Secondo Pier Ferdinando Casini, parlare oggi di bene comune non è un mero esercizio letterario. È piuttosto una questione fondamentale per un Paese, come l’Italia, che soprattutto nell’atto di stesura – sessant’anni fa – della Costituzione trovò un’importante capacità di sintesi tra forze e idee contrapposte in nome di un risultato da raggiungere per il bene di tutti. «Credo – spiega Casini – sia doveroso ricordare cosa avvenne sessant’anni fa perché aiuta a riflettere oggi sulla necessità di rimettere al centro dell’azione politica il bene comune. In questo senso è doveroso cercare di comprendere cosa sia quel minimo comune denominatore che può oggi tenere unito il Paese, nonostante e dentro le visioni diverse presenti nella società. Una comunità nazionale – è sempre bene ricordarlo – si basa su un insieme di valori condivisi. Certo, si basa anche sulla competizione politica che può essere a volte anche aspra, ma non c’è dubbio che senza una condivisione di alcuni valori non esiste il tessuto di una comunità nazionale, tanto meno il tessuto della nostra Italia». Sessant’anni fa, dunque, il lavoro dei padri costituenti e poi, negli anni a seguire, il lavoro di chi con lo stesso spirito si è dato da fare per il Paese. «Penso – continua Casini – che abbia fatto negli ultimi anni molto bene il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Egli ha contribuito enormemente a ridare alcune motivazioni di fondo agli italiani. Tra queste, il senso della patria, il significato della storia nazionale, dell’inno nazionale. Non si tratta di pure forme esteriori prive di sostanza, si tratta piuttosto “di sostanza”, perché una comunità nazionale vive anche per simboli, grazie ai simboli, attraverso i simboli. A questo proposito mi preme fare un esempio: quando vado negli Stati Uniti e sento cantare l’inno nazionale delle partite di basket piuttosto che in quelle di football, percepisco che, nonostante tutte le approssimazioni del caso, lì esiste il senso di una visione comune, di una condivisione comune di certi valori, e me ne accorgo anche quando, sempre negli Stati Uniti, i democratici, pur polemizzando con i repubblicani e viceversa, a un certo punto dell’agone si fermano, si danno dei limiti, perché il presidente del Paese, pur appartenendo alla forza politica contrapposta, resta pur sempre il Presidente di tutti». Paragonare gli Stati Uniti all’Italia o all’Europa non è cosa facile: «È ovvio – dice Casini – che non si può fare un paragone tra gli Stati Uniti e l’Europa. Nell’Europa ci sono degli Stati consolidati per storia, tradizione e cultura. Gli Stati Uniti, invece, sono un popolo molto giovane e che ha maggiormente bisogno di questi simboli per creare un sentimento condiviso, un tessuto condiviso, un senso di appartenenza a un ideale comune. Mentre da noi, soprattutto da ’68 in poi, c’è stata una assoluta dispersione dei sentimenti di fondo di appartenenza a una comunità nazionale, c’è stato uno smarrimento, un degrado dei valori. Inoltre, in Italia, si è verificata in quegli anni una grandissima (e gravissima) problematica legata a una lettura unilaterale della Carta costituzionale. Voglio dire: molte volte si è parlato della necessità di riformare la Costituzione. Sia chiaro, anche se ritengo che la nostra Costituzione non sia un tabù e che, in questo senso, possa benissimo essere reformanda – ritengo tuttavia che il vero problema oggi, la vera necessità, sia più che altro riconoscere tutti che dal ’68 in poi c’è stata una lettura unilaterale della Costituzione che ha fatto sì che alcune parti fondamentali di essa siano state dimenticate in favore di letture parziali. Ma la Costituzione è un unicum, non può assolutamente essere presa a spizzichi e bocconi. E insieme ai sacrosanti diritti dei cittadini, essa parla anche dei doveri, delle responsabilità da non disattendere. Ricordare i doveri accanto ai diritti è l’unica lettura possibile della Costituzione». Perché si arrivi a letture della Costituzione non unilaterali occorre l’impegno di tutti. Ovviamente, è in primis la classe politica che è chiamata a dare l’esempio. E la stessa cosa vale quando in ballo ci sono da prendere decisioni che interessano l’intera collettività. Per Casini, comunque, sono innanzitutto «le istituzioni che debbono dare l’esempio, dettare la linea». Non solo: «Insieme occorre ricordare che è lo “pseudo” bipolarismo che si è costituito nella cosiddetta seconda Repubblica che è purtroppo sostanzialmente costruito sulla demonizzazione dell’avversario politico. La sinistra è contro Berlusconi. E Berlusconi si appella contro i comunisti. Ma in realtà questo tipo di bipolarismo è una versione primitiva di quanto dovrebbe essere messo in pratica nei Paesi più avanzati». Un campo sul quale provare a trovare visioni condivise è la tanto a lungo auspicata riforma della legge elettorale. «Se fatta di comune accordo – spiega Casini – è un segno che alle regole del gioco è bene starci assieme. In merito, comunque, penso all’introduzione di un sistema elettorale alla tedesca perché ritengo che questo sistema elettorale implichi un meccanismo che non obblighi a fare appello all’unità contro qualcuno, ma piuttosto a creare maggioranze omogenee. La riforma della legge elettorale però, non può che essere solo l’inizio di un lavoro comune. Ci sono tante altre azioni da mettere in campo. In questo senso, credo di aver sempre mantenuto una posizione coerente in questi mesi. Ancora nei giorni appena passati, con le vicende che hanno colpito la città di Napoli. L’altro ieri sera, ad esempio, abbiamo assistito a chi con le bandiere di partito di centro destra è andato a manifestare insieme a gruppi di violenti sotto casa di Soro. Ecco, queste sono cose inaccettabili. Sono cose che in un Paese civile non possono capitare. E credo che se si comincia a capire che non è in questo modo che si fa il bene del Paese, ne potremmo trarre giovamento tutti». Napoli sembra come la punta di un iceberg che evidenzia un Paese – l’Italia – che vive una condizione molto difficile. Recentemente anche il New York Times non ha lesinato critiche – piuttosto pesanti – nei nostri confronti. «Credo – conclude Casini – che le critiche siano tutto sommato giuste. L’85 per cento delle autonomie energetiche del nostro paese dipende dall’estero. Inoltre non si può non ricordare che siamo un Paese che manca di una sua autonomia politica. Stiamo a crogiolarsi sui successi che abbiamo avuto all’Onu con l’introduzione della moratoria sulla pena di morte ma è una finzione rispetto ai temi veri, alle tematiche sulle quali davvero dovremmo raggiungere risultati convincenti. E questi temi veri sono la necessità di dare un’autonomia politica a un Paese che invece sta perdendo punti sotto il profilo della modernizzazione in modo incredibile. È un Paese che, purtroppo, oggi rischia il declino e questo perché esistono forze marginali e ideologicamente assai discutibili al governo. Sono forze che nella maggior parte degli altri Paesi occidentali non governano, mentre da noi tengono in scacco il governo e fanno correre seri rischi al doveroso processo di modernizzazione».