Quale è il valore più grande della Costituzione del 1948, a 60 anni dalla sua nascita? Quella del 1948 è stata definita la “Costituzione di tutti”: fu approvata quasi all’unanimità, nonostante le profondissime differenze ideologiche tra i partiti di allora. È stato un patto tra le diverse anime politiche e culturali della storia italiana (personalismo cattolico, solidarismo socialista, civismo liberale) che ha garantito democrazia, sviluppo economico, solidarietà. Il segreto del successo? La capacità di esprimere i valori diffusi all’interno di un popolo, traducendoli in un sistema organico di principi e regole. Il “miracolo costituente” fu tale anche perché non prevalse la logica della strumentalità ad un progetto politico contingente, ma perché si cercò di guardare più in là, al bene comune.
Cosa suggerisce l’anniversario all’attualità politica e agli scenari prossimi venturi del nostro paese?
Lo mostra il Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà, Sussidiarietà e riforme istituzionali. Il 74% degli intervistati boccia le riforme approvate a stretta maggioranza e l’83% desidera che la revisione della Costituzione non sia appannaggio del solo Parlamento, ma anche della società civile e degli enti territoriali. A fronte del difficile momento che il nostro paese attraversa, la gente vuole sia ripreso il metodo che l’Assemblea Costituente ha lasciato alla storia. È un giudizio pesante sulla prassi politica degli ultimi anni, quella delle “Costituzioni di parte”, delle maggioranze ristrette che guardano solo alla loro sopravvivenza o dei governi che vogliono escludere dalla definizione delle regole del gioco il fronte opposto delegittimandolo. È ora di ripensare al bene di tutti ritentando il compromesso virtuoso tra diverse visioni ideali riuscito 60 anni fa: perlomeno sulle riforme occorre un patto di larghe intese, di maggioranze ampie che, in nome del bene comune, sappia davvero farsi interprete delle esigenze e dei valori che si esprimono all’interno della società civile.
Questo può avvenire, ed è la seconda evidenza del Rapporto, solo se le forze politiche smettono di essere autoreferenziali, ma accettano il vaglio del popolo. Perché la gente, nella sua larga maggioranza, non vuole l’antipolitica qualunquista e giustizialista: vuole poter decidere e partecipare. La grande maggioranza degli intervistati vuole eleggere direttamente il Presidente del Consiglio, vuole preferenze nel sistema elettorale, vuole primarie aperte per la designazione del leader della coalizione, del leader del partito, dei candidati alle elezioni. Ad onta delle correnti tecnocratiche che pensano a un progresso svincolato dalla realtà popolare e a chi fa credere che sia montante una corrente di piccoli Robespierre da cortile, il nostro paese conferma una delle sue doti più grandi: il desiderio della gente di vivere una democrazia compiuta. Una democrazia, ed è questa la terza indicazione del Rapporto, dove il federalismo e la sussidiarietà orizzontale siano attuati: liberi di scegliere il proprio presente e il proprio futuro.