La notizia è passata quasi sotto silenzio, in un’America con gli occhi incollati alla Casa Bianca. Venerdì la Corte Suprema ha deciso di prendere in considerazione il caso della revisione delle regole proprietarie dei media Usa sollevato ancora una volta dalla Fcc, l’authority federale del settore. Nel 2017 – all’interno dell’amministrazione repubblicana di Donald Trump – la Fcc si era espressa nuovamente in termini perentori a favore dell’allentamento dei vincoli rigidi alla proprietà incrociata di giornali cartacei e stazioni tv, in vigore dal 1975.



È un’istanza che l’authority sostiene fin dal 2003: “Le regole sulla proprietà devono essere riviste in profondità perché inibiscono combinazioni con potenziali effetti benefici fra operatori che lottano per la sopravvivenza in una realtà di mercato non più riflessa dalla normativa”. L’ultima magistratura ordinaria che ha respinto la linea Fcc è stata una corte d’appello di Filadelfia, con la motivazione che un’apertura regolatoria verso la concentrazione avrebbe impatti negativi “per donne e minoranze”. Ora sarà compito della Corte Suprema – nella quale non è ancora entrata in carica Amy Coney Barrett, appena designata dal presidente Donald Trump – stabilire la fondatezza della visione della Fcc. Quest’ultima ha già messo sul tavolo prime ipotesi di riforma: l’abolizione di ogni limite alla proprietà incrociata di giornali cartacei e tv su mercati “di dimensione importante”; l’allentamento al divieto di acquisire altre stazioni tv sullo stesso mercato;  la possibilità per le emittenti locali di acquisire altre stazioni radio e di formare joint-venture per la vendita di pubblicità.



L’emergenza Covid ha aggiunto pressione a un mercato – quello dell’editoria giornalistica tradizionale – già messo in crisi dalla rivoluzione digitale che ha investito l’intera media-industry. E il tema della libertà-pluralità di stampa è scottante e centrale in un’America che s’interroga sempre di più sull’egemonia crescente dei monopolisti tecnologici: ulteriormente sostenuti, nelle ultime settimane, da un nuovo boom di Borsa sui loro titoli. E senza dimenticare che Jeff Bezos, il proprietario di Amazon, lo è anche del Washington Post.



È una questione – quella del riforma della regolazione sulla proprietà dei media – che sta investendo direttamente anche il sistema italiano: tuttora strutturato attorno al duopolio televisivo e al divieto sostanziale di proprietà incrociata fissati dal 1990 dalla legge Mammì, poi divenuta Gentiloni e infine Gasparri. Il governo Conte-2 – che sta assecondando la digitalizzazione del Paese promossa da Tim attraverso il progetto Rete Unica – ha annunciato di voler aprire il dossier riforma dell’editoria entro fine anno.