Ha una grande importanza la notizia, riportata in prima pagina da L’Osservatore Romano, che il Parlamento di Strasburgo ha impegnato l’Unione europea a tutelare le comunità cristiane perseguitate nel mondo. Tutti i partiti (ad eccezione dei Verdi) hanno votato la risoluzione presentata da Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo che, prendendo atto di “gravi episodi che mettono a repentaglio l’esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose […] condanna risolutamente tutti gli atti di violenza contro comunità cristiane, ovunque essi si verifichino, ed esorta i governi interessati a tradurre in giudizio gli autori di tali reati”.
In tutto il mondo occidentale la libertà religiosa, e in particolare la difesa delle comunità cristiane perseguitate, sembrava essere da tempo questione marginale. Basti pensare che l’amministrazione Bush nel 2003 irrise alle preoccupazioni vaticane sul futuro dei cristiani in Iraq, rivelatesi poi tristemente realistiche, se è vero che nel 2006, circa il 24% dei 38.000 iracheni complessivamente registrati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in Siria erano cristiani e che la gran parte dei due milioni di sfollati interni in Iraq appartiene a minoranze cristiane.
Basti ricordare che proprio il Parlamento europeo ha in questi anni varato più condanne contro il Vaticano come entità statale repressiva in materia di aborto, omosessualità, sperimentazione sulle cellule staminali che contro Stati impegnati in repressioni, persecuzioni e genocidi. Basti ricordare che una certa concezione malata di multiculturalismo ha, di fatto, giustificato la guerra santa proclamata da gruppi fondamentalisti contro inermi cristiani considerati come l’espressione dei “crociati”.
Il pronunciamento del Parlamento europeo è tanto più significativo perché prende le distanze da un certa politica internazionale disposta a chiudere gli occhi se chi perpetua crimini contro la libertà religiosa “conviene” sul piano politico e commerciale.
In questa direzione la risoluzione dell’Europarlamento richiede ai governi interessati di assicurare alla giustizia chi si macchia di tali crimini; impegna la Commissione europea a prestare una maggiore attenzione affinché ogni elaborazione e implementazione dei programmi di cooperazione e aiuto allo sviluppo sia concessa solo se viene rispettato il principio di una vera libertà religiosa; non esita a menzionare, contro la realpolitik, gli attacchi ai cristiani in Turchia e in Cina “dove le autorità continuano a reprimere tutte le manifestazioni religiose”, e in particolar modo quelle della comunità cattolica.
Siamo alle soglie di una ripresa di coscienza da parte dell’Unione europea delle ragioni che stanno alla sua origine, ovvero la difesa di una vera libertà al suo interno e nel mondo? Dipende anche da noi il non lasciare solo Mario Mauro, già impegnato da tempo contro le violenze in Darfur e nell’area sub sahriana, e chi, come lui, continua ad affermare che: “La libertà religiosa costituisce la cartina di tornasole per il rispetto di tutte le altre libertà e dei diritti dell’uomo e la persecuzione dei cristiani nel mondo rappresenta infatti una delle più feroci sfide contemporanee alla dignità della persona”.
In tutto il mondo occidentale la libertà religiosa, e in particolare la difesa delle comunità cristiane perseguitate, sembrava essere da tempo questione marginale. Basti pensare che l’amministrazione Bush nel 2003 irrise alle preoccupazioni vaticane sul futuro dei cristiani in Iraq, rivelatesi poi tristemente realistiche, se è vero che nel 2006, circa il 24% dei 38.000 iracheni complessivamente registrati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in Siria erano cristiani e che la gran parte dei due milioni di sfollati interni in Iraq appartiene a minoranze cristiane.
Basti ricordare che proprio il Parlamento europeo ha in questi anni varato più condanne contro il Vaticano come entità statale repressiva in materia di aborto, omosessualità, sperimentazione sulle cellule staminali che contro Stati impegnati in repressioni, persecuzioni e genocidi. Basti ricordare che una certa concezione malata di multiculturalismo ha, di fatto, giustificato la guerra santa proclamata da gruppi fondamentalisti contro inermi cristiani considerati come l’espressione dei “crociati”.
Il pronunciamento del Parlamento europeo è tanto più significativo perché prende le distanze da un certa politica internazionale disposta a chiudere gli occhi se chi perpetua crimini contro la libertà religiosa “conviene” sul piano politico e commerciale.
In questa direzione la risoluzione dell’Europarlamento richiede ai governi interessati di assicurare alla giustizia chi si macchia di tali crimini; impegna la Commissione europea a prestare una maggiore attenzione affinché ogni elaborazione e implementazione dei programmi di cooperazione e aiuto allo sviluppo sia concessa solo se viene rispettato il principio di una vera libertà religiosa; non esita a menzionare, contro la realpolitik, gli attacchi ai cristiani in Turchia e in Cina “dove le autorità continuano a reprimere tutte le manifestazioni religiose”, e in particolar modo quelle della comunità cattolica.
Siamo alle soglie di una ripresa di coscienza da parte dell’Unione europea delle ragioni che stanno alla sua origine, ovvero la difesa di una vera libertà al suo interno e nel mondo? Dipende anche da noi il non lasciare solo Mario Mauro, già impegnato da tempo contro le violenze in Darfur e nell’area sub sahriana, e chi, come lui, continua ad affermare che: “La libertà religiosa costituisce la cartina di tornasole per il rispetto di tutte le altre libertà e dei diritti dell’uomo e la persecuzione dei cristiani nel mondo rappresenta infatti una delle più feroci sfide contemporanee alla dignità della persona”.
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