Stefano Folli, che giudizio dà sulla manifestazione del Pd di sabato, al di là del balletto delle cifre?
La manifestazione di per sé è stata un successo dal punto di vista numerico, anche se poi le cifre vengono come sempre gonfiate. Le persone in piazza erano parecchie, si sono comportate bene, non ci sono stati eccessi. Questa manifestazione va dunque rispettata come simbolo di democrazia.
Diverso il discorso per quanto riguarda i contenuti della manifestazione.
Perché?
Da un punto di vista di incidenza sul dibattito politico credo che la manifestazione non cambi i rapporti di forza. Le elezioni, che hanno dato una maggioranza evidente al centrodestra, si sono svolte pochi mesi fa, e non mi pare che via sia stato un mutamento di sentimento dell’opinione pubblica.
Cosa si può trarre allora da questo evento di piazza?
È stata una manifestazione che è servita a dare slancio, convinzione, entusiasmo a un ampio elettorato di centrosinistra che finora è stato alquanto frustrato.
Il Partito democratico ha avuto un’iniezione di fiducia in se stesso, e mi fa piacere che ci sia un’opposizione che ha fiducia in se stessa, che è combattiva: l’Italia ha bisogno di un’opposizione, sarebbe pericoloso un Paese in cui non ci fosse. Un ricostituente per l’opposizione è un bene per la democrazia.
L’opposizione ha quindi trovato un po’ di tonicità, ma non la sua identità. L’identità è ancora un percorso complicato se il Pd vuol essere una forza riformista: non si costruisce in piazza in un pomeriggio con tante bandiere.
Possiamo quindi dire che il Partito democratico deve passare “dalle parole ai fatti”?
Sì, una forza riformista deve dare delle risposte serie ai problemi che ci sono. Sulla scuola, per esempio, mi aspetterei che venga fatto un discorso più serio invece di cercare di cavalcare l’onda della protesta, strumentalizzando gli studenti, Non si può certo raccontare la storia che la scuola italiana comincia a essere in crisi oggi perché c’è la Gelmini. La scuola italiana è in crisi da tantissimi anni con responsabilità molto gravi dei governi di centrosinistra.
Una forza riformista fa delle proposte che siano realmente progressive, attente alla meritocrazia. I tagli ad esempio possono essere necessari in alcuni momenti, l’importante è che le cifre stanziate vengano spese bene e non come in passato.
Veltroni ha parlato in piazza di un’Italia diversa da quella che la governa. Cosa ne pensa?
Credo che si sbagliato. È un errore perché l’Italia è quella che si è espressa pochi mesi fa in favore del centrodestra e, come ho detto, non risulta che ci sia un mutamento in atto in questo senso. La piazza di sabato è la piazza della minoranza di centrosinistra, dell’opposizione, che ha tutto il diritto di opporsi, che deve essere rispettata in questo suo diritto di opporsi, ma non è la prova che c’è un’Italia migliore che è stata coartata in forme antidemocratiche da chi governa.
Occorre che la proposta politica della minoranza, dell’opposizione sia calibrata per riconquistare la maggioranza del consenso degli italiani che ha votato per il centrodestra.
Pensa sia un compito a “portata di mano” per questa opposizione?
Credo che le proposte emerse sabato siano ancora troppo deboli per convincere “gli altri”, e certamente non li può convincere dicendo che sono peggiori dell’Italia che è in piazza . Come dicevo, servono proposte concrete, che dovrebbero essere la vera strategia di una forza che vuol essere riformista, ma queste ancora non si vedono.
Veltroni stesso, all’inizio della legislatura, auspicava il dialogo con la maggioranza, e il Presidente della Repubblica Napolitano si è recentemente più volte espresso in favore del confronto maggioranza-opposizione. Il fatto di aver organizzato una manifestazione contro il Governo e i toni usati in piazza devono far pensare che il dialogo sia finito?
Penso che non vada preso per oro colato quello che si dice nelle piazze. La tentazione di Veltroni di rialzare la bandiera dell’anti-berlusconismo, soprattutto per ricostruire un fronte comune delle opposizioni, è forte.
Tuttavia ci sono altrettanto forti spinte all’interno del Partito democratico per riprendere il confronto su temi importanti: riforme istituzionali, federalismo, gestione della crisi economica.
Non credo che Veltroni abbia voluto rompere qualsiasi filo con la maggioranza. Non credo che lo voglia fare, perché non lo può fare: c’è chi nel Partito democratico lo fermerebbe se provasse a farlo.
Veltroni ha detto più volte che questo Governo non è un “regime”. Con questo si è distaccato dalle posizioni della sinistra estrema e di Di Pietro. È un tentativo di non rompere i ponti con la maggioranza pensando a quelle che saranno le sfide dei prossimi mesi.
Molti hanno visto la manifestazione di sabato come una vittoria di Veltroni contro i suoi avversari interni. Cosa ne pensa?
Veltroni ha fatto un’operazione simile a quella delle primarie dello scorso anno ed è riuscito a ristabilire un rapporto con la piazza, confermando la legittimità della sua leadership. Questo può aiutarlo nei prossimi mesi con i suoi oppositori interni.
Tra pochi mesi ci saranno le elezioni europee che saranno un test, che vale più di molte piazze, con cui si misurerà la capacità effettiva di Veltroni di mantenere la leadership nel suo partito.
I paragoni con la manifestazione del centrodestra del 2006 si sono sprecati. Che analogie o che differenze vede tra i due eventi di piazza?
Non c’è dubbio che il centrodestra fece una manifestazione imponente, anche perché i suoi “militanti” non erano abituati a scendere in piazza. Nel 2006, inoltre, le elezioni finirono in sostanziale pareggio, e addirittura il centrodestra prese qualche voto in più del centrosinistra. Quindi l’argomento che la maggioranza degli italiani era in quella piazza poteva essere difeso con qualche ragionevolezza. Questa tesi non può valere per la manifestazione di sabato.
In ogni caso trovo che quando la gente va in piazza in maniera ordinata e racconta le sue ragioni in maniera pacata, è un fatto molto positivo.