuità al processo in atto.

In realtà, nel lungo periodo, il superammortamento dovrebbe divenire strutturale per accompagnare le imprese italiane, di tutte le dimensioni, in un processo di aggiornamento costante e cadenzato nel tempo.

In ogni caso è poi indispensabile prevedere la revisione dei coefficienti di ammortamento fermi al 1988 perché certamente non rispecchiano più il ritmo di aggiornamento richiesto oggi dal mercato.

Ma a queste importantissime misure va aggiunto un piano strutturato per la riduzione del cuneo fiscale che porti beneficio ai lavoratori – affinché abbiano alla fine del mese buste paga più consistenti – e alle imprese che oggi sono gravate da un costo del lavoro decisamente troppo pesante soprattutto se rapportato a quello dei competitors esteri.

Vogliamo, dobbiamo, poter giocare alla pari delle imprese degli altri paesi se vogliamo vincere la sfida della competitività e questo può accadere soltanto se le autorità di governo interverranno con misure concrete per un fisco più equo, regole certe e burocrazia più snella.

Solo così potremo restare la seconda manifattura d’Europa assicurando futuro e sviluppo ai giovani che qui sono nati e qui devono poter decidere di restare, se lo desiderano.

Queste misure, a favore del manifatturiero intero, devono essere considerate, non semplici strumenti di incentivo, quanto veri e propri attivatori e stabilizzatori di occupazione.

Sono gli strumenti adatti per sostenere la trasformazione economico-sociale del paese chiaramente orientato alla creazione di nuovo lavoro, di un lavoro migliore.  E questa è una tensione al cambiamento che sperimentiamo tutti i giorni nelle nostre aziende.

Nuove tecnologie portano un lavoro nuovo: nuove mansioni, nuovi ruoli, nuove professionalità, dunque nuove competenze secondo un approccio, che è, e sarà sempre più, multidisciplinare.

Per questo, in tema di formazione 4.0, chiediamo che il provvedimento del credito di imposta per la formazione, rivisto nel 2019 secondo su sistema a scaglioni più premiante per le PMI, sia rivisto e soprattutto prosegua nella sua operatività anche nel 2020 Attualmente il credito è calcolato solo sul costo del personale impegnato nella formazione per le ore di aggiornamento svolte. La parte più consistente dei costi della formazione aziendale è invece rappresentata dal costo dei formatori: occorre includere quella voce di spesa nel calcolo del credito di imposta perché si tratta dell’aspetto più oneroso specialmente per una Pmi. Così lo strumento predisposto dal Governo sarà veramente premiante per le piccole aziende.

Un discorso a parte meritano poi i giovani a cui dobbiamo poter offrire valide opportunità. In un paese che ha il 30% di disoccupazione giovanile, nel nostro settore incontriamo una grandissima difficoltà nel reperire figure professionali adeguate. È un fenomeno questo che facciamo fatica a spiegare ai nostri colleghi esteri e invece accade proprio così.

Sono purtroppo ancora troppo pochi i ragazzi che scelgono percorsi scolastici specifici per le professioni legate al mondo dell’automazione e della meccanica di precisione.

Deve perciò continuare il lavoro sugli ITS, istituti di alta formazione tecnica post diploma, la cui distribuzione sul territorio deve divenire sempre più capillare. Ucimu è presente in 4 ITS. Una buona cosa ma non basta. L’associazione – così come tante altre omologhe – continuerà ad impegnarsi su questo fronte ma occorre l’intervento da parte del sistema paese.

Al governo chiediamo di lavorare per incrementare la presenza di queste scuole di alta formazione soprattutto nelle aree a maggior concentrazione industriale. Si tratta di un’azione importantissima,  un’azione che dimostra che l’Italia, tutta, crede nei giovani e nel loro futuro che è poi il futuro del nostro paese.

Non abbiamo bisogno di politiche assistenziali ma di interventi strutturali che sostengano e stimolino la crescita che le imprese hanno avviato. Perché crescita è sinonimo di benessere, occupazione e ricchezza.

Soprattutto in questo momento di rallentamento dell’economia del nostro paese e di incertezza internazionale – dovuta all’instabilità politica ma anche all’atteggiamento protezionistico adottato da alcuni paesi, tra i più importanti dello scenario mondiale – abbiamo bisogno di interventi chiari, organizzati secondo una visione d’insieme, e mirati al sostegno degli investimenti per la competitività dell’industria italiana.

L’ultima nostra rilevazione degli ordini, risultato nel primo trimestre del 2019 decisamente in calo, non fa che confermare la necessità di puntare su sviluppo tecnologico, che vuol dire opportunità di crescita e occupazione.

Dobbiamo puntare sull’avanzamento continuo della competitività del manifatturiero italiano e le macchine e tecnologie qui esposte a Lamiera non sono solo la massima espressione di innovazione ma anche e soprattutto la risposta alle esigenze di trasformazione dell’industria di cui il paese ha bisogno.